Giuseppe Piardi (Brescia,
1881 – 1961)
Giuseppe Piardi (Brescia, 1881 –
1961), patriarca con la famiglia.
Industriale serico come il padre. Giuseppe
(1881), fratello di Aquilina e di Alessandro, conduce la filanda
di S. Eufemia alle porte della città di Brescia. Figlio
di Gio.Maria (Pezzaze, 1845) e Angelina De Pero. Sposa, nel
1917, Vittoria Ferrata che gli dà: Giovanni Maria (1918),
Vittorio (1920), Andrea (1923) e Maria Giuseppina. Gio. Maria
(1845), nel 1907, si dichiara: “parente più prossimo
attualmente vivente – cugino di secondo grado –
degli eredi di Andrea Piardi da Gussago”. Vedi anche
in Sezione Pezzaze “Proposta
di itinerario in Valtrompia coi Piardi...”. (foto scattata
a Sirmione, alla fine degli anni ’50, da Giovanni Maria
nato a Gussago l’anno 1918)
GIUSEPPE PIARDI (Brescia, 1881 – 1961)
col nipotino Marco, figlio Giovanni Maria (Gussago, 1918)
Per approfondire vai alla sezione INCONTRI
> Rodengo Saiano 9 settembre 2001.
Vedi anche:
> Giovanni Maria Piardi (1845-1908) junior
e Giovan Maria, padre, (1774-1844),
padre e nonno di Giuseppe
> Giovanni Maria Piardi, figlio
di Giuseppe
> Vittoria Piardi, figlia di Giovanni
Maria, nipote di Giuseppe
> Silvia Piardi, figlia di Giovanni Maria,
nipote di Giuseppe
> Vittorio Piardi, figlio di Giuseppe
> Andrea Piardi (dottor professor), medico
angiologo
Il 22 dicembre 2013 PIERO ZIZIOLI
- curatore della ricerca storica sulla famiglia CONTRINI di
PEZZORO e di quella di PEZZAZE - scrive, a proposito della
FILANDA di SANT'EUFEMIA: << Gentilissimo Achille, le
manderò appena ho un attimo quanto è emerso
dalla mia ricerca,inoltre ho trovato sul registro delle nascite
di Pezzaze che inizia, vado a memoria nel 1608 le prove dei
contatti tra i Contrini di Pezzaze e i Piardi, (Contrini Di
Pezzaze?), si perchè una radice dei Pezzoresi vedi
3 fam. su 4 si trovano da voi, con somma gioia del nostro
bravo Don Gian Carlo Pasotti, ma si potrebbero approfondire
ulteriormente le ricerche se si trovassero i registri dei
matrimoni e dei morti che io purtroppo non ho trovato nell'archivio
di parrocchiale, c'è solo il grosso volume delle nascite
che inizia all'incirca, dal 1608 al 1800 vado sempre a memoria,di
altri registri di questo genere non ho trovato traccia in
archivio, dove c'è invece molto altro ma di vario genere.
Inoltre riguardo ai Piardi lei forse già sa che possedevano
una filanda in Sant' Eufemia agli inizi del 900, e mia nonna
materna vi trovò lavoro, inoltre mio nonno paterno,
curava i trasporti di seta per Milano della ditta Piardi,
sono comunque onorato di dirle che i Piardi sono stati imprenditori
molto stimati da maestranze, fornitori e clienti, della filanda,
mio padre me ne parlò molte volte, mi congratulo con
lei per il suo lavoro sulla famiglia Piardi che conosco ed
è eccezionale, ci risentiamo presto buone feste Piero
Zizioli>>.
La comunità di SANT'EUFEMIA
e i PIARDI
Sant'Eufemia (Sant'Eufemia della
Fonte); oggi grossa frazione, di circa 4000 anime,
della città di Brescia.
Sant'Eufemia della Fonte con la piazza della
chiesa parrocchiale
ed i resti dell'antico monastero benedettino
S. Eufemia, fino al 1928, è stato
comune autonomo da Brescia e, pur essendo inglobato amministrativamente
nella città, ha conservato a lungo una tradizione d'indipendenza
fino ai primi anni del dopo seconda guerra mondiale. Nella
fotografia, della fine degli anni Venti del secolo XX, il
Naviglio scorre ancora all'aperto, verrà coperto soltanto
nel 1939; sul lato destro della via sono visibili le rotaie
del tram della linea diretta a Salò, Gargnano (Lago
di Garda, sponda occidentale). Sulla sinistra, poco più
in là del monastero, sorgeva la lavanderia degli Ospedali
Civili, con una ciminiera in mattoni oggi non più esistente
ed uno spazio esterno, dove veniva stesa ad asciugare nella
bella stagione la biancheria lavata. (Fotografia di anonimo
- fine anni venti del secolo XX. Achivio Fotogr. dei Musei
- Brescia). La fotografia, del 1930 circa di anonimo, venne pubblicata
dal giornale Bresciaoggi.
