Gli abiti nei secoli passati, in Valle Trompia e nelle altre
Valli bresciane dei PIARDI.
I costumi e la tessitura antica. Come vestivano gli uomini e
le donne, i bambini valtrumplini, quanto quelli di Valcamonica
e della spumeggiante Franciacorta.
<< Per gli abiti nei secoli passati,
considero quelli tipici dei montanari e degli artigiani >>.
(Scrive G. BIGNAMI, “Fogge e indumenti”, in: G.
Bignami, Giacomo Sebastiano Pedersoli, Marcello Ricardi, Le
vere tradizioni bresciane, p. 39).
Noi PIARDI, nel nostro piccolo, nella primavera
2008, pubblicando in www.piardi.org http://www.piardi.org/vol3/volume3costumi.htm
<< I costumi. Tessitura antica. ''La tela
casalina...'' >>, parlavamo di ogni abito,
della festa e dei giorni lavorativi, delle donne e dei maschi.
Infatti, questo il testo del nostro lavoro di allora:
I costumi. Tessitura antica. “La tela casalina”
detta anche Mezalà (Mazalà, in Val Camonica),
Mezzalana. Come vestivano gli uomini e le donne, i bambini
in Val Trompia, quanto in Valcamonica e nella pianeggiante
Franciacorta, spumeggiante di vini.
Terre, lombarde e bresciane, che vedono allogate tante figure
di Piardi: Sacerdoti (Parroci e Rettori, Cappellani e Curati)
e notai, medici (Dottori fisici, come si diceva nei secoli
scorsi) e veterinari, lavoratori delle impervie terre, mandriani
e boscaioli, minatori (in galleria entro cunicoli come in
pozzi con rimonta, quanto nei medoli) e tutti, diciamo così,
indossando il proprio abito da lavoro e quello della festa,
magari per sola mezza giornata o, addirittura, per qualche
ora: giusto per la S. Messa ed un subitaneo salto all’osteria.
Tutti con un abito confacente al proprio … lignaggio.
Un po’ più civettuolo, quando fosse stato possibile,
quello delle donne, in particolare le giovani ragazze da marito.
(Achille Giovanni Piardi)
Un tempo sulle irte pendici della Valtrompia, come in quelle
delle valli laterali della più nota Valcamonica si
chiedeva alla magra terra, quasi tutta coltivata a campo,
la produzione delle granaglie occorrenti per gli abitanti,
ma si domandava pure l’abito, il vestito; canapa e lana
insieme formavano una specie di tessitura chiamata “mezalà”,
anche “Mazalà” in Valcamonica e Valsaviore
ai piedi dell’Adamello, cioè mezzalana, di cui
vestivano uomini e donne. Sicuramente è vero il racconto
in cui si ricorda che il primo giovane che ebbe il coraggio
di presentarsi “vestito” di fustagno fu dato il
nomignolo di “bülo”, bullo.
[Di Saviore, oggi Saviore dell’Adamello, in Valsaviore
di Valcamonica fu nativo Bernardino Zendrini, forse il più
importante scienziato, tecnico, ingegnere idraulico e matematico
della Serenissima Repubblica di Venezia, nel Settecento; ideatore,
tra l’altro, dei noti “Murazzi” che difendono
Venezia dal fenomeno dell’acqua alta. Studioso dei fenomeni
e della regolazione delle acque correnti e autore di apposito
“Trattato”!].
A Gussago in Franciacorta, come nella valli bresciane,Trompia
del corso del Mella e Camonica lungo il corso dell’Oglio,
dove rogarono i notai Piardi, nei campi intorno agli abitati
si coltivava la canapa e il lino. Gli steli ricavati da queste
piante si lavoravano con un attrezzo chiamato “gramula”
per renderli morbidi e puliti. I fili venivano filati con
la rocca e in seguito, con l’uso dei telai, si otteneva
il tessuto. Per ottenere il “mezalà” si
doveva unire canapa e lana (con preponderanza di quest’ultima).
La tela per la biancheria si otteneva tessendo insieme fili
di lino e di canapa. Per ottenere il tessuto di colore bianco
le donne lo stendevano sull’erba e lo bagnavano in continuazione
mano a mano che si asciugava. Nello stesso modo si otteneva
la tela per confezionare i vestiti, che veniva però
colorata. I procedimenti descritti erano l’unico modo
per avere a disposizione i tessuti dal momento che non c’era
la possibilità di acquistarli.
All’inizio del secolo XX i nostri uomini abitualmente
portavano robuste “braghe” (pantaloni) alla zuava,
fatte di fustagno. Per il lavoro venivano usate quelle fatte
di “mezalà”. La camicia di solito bianca,
era di canapa con sopra un gilè (crusèt) di
fustagno, mentre d’inverno, per chi se lo poteva permettere,
in panno. La giacca era di solito molto ampia, mentre la giacca
da lavoro, in tessuto povero, era detta “giübì”.
[In quel di Pezzoro (Val Trompia), “il Parroco Giacomo
Lazzari (1809) ristorò moralmente e rialzò le
assai deperite condizioni economiche del suo popolo promuovendo
anche un’attività manifatturiera del fustagno
…”. A Pezzoro, “nell’ottocento il
parroco Don Lazzari introdusse, come accennato, la confezione
del fustagno, delle fasce per bambini e delle tocche d’oro
e d’argento (passamani per addobbi sacri) che però
furono abbandonate con il diffondersi delle macchine moderne.
Le fasce per i neonati di Pezzoro furono molto conosciute
nel bresciano. Tra l’ottocento e il novecento funzionarono
a Pezzoro tre telai per la tessitura della stoffa liscia in
cotone e due telai per la tessitura del lino e della canapa.