L'abitato di Sant'Eufemia si sviluppò
attorno al monastero, dedicato a Sant'Eufemia
di Calcedonia [Ndr. †16 settembre 303, a 15 anni.
"A Calcedonia in Bitinia, nell'odierna Turchia,
santa Eufemia, vergine e martire, che sotto l'imperatore
Diocleziano e il proconsole Prisco, superati per Cristo molti
supplizi, giunse con strenuo combattimento alla corona di
gloria"], che era sorto nel 1008
ai piedi del colle
Maddalena per volontà del Vescovo
di Brescia Landolfo allo scopo di sostenere le bonifiche
in atto nella zona.
Compiendo un forte balzo di alcune centinaia
d'anni giungiamo a secolo XIX. Al termine della seconda
guerra di indipendenza italiana e a seguito dell'assegnazione
delle province lombarde al Regno
di Sardegna (dal 1861,
Regno
d'Italia), Sant'Eufemia fu inserita nel mandamento
III di Brescia
appartenente al circondario
I di Brescia dell'omonima
provincia. Con il Regio
Decreto 7 settembre 1862, n. 830, la denominazione del
comune divenne Sant'Eufemia della Fonte allo scopo
di distinguerla da altre località omonime. Sulla base
della legge relativa agli ordinamenti comunali del 1865,
la municipalità fu retta da un sindaco,
una giunta e da un consiglio. Nel 1881,
Sant'Eufemia fu raggiunta dalla linea
tranviaria a vapore Brescia – Vobarno. (Lombardia
Beni Culturali - Monastero di Sant'Eufemia ).
Nello stesso anno suddetto, 1881, nasce Giuseppe
Piardi il quale nel 1900 (1901) aprirà un nuova
Filanda che funzionerà a lungo impiegando un notevole
numero di maestranze, donne e uomini. Infatti, leggiamo: "1900
- Giuseppe Piardi apre a S.Eufemia una filanda, dove vengono
occupati una settantina di donne ed una ventina di uomini".
(Sant'Eufemia, le date della storia, a cura di Mario
Bertoli in www.silvanodanesi.info).
Nel 1928,
con Regio Decreto 27 settembre 1928, n. 2383, il comune di
Sant'Eufemia viene soppresso e aggregato a Brescia. (Lombardia
Beni Culturali - Monastero di Sant'Eufemia ).
Il 28 Maggio 2014, dopo la missiva datata
22 dicembre 2013 proveniente da Pezzoro in Val Trompia, pubblicata
in questa stessa pagina, Piero Zizioli – rispondendo
alle domande di Achille, <<Signor Piero Zizioli. Lei
ci raccontava, tra l'altro, nella graditissima missiva del
dicembre 2013: "...filanda in Sant'
Eufemia agli inizi del 900, e mia nonna materna vi trovò
lavoro, inoltre mio nonno paterno, curava i trasporti di seta
per Milano della ditta Piardi, sono comunque onorato di dirle
che...". Ora siamo a chiederLe
se può dirci il nome e cognome di Sua nonna materna
ed il nome di battesimo del nonno paterno Zizioli.
Grazie.
Saluti.