(…)”.>>. (Don Omobono Piotti. “Cronache
Triumpline”. 1907)].
Con riferimento agli abiti di fustagno ascoltiamo la testimonianza
propostaci, il 17 gennaio 1999, da Pierino Gabrieli (nipote
di nonna Piardi) sposato a Isolina Bregoli figlia di Faustina
Piardi. << FAUSTINA PIARDI: Pezzaze, 1893. Figlia di
Angelo, dei detti Brine, da Pezzaze. “Piardi Faustina
in Bregoli Giacomo, sorella del Piardi Giovan Maria, nata
il 23 ottobre 1893 morta il 31 marzo 1980 faceva la sarta
da uomo, quando ancora non erano sui mercati i vestiti già
fatti. Si usava, allora, i vestiti di fustagno e di velluto,
tele robuste e resistenti all’usura, ma di difficile
lavorazione. Lei approntava giacche, pantaloni e gilé,
in forme impeccabili e lei per servire tutti quelli che a
lei ricorrevano doveva sempre fare le ore piccole. Dovette
poi assistere il marito, per lungo tempo ricoverato anche
al Richiedei di Gussago, ammalato di silicosi, poi deceduto.
Aveva le mani, come si direbbe, d’oro, poichè,
con ritagli di tessuti di spessore, sapeva confezionare scarpette
e ciabatte comode e perfette. I suoi fratelli, i Piardi, in
due emigrarono in Valtellina dove ora trovasi i discendenti”.
>>. (Da: I PIARDI, vol. 2; anno 2000).
Ai piedi, i nostri Piardi contadini, calzavano gli zoccoli
di legno (süpei – söpei), costruiti in casa
con legno tenero e cuoio o anche “mezalà –
mazalà”. Tipiche, quanto caratteristiche calzature
del passato erano i “cosp” (in Valcamonica), i
“sgalmer” a Pezzaze ed in Valtrompia, i “sgalber”
a Bagolino di Valsabbia, venivano portati soprattutto dagli
uomini o dai ragazzi. I “cosp” avevano la suola
di legno con sotto i chiodi per non scivolare, mentre la parte
superiore (tomaia), abbastanza alta ed avvolgente, era fatta
di cuoio e legata con dei lacci. Questo tipo di calzatura,
a mò di scarpa, veniva costruita dai maschi della famiglia
(papà o nonni), tanto in Valcamonica quanto in Val
Trompia.
Chi non ricorda lo zio – di chi scrive queste note –
Giuseppe “Gèpe” Piardi della classe 1906,
da Gussago (Brescia) [figlio di Achille Domenico (1880) di
Ernesto del fu Andrea (Pezzaze, 1799 - Gussago, 1854)], contadino
per una vita intera, indossare i suddetti, classici, zoccoli
di legno (süpèi – söpèi), costruiti
in casa; erano con tacco, e non piani, con avvolgente tomaia
chiusa, a fasciare l’intero collo del piede; erano una
chiara sicurezza e protezione pur lasciando libero ed arieggiato,
di lato e sul retro (caviglia e calcagno), il piede, soggetto
a sudare per le incipienti fatiche.
A Pezzaze di Val Trompia, terra dei Piardi, una famiglia prende
il nome, meglio soprannome, proprio dalla calzatura “sgalmer”
e dall’invalso uso della stessa, soprattutto durante
i lavori di stalla e di campagna sugli scoscesi campi e prati
sottostanti il passo del Colle di San Zeno, spartiacque tra
la Valtrompia e la Valcamonica. I Piardi che vivono nei dintorni
di Roma, verso l’aeroporto di Fiumicino, sono frutto
del connubio degli Sgalmer con gli altri Piardi detti Mafé.
Gli avi materni dei Piardi “Sgalmer” e di quelli
detti Mafé di Pezzaze sono da ricercare per i primi
nelle antiche famiglie: originarie delle località bresciane
di Valtrompia, iniziando da Etto (Eto, Het) con i Piotti e
i Caim. Per gli “Sgalmer” le mamme provengono
dai nuclei familiari antichi dei: Dusi di Ono nelle Pertiche
di Val Sabbia. Mentre per i secondi, i detti Mafè,
nelle altrettante antiche famiglie: Rambaldini, di Collio
e San Colombano della stessa Collio, Maffina, con ogni probabilità
originarie della zona di Corteno e Tresenda di Valtellina;
questa Valtellina che già dalla seconda metà
dell’Ottocento vedrà i Piardi di Pezzaze ivi
migranti e poi definitivamente emigrati, sia in Val Malenco
quanto a Sondrio, Tirano e Villa di Tirano.
I vestiti dei malghesi (mandriani), contadini si distinguevano
nel “povero” vestire; indossavano abiti (binde
in Valsaviore, laterale est di Valcamonica) di fustagno molto
spesso rammendati, con l’inseparabile foulard portato
al collo come fosse una cravatta. I pastori nella stagione
invernale per ripararsi dal freddo usavano un lungo e avvolgente
mantello (gabà) di panno scuro, (come dire un Tabarro).
La famiglia dei pezzazesi Piardi detti Sertùr (anche
Sartùr/Sartùer), vale a dire sarti, poi noti,
ancora oggi, come Pelès (di cui una parte detta anche
Codése), furono sin dal Settecento abili sarti (da
qui il noto soprannome). Esperti nel confezionamento di grezzi
quanto robusti abiti da lavoro per la campagna, montagna,
il taglio e la cura del bosco e la stalla onde poter facilmente
accudire le bestie, anche quelli fatti di stoffa detta pignolàt
(anche pignulàt) . (°°°)
I ragazzi andavano a scuola le femmine con grembiule ed i
maschi con un giubbino detto blüsina ed entrambi portavano
un colletto bianco con anche un fiocco. Sul petto recavano
il numero romano, fatto di fettuccia bianca, corrispondente
alla classe elementare frequentata. Fu così, sino a
pochi decenni fa del Novecento, anche tra i Piardi di Franciacorta
come tra quelli di Val Trompia. I bambini piccoli, infanti,
sin dal giorno del battesimo venivano ben strettamente fasciati,
dai piedi sin sotto le ascelle, con fasce di tela “casalina”,
in tempi più antichi detta fasciatura comprendeva pure
le braccia stese lungo i fianchi (secondo la credenza che
ciò permettesse al corpo di crescere ben eretto) e
poi adagiati dentro il “repàr” (“rapàr”):
un cuscino rettangolare con una specie di tasca dove si metteva
il piccolo. Adagiato sul “repàr” vi era
sempre una copertina, rosa per le femmine e azzurra per i
maschi …se la famiglia poteva permetterselo.
A Gussago come nelle valli bresciane vi era un usanza assai
curiosa: la famiglia che celebrava il primo battesimo nei
giorni che seguivano la benedizione dell’acqua del sabato
santo pasquale (Primo Battesimo al “Battistero rinnovato”),
doveva portare in dono al parroco un capretto, in luogo dell’agnello,
come si usava consumare nel tempo di Pasqua del popolo ebraico,
appunto, l’agnello pasquale.
Le donne portavano sulle spalle “èl fasöl
de risulì”, soprattutto in autunno ed in inverno.
Un grande scialle nero con lunghe frange, il cui tessuto era
particolarmente sostenuto e pesante, tale da sostituire il
(futuro) cappotto o paltò, anche paletòt. Lo
indossavano, coprendosi anche la testa, per partecipare alla
S. Messa ed alle funzioni religiose, quanto per andare in
viaggio od al mercato. (°°°)
Nella bella stagione la donna indossava sopra il vestito la
“fasulina” (anche detto èl fasulì),
che aveva le stesse funzioni del “fasöl de risulì”,
pur essendo più leggera e spesso fatta all’uncinetto.
Durante le funzioni religiose, come detto, dovevano coprirsi
rigorosamente il capo con un fazzoletto. I primi veli furono
di pizzo nero, posti sul capo, venivano lasciati cadere sul
petto, donando alla donna un bell’aspetto elegante.
Più in qua nel tempo la donna comincia ad indossare
veli più chiari (grigio perla o bianchi) ed anche più
piccoli, in modo da poter essere annodati sotto il mento.
Le donne si fasciavano la testa, con un fazzoletto scuro,
anche durante i lavori dei campi, in particolare nel corso
della fienagione. Le donne solevano portare ampie camicie
di tela bianca, a volte con arricchimento di pizzo. Per le
occasioni importanti o per i giorni di festa religiosa patronale
o paesana possedevano un solo vestito, solitamente scuro.
Sopra la camicia veniva posta la “pulachina”,
una giacca aderente, poi la gonna (sutàna, treèrsa)
cadente ai fianchi fino alle caviglie. Il grembiule (bigaröl)
fatto di tela ruvida, portato sopra l’abito, proteggeva
il vestito sia durante i lavori domestici quanto nelle feste;
quello della festa di solito veniva ornato spesso con pizzo
nero e poteva essere di tessuto più leggero quasi come
una civetteria.
Ai piedi la donna indossava ciabatte (söbre, sübrète,
anche di vernice lucida), durante la settimana erano di turno
gli zoccoli (süpèi, söpèi) con chiodi
o pezzi gomma... per risparmiarli dall’usura.
Per concludere veniamo a parlare della “pütürina”.
La “pütürina” era formata da due pezzi
di stoffa cuciti assieme e trapuntati con dentro della lana
di pecora. Veniva messa a diretto contatto con la pelle e
serviva alle donne per coprire il seno e non farne notare
le classiche ridenti forme. Era forte il senso del pudore
delle donne del passato, particolarmente radicato nei nostri
paesi collinari e montani. Ovviamente la “pütürina”
aveva anche la funzione di proteggere il seno e di ripararlo
dal freddo. (°°°)
{(Ci siamo parzialmente avvalsi delle note pubblicate in Lunare
de Saviùr – 2006, “ ’ndel baul dei
visticc” - Alla scoperta dell’abbigliamento dei
nostri nonni -; a cura di “Gruppo Resistere” –
Saviore dell’Adamello, Val Saviore di Valcamonica) >>.
[ http://www.voli.bs.it/grupporesistere/
]. SAVIORE dell’Adamello è la patria del grande
Bernardino ZENDRINI, medico camuno, scienziato, matematico,
ingegnere della Serenissima Repubblica di Venezia, inventore
dei noti Murazzi a difesa di Venezia e la Laguna dall’impeto
del mare con le sue “piene” o… acqua alta;
come ricordato anche prima}.
(°°°). Per approfondire vedi in http://www.piardi.org/vol3/volume3costumi.htm
le molte fotografie in cui i Piardi sono ritratti nei loro
costumi, antichi e moderni, da lavoro o della festa.
Gli abiti dei montanari e degli uomini
impegnati nei mestieri
Tornando, ora, a parlare degli abiti nei secoli
passati vogliamo considerare quelli tipici dei montanari e
degli artigiani.
I montanari << usavano corti calzoni verde scuro di
camoscio, il giubbetto di panno quasi sempre color rosso,
il cappello a larghe falde pure verde scuro o marrone, la
cintura marrone; al collo un largo fazzoletto tenuto chiuso
con un anello, in cui si fa passare due capi di fazzoletto
>>. (Scrive G. BIGNAMI, “Fogge e indumenti”,
in G. Bignami, Giacomo Sebastiano Pedersoli, Marcello Ricardi,
Le vere tradizioni bresciane, pagina 39).