Achille Piardi>>
– ci scrive un altra volta: “Gentilissimo Sig
Achille, mio nonno si chiamava come me, Zizioli Pietro, se
non ricordo male era nato il 9\2\1885, e abitava con relativa
ditta ad un centinaio di metri dalla filanda Piardi,
mentre mia nonna materna era del 10\3\1906, lavorò
però poco tempo nella filanda Piardi, al contrario il
nonno ebbe certamente contatti molto più
prolungati con il Sig. Giuseppe Piardi; mio padre mi parlava
a volte della prosperità della filanda e della serietà
della ditta accompagnata dalla magnanimità del titolare,
questo è quanto ricordo, oltre a ciò ricordo
che alcuni anni fa era stata pubblicata qualche notizia sulla
filanda di Sant Eufemia, ora qui a Pezzoro non ho il materiale,
ma vedrò nella casa di Brescia se ho messo da
parte qualche cosa, se così fosse le manderò
quanto riuscirò a reperire. Inoltre la informo che
nella mia ricerca su Pezzoro ho visto carte che riguardano
i Piardi di Pezzoro, ma la massa di documenti è tale
che trovarli ora sarà complicato, ma non disperi; di
certo le dico che Pietro Contrini 1742\1823 sposò Piardi
Elena 1752\1832 figlia di Bono ma anche sul nome del
padre devo controllare, sappia che ho trovato intrecci Piardi con
i Contrini di Pezzaze a partire dal 1608 circa, senza ombra
di dubbio le due famiglie erano in rapporti di amicizia,
con scambio di padrini da ambo le parti, di più
non ho indagato, perchè la ricerca si allargherebbe
troppo, le porgo i miei più sinceri saluti e complimenti.
Piero Zizioli”.
Elena Piardi sopra menzionata da Zizioli, e andata in sposa
al Contrini da Pezzoro nella seconda metà del Settecento,
è la seguente (secondo la registrazione canonica battesimale
in Sant'Apollonio di Pezzaze): “23 marzo 1752.
Elena f.a di Bono q. Giacomo Piardi, e di Domenica sua molie
nata ieri. et oggi batezata da me Salvi. Compadre Gio: Batta
per suo filio”.
4 Giugno 2014. Piero Zizzoli, mantenendo
costante rapporto di corrispondenza, ci scrive: “Gentilissimo
signor Achille qualche cosa ho trovato sulla filanda ma devo
trovare la connessione con la famiglia Piardi, le comunico però
che nella filanda trovarono lavoro pure mia bisnonna Paolina
e sua sorella, si occupavano dei bachi da seta. Inoltre
sappia che una diramazione Contrini\Natali di Bergamo era
titolare della ditta Semebachi appunto di Bergamo, che
si occupava della riproduzione dei bachi rifornendo molte
ditta in Italia e pure all'estero, purtroppo l'ultima
erede di costoro è mancata alcuni anni fa, ma senza
dubbio avrà avuto contatti con la filanda di Sant'
Eufemia; spero tanto di fornirle altre notizie l'unico problema è
che a S. Eufemia pochi si ricordano della
filanda; ma non disperi, saluti. Piero Zizioli”.
Alla ricerca di una foto raffigurante l'edificio
sede dell'antica Filanda di Sant'Eufemia, pur
avendo interpellato sia l'Archivio dei Civici Musei
di Brescia quanto l'Archivio della Fondazione Negri
di Brescia, non siamo riusciti a rintracciarne nemmeno un
esemplare.
(A cura di Achille Giovanni Piardi. 26 Giugno
2014)
FILANDA di Sant'Eufemia, storia
28 giugno 2014. Piero Zizioli, appassionato
ricercatore in quel di PEZZORO di Val Trompia, terra contigua
a quella di PEZZAZE, entrambe terre di dimora dei Piardi da
più di cinque secoli ed un quarto, ci scrive in merito
alla FILANDA posta ad est della città di Brescia, sulla
strada per Rezzato; noto opificio condotto, un tempo, da Giuseppe
Piardi.
<<Gentilissimo Achille buona sera,
ecco le poche notizie che (ancora) sono riuscito a trovare
sulla filanda di S. Eufemia; sorse nel 1882 per
iniziativa dall'industriale monzese Branbilla, e di sua moglie,
l'energica signora Pirovano rimasta ben presto vedova ne assumeva
la direzione, il signor Piardi subentrò a lei all'incirca
nel 1915\16 e guiderà l'opificio fino alla fine
degli anni 20. Lo stabile era posto sulla via reale (oggi
via Indipendenza) a fianco del Naviglio di cui probabilmente
venivano sfruttate le acque per la caldaia a vapore, ditta
di grandi dimensioni il setificio arrivò a contare
82 operaie (29 donne, 52 fanciulle, 3 uomini) questi
ricevevano un compenso di £. 3,50 le donne £.