Gli artigiani indossavano <<calzoni di grosso fustagno
- pignolàt - marrone con cintura rossa di tela, giacca
larga di panno marrone >>.
Le donne <<...di solito indossavano un corto corsaletto
di lana o di cotone, allacciato sul petto, una lunga sottana,
detta treèrsa increspata, un bigaröl di cotone
con disegni ricamati e sulla testa un grande fazzoletto colorato.
Nella stagione invernale si mettevano un grande e pesante
scialèt scuro >> (Ibidem p. 42).
<< Molti dei tessuti necessari al fabbisogno sia personale
che casalingo venivano fabbricati in casa. Anticamente funzionavano
robusti telai nella Valle di Corteno, in particolare a Lombro,
Megno, Ronco, Doverio che tessevano il panno, il mezzalana,
il pelórz, il turchino >> (Ibidem, p. 43).
<< Pelórz = Tessuto per trebbiarvi sopra la segale
ed il grano saraceno, per staccare e poi asciugare i grani
al sole, era composto di canapa e di tessitura di stracci
e canapa filati insieme: si ricavava così un tessuto
molto forte e di buona durata >>.
<< Turchino = Ordito e tessuto canapa, prendeva il nome
dal colore in cui si tingeva per mezzo di un legno detto verzino
e di una sostanza minerale dal colore del solfato di rame
detta morellino. Tale tessuto veniva adoperato per fare abiti
da festa per le donne detti turchini, ...>>. (Ibidem,
p. 43).
Il lino e la canapa erano largamente coltivati ed impiegati
sia a Gussago (Ai Filunàss) quanto in Val Trompia e
fornivano il materiale di tessitura ai molti telai; con il
tessuto di canapa le giovani donne si facevano il grembiule
che dopo essere stato bagnato più volte ed esposto
ai raggi del sole si colorava naturalmente di bianco.
Mezalà = Tessuto di canapa e lana. Di questo tessuto
speciale erano abitualmente fatti i vestiti degli uomini e
delle donne. Nelle valli bresciane il primo giovanotto che
osò presentarsi pomposamente vestito non con abito
di Mezalà, bensì di pignolàt, venne soprannominato
e definito col nomignolo di “bülo”, vale
a dire uno spaccone segnato a dito... soprattutto dalle donne
sulle quali aveva pensato di poter... far colpo.
[Pignolàt = Fustagne/Fustagno. Panno tessuto d’accia
e bambagia. (Giovanni Battista Melchiori. Vocabolario Bresciano
– Italiano. Volume 2. Anno 1817. Brescia – Tipografia
Franzoni e Socio)].
Nella Valle di Lozio, fino alla metà del Novecento,
gli uomini indossavano un bel costume completo di giacca,
nota come pelànt, di panno chiaro ovvero color turchino
con dentelli rossi o neri ai bordi; panciotto, detto bianchèt,
di lana bianca filata dalle donne pure con le capète
rosse ai margini; calzoni aperti al ginocchio con tre bottoni;
gambali, di tela grossa o panno con lunga nappa. I giovanotti,
durante le feste, sfoggiavano sgargianti fazzoletti rossi
al collo. Quasi come il vestito indossato dai Viotti –
Piardi (della foto). Le donne avevano un vestito colorato
e con fiorellini o puntini ricamati, sopra una sottana bianca
di tela casalinga. Molto diffuso era il vestito chiamato polàk,
formato da un giubbetto chiuso con fermagli a gancio e maniche
arricciate sopra il gomito e scampanate al polso, che alla
cintura era cucito ad una gonna lunga fino alle caviglie.
Portavano le calze soltanto il giorno delle nozze. Copriva
il capo un fazzoletto detto bitighì, fatto di pezzi
di tela usata. Le donne anziane usavano un grembiule, detto
bigarol, di tela bianca di canapa o di stoffa, mentre le giovani
avevano un grembiule di lusso, cioè di lino colorato
in turchino ricamato a fiorellini. (Ibidem, p. 45).
Le néstole, quelle fettucce usate per legare le calze
fissate sotto il ginocchio, in Val Camonica si facevano in
casa con una particolare attrezzatura, ne uscivano fettucce
intrecciate e variopinte.
In Val Trompia, la vale più consona ai Piardi, si batte
o si “folla” la lana con il fièl per renderla
più facile alla filatura, poi si faranno coperte e
uno speciale panno colorato in verde per i gabanòcc.
A Sabbio Chiese di Val Sabbia, Valle d’adozione dei
Piardi sin dall’Ottocento, si facevano invece dei panni
detti beretini.
Quando la Legge stabiliva persino come e chi si doveva
(o si poteva permettere di) vestire in presenza di un lutto
in famiglia. Provisione del Consiglio della città
di BRESCIA del 18 febbraio 1700. Modo di vestire a lutto per
la morte di un congiunto: <<Che per la morte de’
congionti fino al quarto grado inclusivo, sia permesso a soli
patroni un decente contrassegno proporzionato al loro grado,
nel seguente modo però, e non altrimenti: cioè
che alli congiunti in primo grado, quali si intendono il padre,
madre, marito, moglie, filioli, resti permesso di poter portare
il solo abito nero succinto, esclusi per sempre li tabarri,
sì lunghi come curti, e vestimenti di servitù;
et in quanto alli altri congiunti fino al suddetto quarto
grado inclusivo, gli sia permesso pure un solo velo sopra
il cappello ò cinta al fianco, come più li piacerà.
Tutto ciò deve esser osservato sotto pene cominate
dal Consiglio in anno 1684>>.
Valtrompia, 1936. Abito maschile, come per i Piardi
Tipico modo di vestire di uomo, con cesto di vimini (e/o
di cortecce a listerelle, detto Sgòrba) retto sulla
estremità di un bastone (Gambù) appoggiato sull’omero
sinistro e mantenuto in equilibrio con lo stesso braccio mancino.
Così, in particolare, i VIOTTI - PIARDI. Per incedere
meglio era d’uso il bastone da viaggio del tipo Alpenstock.
Così vestivano a Pezzaze, come nella
foto, soprattutto i Viotti quelli figli, o discendenti, di
Domenica Piardi detta “La Bilùna” (La Bellona),
figlia di Bortolo Piardi (noto Benefattore di Pezzaze dei
Cattani, detti Catanì in vernacolo pezzazese).
All’azione di Bortolo Piardi Catanì, vissuto
tra Settecento ed Ottocento, si ispirò, con testamento
del 1847, la volontà solidale del benefattore Angelo
Bregoli (†1849), sposo in prime nozze di Aquilina Piardi
dei detti Catanì, fondatore di una scuola elementare
e della Casa di Riposo e Ospedale di Pezzaze).
Domenica “Bilùna” andò in moglie
a Pietro Viotti l’anno 1822 (con valente Dote matrimoniale,
ben definita, codificata e quantificata nel numero e, soprattutto,
nel valore economico; Atto che a Pezzaze ricordano col nome
di “Presgial” (Polizza matrimoniale di garanzia
per la nubenda e per la sua famiglia d’origine, in caso
di morte della sposa od in sede di eredità quale vedova,
ove sono descritti, con assoluta chiarezza, anche i capi d’abbigliamento,
di tovagliato e della biancheria da letto).
I Viotti sono parenti stretti anche dei Piardi, quelli anticamente
detti Sertur (Sertuer) e poi ripartiti in Pelès, discesi
nella pianura bresciana, in Codése (da cotenna), andati
nel mantovano, in quel di Casalmoro, ma anche noti quali Nape
e altri soprannomi (suèrnom) ancora. Questi Piardi
Sertur erano specializzati nel confezionare vestiti, un po’
rozzi e di stoffa grezza, particolarmente idonei ai lavori
in campagna, nel bosco, di mandriani al pascolo e nella conduzione
della stalla.
[Per Angelo Bregoli sposato ad
Aquilina dei Piardi detti Catanì > http://www.piardi.org/persone/p83.htm
]
Donna vestita festa, fine 800 Pezzaze
Caterina Rossi - Viotti. Pezzaze, anni '50
Pezzaze e Val Trompia, costumi dell'800-900
Val Trompia. Cartolina di Costumi valtrumplini, Novecento
Valtrompia. Costumi in cartolina, '900
Come si è detto sopra, vale la pena
sottolineare che “...la consuetudine, largamente diffusa
nelle valli bresciane, di usare certi colori differenziati
per i maschi e per le femmine, per i fidanzati e per gli sposi
è (fu) una gentile e caratteristica forma di semplice
dimostrazione pubblica del proprio stato civile.
Quasi sempre, in Valtrompia e perciò anche tra le Piardi
di Pezzaze, “èl fasolèt “che copre
il capo delle donne si armonizza con i colori del “bigaröl”
e pure in questo caso il grembiule (“bigaröl”)
poteva avere un significato, poichè quello delle nubili
era diverso, sia per i disegni sia per i colori più
vivaci, da quello delle maritate le quali preferivano ricami
molti fini e meno vistosi. Pure gli scialli, quelli i estese
dimensioni, ovviamente sempre realizzati in casa, sono in
Val Trompia ed altrove parte integrante del vestito di tutti
i giorni.
Le camicie delle femmine sono realizzate con lino e canapa,
seguendo l’antica e sana tradizione. Solo di rado sono
ornate , fatta esclusione per quelle delle feste solenni che,
invece, portano grandi ricami con elaborati disegni festonati,
anche colorati.
Pure il fazzoletto di formato piuttosto ampio che la gente
montanara portava al collo, fermato con un nodo ovvero con
un anello doro, poteva avere un significato particolare per
il giovane: la promessa della fidanzata che gli offre un dono
da lei stessa confezionato provvisto delle sue iniziali o
del nome per esteso.
Secondo Viotti e la mamma Caterina Rossi, anni '50
Secondo Viotti cl. 1916, l'anno 1935
Per approfondire ulteriormente ed ammirare altre foto, ancora,
dei costumi dei Piardi bresciani e di quelli del mantovano,
sino a quelli d’oltre Oceano, vedi:
http://www.piardi.org/vol3/volume3costumi.htm
140 foto, circa, sul modo di vestire
http://www.piardi.org/vol3/volume3costumi.htm
foto delle sgalmere o sgalmer = zoccoli
http://www.piardi.org/vol3/volume3emigrazione.htm
Come vestivano gli emigranti
http://www.piardi.org/vol3/volume3mestieri.htm
L’abito da lavoro
http://www.piardi.org/vol3/volume3pastori.htm
L’abito che fa il …monaco
http://www.piardi.org/personaggi.htm
I modi di vestire dei Piardi
“Personaggi”
http://www.piardi.org/incontri.htm
I Piardi durante gli INCONTRI
http://www.piardi.org/raduno2009.htm
I Piardi vestiti a festa
http://www.piardi.org/raduno2009foto.htm
Come vestivano i Piardi al Raduno 2009
http://www.piardi.org/incontri_caxias.htm
I Piardi di Caxias, come vestono
http://www.piardi.org/brasileiro.htm
I costumi dei brasiliani Piardi
http://www.piardi.org/persone/p45.htm
…nozze di Piardi Brasiliani
http://www.piardi.org/persone/p79.htm
Cacciare e vestire da cacciatori
http://www.piardi.org/persone/p68.htm
Il pastore e le sue pecore, l’arte di tosare
http://www.piardi.org/persone/p68.htm
… e di come filare la lana, una volta …
http://www.piardi.org/persone/p58.htm
Gli amori e la fienagione a Pezzaze
http://www.piardi.org/persone/p53.htm
Marianna Piardi alla fine dell’Ottocento
http://www.piardi.org/persone/p50.htm
Fiume e gli altri al Rifugio Piardi
http://www.piardi.org/persone/p51.htm
Il GRILLO Piardi e gli altri al Rifugio Piardi
http://www.piardi.org/persone/p43.htm
I Piardi “Runcù” e il loro modo di vestire
http://www.piardi.org/persone/p39.htm
Come vestiva la “Paiù” del Giov. Maria
dei Mafé
http://www.piardi.org/persone/p34.htm
Il bel modo di vestire di Giuseppe e dei familiari
http://www.piardi.org/persone/p33.htm
Il raffinato vestire di Spirito Bono e di mamma
http://www.piardi.org/persone/p19.htm
Vincenzo veste da Segr. Comunale e da Ufficiale
http://www.piardi.org/persone/p02.htm
Bortolo Angelo “Bianco Topo” e i suoi
http://www.piardi.org/persone/p05.htm
Achille Domenico e i suoi, di festa, tutti in posa.