1,10 e le fanciulle 0,75; la filanda funzionava per 220 giorni
l'anno, era fornita come anzidetto da una caldaia a vapore
e un motore idraulico, ciascuno della forza di 6 cavalli (dati
del 1913); al tempo della gestione Pirovano nel febbraio 1901
e settembre 1902 venne interessata da una serie di scioperi,
che reclamavano una diminuzione delle ore di lavoro (11 ore
e mezza al dì), l'aumento del salario e l'abolizione
delle multe, la vertenza ebbe poi sbocco positivo, e con
la gestione Piardi non ci furono vertenze, anche per la magnanimità
del sig. Piardi, il cui ricordo restò vivo per
molti anni.
Ecco quanto sono riuscito a trovare, purtroppo
non ho trovato fotografie della filanda, che molti cercano,
compreso chi mi ha informato del subentro Piardi, comunque
nella toponomastica locale il cortile della filanda ancora
esiste anche se il luogo, mi sembra sia stato tutto ristrutturato
da tempo. Se in futuro troverò altre notizie la informerò
puntualmente, cordiali saluti Piero Zizioli>>. (Piero
Zizioli, 28 Giugno 2014)
Lo stesso modo di lavorare presso la filanda di Giuseppe Piardi
a Sant’Eufemia (Brescia),
qui vediamo il salone interno, pieno di ceste di bozzoli,
della filanda di LOVERE – Bergamo, anno 1920 con anche
il “Fornello” e maestranze sul lato sinistro.
(Foto di D. Oberti; Museo Camuno foto storiche)
Filanda a Lovere sul lago d’Iseo, 1920: raccolta, in
grandi cestoni, di bozzoli di seta (gallette/galète
in dialetto bresciano) del tutto similare, se non identica,
a quella di Giuseppe Piardi in Sant’Eufemia della Fonte
(Brescia). [f. Oberti D. Museo Camuno Della Fotografia-Storica]
Sant’EUFEMIA della Fonte lungo il Naviglio di Brescia.
[f. ‘Era Sant’Eufemia della Fonte’]
Sant’EUFEMIA della Fonte (Brescia).
Una Via dell’abitato. Località dove operò
Giuseppe PIARDI (1881) con la sua filanda. Anni del primo
Novecento con gente …in posa in attesa del fotografo.
[f. https://seufemiavintage.home.blog]
L'abitato si sviluppò attorno al Monastero di Sant’Eufemia
della fonte, dedicato a Sant’Eufemia di Calcedonia,
che era sorto nel 1008 ai piedi del Colle Maddalena per volontà
del Vescovo di Brescia Landolfo allo scopo di sostenere le
bonifiche in atto nella zona. È stato comune autonomo
fino al 1928 quando con Regio Decreto 27 settembre 1928, n.
2383, il comune fu soppresso e aggregato a Brescia. Sant’Eufemia
si trova nella parte finale della val Carrobbio, tra le pendici
del monte Maddalena ed il piccolo monte Mascheda. Confina
a ovest con Brescia (…). La parte bassa di Sant’Eufemia
è attraversata, da ovest verso est, dal Naviglio di
Brescia. (Wikipedia).
Sulla riva nord del Naviglio di Brescia con l’acqua
in corsa da est ad ovest lavorava la Filanda di Giuseppe PIARDI.
(A cura di Achille Giovanni Piardi, 1.1.2021)
Caalér
o caàléèr, caaler
https://www.piardi.org/opera/vol3/volume3mestieri-coltura-baco.htm
3.5
Mestieri e professioni -
La
famiglia di Achille Domenico Piardi allevò bachi da
seta
Il
significato più diretto del termine bresciano Caalér
o caàléèr, caaler è sempre stato
al baco da seta. Caalér significa appunto "baco
da seta". La provincia bresciana, fino ai primi decenni
del secolo XX, pullulava di filande e di allevamenti di bachi.
Perché si chiamano caalér? Non è certo
il motivo, ma probabilmente perché questi animali...
preziosi quando escono dalla quarta del bozzolo in cui sono
avvolti si ergono pettoruti come cavalieri. Il caalér
richiama alla mente anche la pianta le cui foglie sono unico
suo sostegno: il gelso. In dialetto è il "mur”,
pianta che dà dolci bacche bianchissime o blu-nere
che ormai è praticamente scomparso dalle campagne.