http://www.piardi.org/persone/p29.htm
Gemelli Piardi, uno a Gussago e l’altro... sulle
Ande
http://www.piardi.org/persone/p31.htm
Sgalmer = zoccoli di un tempo ed un soprannome
http://www.piardi.org/persone/p32.htm
(Viotti G. Maria) …Èn dèn turnà
èn dré dè mèsa, …
http://www.piardi.org/persone/p32.htm
…i sè mitìa i socoi dè lègn,
le sgalmere; iera siori…
http://www.piardi.org/persone/p92.htm
Famiglia Milesi in bei costumi…
http://www.piardi.org/persone/p88.htm
Come vestirono i Piardi, i Richiedei ed i Rossi
http://www.piardi.org/persone/p87.htm
Alla foggia militare…
http://www.piardi.org/persone/p82.htm
Alla maniera dei LATE
ed altri ancora.
Tantissime fotografie, almeno 400, sul modo di vestire dei
Piardi, nei diversi momenti della giornata, a seconda del
tipo di occupazione; nelle occasioni liete e nelle tristi
circostanze.
(A cura di Achille Giovanni Piardi; per le pagine web de
“I PIARDI”. 2010/2011, con revisione del 2013)
I VIOTTI e tutti quegli uomini di
VALTROMPIA che avevano la fibbia sul cappello
[Sulla base del racconto di Angelo SECONDO Viotti
(1916-2005), imparentato con i Piardi, in casa sua l’anno
1999]
Secondo Viotti il 13 febbraio 1999 afferma: “I Pieròti,
che come ho detto sono Viotti, sono figli di Pietro, perciò
figli del figlio di Domenica Piardi detta la Biluna sposata,
appunto, Viotti. I figli di Pietro (Pieroti) sono due: Battista
e un altro detto Patatì. Al Cimitero di Stravignino,
sulla tomba, la prima sul lato sinistro del cimitero (nei
pressi di quella dei Valì Piardi), lì si vede
‘l Chèco Viotti (Francesco), la tomba dol Stefe,
ghè sö ‘l Chèco co la föbia
söl capèl (... e ha la fibbia sul cappello, entro
la quale passa la fettuccia in tondo che tiene ed orna il
copricapo, non certo di uso comune). Erano assai nominati
qui e in valle Trompia quelli che avevano il cappello con
la fibbia. Questo Chèco è figlio della Biluna
Piardi sposa del Giovanni Battista. A lato, sempre sulla tomba
vi è anche un vecchio con i pantaloni corti al ginocchio
fissati con i legacci (… ‘n vècio co le
braghe cürte, chè i vüdaa na olta, co le
mosète) quello è Pietro Viotti figlio di Chèco”.
Secondo Viotti ancora precisa: “I baöse sono Viotti
anch’essi e parenti dei Pieroti di cui ho appena detto,
per mezzo della Biluna dal momento che il nonno dei Baöse
era uno dei figli di Domenica Piardi Biluna. Erano tre i fratelli
Viotti figli maschi di Domenica Biluna noti come: ‘l
vei Frola, ‘l Chèco e ’l … . Oi di
chè Pietro, detto Pièroto, è figlio dol
Chèco che è figlio de la Biluna Piardi, chèla
de la famosa Presgiàl”. (Polizza di Dote matrimoniale
avente valore giuridico e legale nella quale sono elencati
anche gli abiti e la biancheria portata dalla sposa).
“Annunciata Viotti maritata Piardi dei Pélès,
Giovan Battista poi sacerdote e Angelo (mio padre, del 1861)
sono fratelli Viotti, figli di mio nonno Faustino del fu Battista.
(…)”. Omissis.
“Dalla lettura dell’albero genealogico della famiglia
Viotti emerge che Annunciata, mamma dei Pélès
Piardi, è figlia di Faustino del fu Battista di Pietro
di Francesco di Antonio (1643) Viotti. (…)”. Omissis.
Sarebbe lungo parlare del mio casato poichè dovremmo
cominciare da quello studio genealogico fatto da mio zio prete,
come ho già detto in altre circostanze, che parte dal
XVII secolo, credo dal 1643, che io ho cercato di completare.
Vedremo di parlarne più avanti se ci sarà spazio
e tempo!”. (Assiste al colloquio Tarcisio Piardi dei
Valì. 13 febbraio 1999).
Il 2 marzo 1999 Secondo Viotti (1916) a proposito di fatti
e aneddoti sulla sua famiglia, rivolgendosi al suo interlocutore
(Achille Giovanni Piardi), raccontando di un fatto pittoresco
afferma: “…come ho già avuto modo di dirti…”,
“Pietro Viotti (sec. XIX), su di una terzera della casa,
visibile nel vecchio cortile (löc), in località
‘la Teda’ (Tesa) conservava la scritta <Piero
Viot ‘l vent öna pinta de ì per ü berlingòt>
biogna chè ‘l faès l’ostér!,
‘l so po’ mia sé ‘l ghè sarà
amò sö…”. (…) Omissis.
Il 9 febbraio 1999, Secondo Viotti ancora racconta di se medesimo:
<Il ramo dei Viotti dal quale discende Angelo Faustino
Secondo (1916), figlio di Angelo (1861) di Faustino di Battista
di Pietro di (…), … e siamo retrocessi sino alla
metà del Settecento…, è lo stesso di quello
dal quale nasce Pietro, sposo di Domenica Piardi detta la
Biluna, figlio di Battista di (…). I figli dei coniugi
Pietro e Domenica “Biluna” sono: Pietro “Baösa”,
Angelo “Frola” e Francesco “Chèco”,
più volte nominati>. Da Pietro con la Biluna Piardi
sposi dal 1822, da Giovanni figlio di Battista e da Faustino
(nonno di Secondo del 1916) discende la gran parte della Stirpe
Viotti avente origini in Pezzaze. Alcuni altri discendono
da due dei tre fratelli: Antonio, Angelo (e Giovanni privo
di discendenza) altri figli -unitamente al succitato Pietro-
di Francesco del fu Pietro (1643). I Viotti sono imparentati,
da lunga data -inizio secolo XVIII- (?), con i “Cristini
di Marone (di Sale Marasino) Contrada Pregasso” sul
lago d’Iseo, per mezzo di Annunciata figlia (con Angelo-sacerdote,
Pietro, Francesco, Giovanni-Domenico, Faustino e Batta. Giovan
Battista-sacerdote, in cura d’anime a Rogno di Bergamo
in Val Camonica) di Battista del fu Pietro, andata in sposa
a Giovanni Cristini e venuta a premorienza lasciando minori:
Angela, Cecilia e Giovanna. [Alb. Geneal. Viotti a cura dello
zio prete Viotti aggiorn. da Secondo Viotti - visionato il
9 febbraio 1999. Archivio privato di Sec. Vio. – Pezzaze].
Alcuni altri addentellati parentali Viotti –
Piardi e Piardi – Viotti. I Piardi detti Cansonète
sono figli e nipoti di Caterina (1829) Viotti. Infatti, Raimondo
(1857) dei Cansonète, sposato a Angela Bernardelli,
è figlio di Caterina Viotti e Battista (1824) Piardi.
Maria Viotti sposa di Giacomo Piardi è madre di Giovanni
(1844), nonna di Giovanni (1882) detto Quarantì, bisnonna
di Giovanni (1909) detto ol Nene e trisavola di Cesarino Piardi
(1936) figlio del detto Nene. Maria Viotti è nonna
di Giacomo Piardi (1875) {figlio di Giovanni (1844) e Rosa
Facchini} capostipite dei Piardi detti Celvìt/Celvicc;
è nonna, anche, di Bono Piardi (1866) {figlio di Giovanni
(1844) e Rosa Facchini} capostipite dei detti Bone de Sante.
Maria (o Maria Aurelia) Viotti, figlia di Angelo e Giulia
Ferrari, nata a Pezzaze il 18 settembre 1850 (ovvero 29/4/1847)
e † nel 1919, è sposa di Maffeo Piardi del 1845
dei Mafé. Come tale è madre di molti figli,
tra cui: Giovan Maria del 1875 dei detti Mafé, poi
sposo di Margherita Bontacchio, e Bortolo Angelo del 1885,
poi sposo di Caterina Rossi, noto come Bianco Topo. Maria,
la medesima suddetta, è poi nonna di una miriade di
nipoti, tra cui: Maffeo (Mafetto) del 1900, Giovan Maria del
1907 noto come Cavra e Faustino Bortolo “Lasela”
del 1916 (padre di Don Gian Piero, parroco in Susa) figli
di Giovan Maria - Mafé, e Maffeo Valeriano, classe
1915, figlio del noto Bianco T. (Sono solo indicazioni, semplici).
(…) Omissis.
I Viotti oltre che figli di madre Piardi (Biluna, Annunciata
-mamma dei Pélès- e altra Annunciata -mamma
di Don Giovanni Maria) lo sono anche di madre proveniente
dalla famiglia: Valentini, Rossi, Richiedei e altre. (…).
Secondo Viotti (1916), commentando la foto pubblicata a Pezzaze
nel calendario del 1999 sotto il titolo ‘Festa tra amici’,
dell’anno 1940, ove sono ritratti diversi personaggi
in compagnia del fisarmonicista Bruno Bregoli, precisa, indicandoli
uno ad uno: << il fisarmonicista noto come Bruno dèl
Vegia ha sposato Agnese Richiedei, una delle figlie di Santina
(1899) Piardi del fu Ermenegildo ‘Gilde’. Mentre,
questa…, Pierina Viotti è nipote di (nonna) Domenica
Piardi detta la Biluna (sposa, nel 1822, di Pietro Viotti
figlio di Giov.Battista) in quanto figlia del di lei figlio
Battista>>. (…) Omissis.