I
cavalieri di maggio (caaler, caàlér, caàléèr)
Così,
Arturo Marpicati intitolava, nella raccolta degli scritti
sulla sua infanzia in quel di Ghedi, il racconto dedicato
all'allevamento
dei bachi da seta. “Cavalieri” è l'ironica
traduzione dal dialetto “caaler”, termine con
il quale si definivano, nella dicitura dialettale, i bachi
da seta. L'origine del nome, probabilmente, deriva dal fatto
che le “tàole” - i telai con le stuoie
in canna (le arèle) - sui quali venivano adagiati i
bachi erano accavallati gli uni sugli altri tramite strutture
in legno (dette “scalere”) che supportavano i
telai. Di solito 4/5 telai.
L'allevamento
dei bachi da seta occupava poco più di un mese ed ha
rappresentato per tutto l'800 e fino ai primi anni del secondo
dopoguerra (oltre la metà del secolo XX) una integrazione
del reddito fondamentale per molte famiglie contadine della
pianura bresciana e lombarda in generale. Esso iniziava, verso
l'ultima settimana di aprile, con i preparativi del locale
di allevamento e con l'acquisto del seme dei “caaler”.
Cosa molto singolare è rappresentata dal fatto che
l'unità di misura dell'allevamento era l'oncia, l'unità
di misura inglese. “Onsa” in dialetto. Essa determinava
il peso delle uova che si sarebbero trasformate nei bachi
prima e nei bozzoli di seta successivamente. (Un'oncia = grammi
28,3495. Per convenzione, sul mercato bresciano = 30 grammi.
Ndr.).
Era
un'attività, la cui gestione spettava alle donne, dall'approntamento
della stanza in cui venivano messe le “tàole
di arelle” alla raccolta delle foglie del gelso, unico
alimento che può essere usato per far crescere i bachi
da seta. Questo
è il motivo per cui, gran parte dei campi della pianura
erano divisi da filari di gelsi (“I mur”), almeno
fino a circa 40/50 anni fa.
Le
foglie venivano raccolte in sacchi di iuta tenuti aperti da
una sagoma di legno e portati a tracolla con una corda. Al
gelso, donne e relativi bambini, si avvicinavano con la stessa
scala con pioli di legno che veniva utilizzata in cascina
per salire nel pollaio. Tutte le famiglie, in cascina, possedevano
una scala a pioli in legno ed erano anche in grado di costruirsela.
La scala a pioli faceva parte del corredo di una famiglia.
Il
periodo dell'allevamento dei “caaler” andava dalla
fine di aprile alla prima settimana di giugno. I ritorni di
freddo erano molto pericolosi e temuti, pertanto, nella stanza
di allevamento dei bachi, solitamente c'era anche una stufa
a legna pronta per essere accesa nelle notti più fredde.
Nella
prima fase della crescita (10 gg. circa) le foglie di gelso
andavano tagliate e sminuzzate.
A
Ghedi (Brescia) – paese di adozione di qualcheduno dei
Piardi di Pezzaze dal 1933 (famiglia nota col soprannome di
Pelès). Ndr. – esisteva anche un'altra tradizione.
Far benedire il “fagottino” (l'oncia o la mezza
oncia di seme) dal prete della chiesetta dei Morti della Fossetta,
prima di sistemare “la someså dei caaler”
nel primo letto di schiusa. Molte contadine lasciavano, per
una notte, all'interno del Santuario, il contenitore con il
seme dei bachi a contatto con le ossa dei morti o nelle immediate
vicinanze, per invocare la protezione delle anime “purganti”.
In ogni caso Don Lorenzo Tracconaglia aveva una preghiera
specifica per la benedizione dei “caaler”.
Una
buona annata di “bozzoli” significava potersi
permettere un abito nuovo o un cambio di scarpe per i figli.
(A cura di Ludovico
Guarneri in
Ghedi
Storia Foto e Vintage,
22
aprile 2016).
In
dialetto: “Caaler
= Caàler, anche Caàléèr”.