Quanti i rapporti di parentela dei Piardi con i Viotti ? (…)
Omissis. [Pezzaze – Registri dei Battesimi, anno 1775
e seguenti, 1863, 1865 e segg., 1887].
Ancora più antichi rapporti parentali sono riportati
nello "Stato D’Anime 1691" di Pezzaze S. Apollonio.
[Pubblicato interamente nel volume 2° “I PIARDI”,
anno 2000, Pezzaze] e nella Situazione delle famiglie (1850-1870)
redatta dalla Parrocchia S. Apollonio in Stravignino di Pezzaze
[Pubblicata interamente nel volume 2° “I PIARDI”;
anno 2000, Pezzaze].
Le foto: "Valtrompia, 1936. Abito maschile, come per
i Piardi" e Donna vestita a festa, fine 800..."
(di autore sconosciuto) sono tratte da
<< G. BIGNAMI, “Fogge e indumenti”, in G.
Bignami, Giacomo Sebastiano Pedersoli, Marcello Ricardi, Le
vere tradizioni bresciane >>.
(A cura di Achille Giovanni Piardi; per le pagine web de
“I PIARDI”. Settembre 2010 – Aprile 2011.
Pubblicato, interamente e con qualche ulteriore “corredo”,
in questo mese di Marzo 2013 nel Capitolo “COSTUMI”
del volume III nella sezione OPERA del nostro Portale).
Complesso folcloristico di COLLIO V.T. con costumi
d’epoca. Da "Lönare Bressà"
2013 - Almanacco Bresciano 2013. Per g. c. di Giovanni Cherubini,
www.brescianamente.it
- Publimax - BS.
Costumi di COLLIO Val Trompia,
patria: di Maria Teresa Rambaldini madre dei PIARDI - Mafé
e Brine - di Pezzaze dagli inizi dell’Ottocento; di
Domenica Paterlini andata in sposa a Giovanni Piardi; di Serafina
Spranzi andata in sposa a Cesare “Gino” Piardi
di Gussago; di Domenica Lazzari andata in sposa a Maffeo Valeriano
Piardi di Pezzaze e di altre famiglie Valtrumpline imparentate
con i Piardi pezzazesi.
-
MAFÉ
1. PIARDI GIOVANNI MARIA di Giovanni Battista e
di Piardi Domenica. Capo famiglia. Mandriano. Possidente.
Pezzaze 30 aprile 1806. Vedovo di Rambaldini Maria. Morto
il 21 luglio 1882.
2. PIARDI FRANCESCO di Gio.Maria e di Rambaldini Maria Teresa.
Figlio. Possidente.
Pezzaze 5 ottobre 1842. Celibe.
3. PIARDI CATERINA di Gio.Maria e di Rambaldini Maria Teresa.
Figlia. Possidente.
Pezzaze 13 marzo 1844. Nubile. Coniugata il 28 novembre 1875
con Glisenti Battista.
4. PIARDI ANGELO di Gio.Maria e di Rambaldini Maria Teresa.
Figlio. Possidente.
Pezzaze 9 settembre 1852. Celibe. Coniugato il 6 giugno 1880
con Bregoli Caterina.
5. PIARDI MAFFEO di Gio.Maria e di Rambaldini Maria Teresa.
Figlio. Mandriano.
Possidente. Pezzaze 12 ottobre 1845. Coniugato con Viotti
Maria Aurelia.
… il figlio più anziano, GIOVANNI PIARDI del
1935, è gia coniugato con Domenica
Paterlini.
- FAMIGLIA
(DEL GRILLO) DELLA LOCALITA’ NENDÓSS
1. PIARDI FRANCESCO di fu Giovanni Maria (1806)
e di Rambaldini Maria Teresa.
Capo famiglia. Possidente. Nato a Pezzaze 5 ottobre 1842.
Celibe. Deceduto il 15
Giugno 1899. (Fratello di Giovanni che segue).
1. PIARDI GIOVANNI di fu Giovanni Maria (1806) e di Rambaldini
Maria Teresa. Capo
famiglia. Possidente. Nato a Pezzaze 16 giugno 1835. Coniugato
con Paterlini
Domenica.
2. PATERLINI DOMENICA di Pietro e di Paterlini Anna. Moglie
(di Giovanni). Contadina.
Nasce a Collio nel 1859. Coniugata con Piardi Giovanni.
- BRINE (aventi
origine nei più antichi Mafé).
1. PIARDI ANGELO fu Gio.Maria e fu Rambaldini
Maria. Capo famiglia. Contadino.
Pezzaze 7 settembre 1852. Coniugato il 6 giugno 1880. Morto
il 4 marzo 1916.
2. BREGOLI PIARDI MARIA CATERINA fu Giuseppe e fu Viotti
Faustina. Moglie.
Contadina. Pezzaze 29 giugno 1857.
3. PIARDI MARIA TERESA di Angelo e di Bregoli Maria.
Figlia. Contadina. Pezzaze 7
gennaio 1882. Coniugata a Bregoli Bettino il 16 marzo 1912.
Va a Mondaro.
4. PIARDI FAUSTINO di Angelo e di Bregoli Maria. Figlio.
Contadino. Pezzaze 20
ottobre 1891. Emigrato.
5. PIARDI FRANCESCHINA GIACOMINA di Angelo e di Bregoli
Maria. Figlia. Pezzaze 23
ottobre 1894. Coniugata l’8 febbraio 1920 a Bregoli
Giacomo. Va a Mondaro.
6. PIARDI RAFFAELE FRANCESCO di Angelo e di Bregoli Maria.
Figlio. Pezzaze 2
maggio 1896. Coniugato il 13 luglio 1923.
A cura di Achille Giovanni Piardi. Giugno 2013 – Pagina
COSTUMI dei Piardi – Volume III “I PIARDI”.
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