La Filanda
Filanda è
il nome con cui sono conosciuti, nel nord Italia, gli stabilimenti
di lavorazione e filatura della seta. Erano grandi edifici,
generalmente a più piani, dai soffitti alti e dotati
di grandi finestre per garantire l'illuminazione. Costruiti
vicino a corsi d'acqua, la utilizzavano sia per la forza motrice
che per le vasche di trattura. Le prime filande erano a fuoco
diretto, l'acqua nelle vasche di trattura era riscaldata direttamente
con fuoco di legna, poi le filande diventarono a vapore, con
un maggior controllo della temperatura dell'acqua e di conseguenza
di una miglior qualità del prodotto. (…). [Wikipedia]
Fasi
della lavorazione
L'allevamento
dei bachi da seta (bachicoltura) era affidato a contadini
e mezzadri. I bozzoli erano raccolti nella filanda, stufati,
essiccati in forno in modo che il calore uccidesse il baco
per evitare il foramento del bozzolo con conseguente rottura
della bava,
e trasformati in filato attraverso queste fasi di lavorazione:
-
cernita,
i bozzoli venivano scelti dividendoli per qualità
-
spelaiatura,
eliminazione della peluria che circonda il bozzolo
-
scopinatura,
operazione che permette di trovare il capo della bava,
viene svolta mettendo il bozzolo a bagno in vasche con
acqua a 75-80 gradi, che scioglie la colla (sericina)
che lo tiene unito; con uno scopino si acchiappa quindi
il capo
-
trattura
o,
impropriamente, filatura, srotolamento della bava che
veniva arrotolata su di un aspo
-
imbozzimatura,
trattamento con sostanze oleose
-
incannaggio,
trasferimento dalle matasse degli aspi ai rocchetti
-
binatura,
accoppiamento di due o più capi per
ottenere un filo di dimensione sufficiente
-
torcitura,
torsione dei fili per renderli resistenti
-
sgommatura,
lavaggio del filato
-
carica,
reintegrazione dei principi persi durante le fasi di lavorazione.
Il
lavoro della filanda – come in quella di Cellatica (Brescia)
in Franciacorta, opificio nel quale, nei primi anni trenta,
iniziò a lavorare anche la fanciulla Marianna Piardi
(Gussago,1919 figlia di Achille Domenico del 1880), che tuttavia
abbandonò presto poiché troppo insalubre per
una ragazzina della sua età (1) - era svolto principalmente
da giovani donne e da bambine, che venivano chiamate filerine, filandere.
I turni erano pesanti, potevano arrivare anche a 12-16 ore
al giorno con durissimi controlli sulla quantità e
qualità del prodotto lavorato; le filerine/filarine
venivano multate se non rispettavano tali turni. Il lavoro
era faticoso e malsano, per via dei vapori delle vasche, delle
mani tenute nell'acqua calda (80 gradi), della polvere e dei
salari da fame: per aiutarsi a sopportare queste dure condizioni
le filerine/filarine cantavano in coro. Molte sono le canzoni
della filanda che
sono giunte fino a noi, alcune sono conosciute grazie alle
interpretazioni che ne hanno dato cantanti di successo.
(…). [Ci siamo avvalsi, in parte, del testo tratto
da Wikipedia, l'enciclopedia libera].
A
Gussago (Brescia) in Via Stretta, proprio frontista della
settecentesca residenza dei PIARDI (Andrea – 1799/1854
- figlio di Adrea del 1767 da Pezzaze - Gussago 1843, ivi
dimoranti sin dagli sgoccioli, del Settecento), lavorava una
media filanda dotata di diversi fornelli di cottura, attività
che continuò sino alla prima metà del Novecento.
Dati
di base: semi da bachi e resa in gallette/galète =
bozzoli: (riferiti a un'oncia)
-
1
oncia = circa 30 grammi
-
1/8
di oncia = 4 gr. (30x1/8) = 3,75 gr. = circa 4 grammi
-
Il
contenuto di un ditale da cucito era circa 4 grammi (il
venditore però imbrogliava gli acquirenti, se poteva.
Cosa che poteva accadere ogni dove; anche a Gussago, …tanto
il venditore era quasi sempre uno solo, almeno nell'Ottocento,
negli anni a cavallo tra 1830 e 1860 era solo lui - B.R.
- a potersi recare nei Balcani onde approvvigionarsene).
La maggior parte delle famiglie gussaghesi comprava seme
per baco da seta solo nella misura di mezza oncia (mèza
onsa” o dicasi, in vernacolo schiettamente gussaghese,
anche mèzå
onså)
-
1
oncia = 50.000 uova da seme
-
50.000
semi = max 90 kg di galette/oncia, min 60kg/oncia (galettame-bozzoli)
(1).
Marianna Piardi (1919) lavorante quale filarina alla Filanda
di Cellatica in Franciacorta > https://www.piardi.org/persone/p10.htm
(Redatto
a cura di Achille Giovanni Piardi, 1.1.2021)
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