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VOLUME
I
1. presentazione
2. introduzione
3. Origine e significato del cognome
"I Piardi"
4. Piardi - Conte Palatino
5. I Piardi a Pezzaze
6. I Piardi a Gussago 1830-1832
7. I Piardi della terra mantovana
8. Glossario
PRESENTAZIONE
Da tempo andavo raccogliendo annotazioni su personaggi bresciani
appartenuti all'antico casato dei Piardi, sulle loro famiglie,
sui loro palazzi, notizie che reperivo nel corso di ricerche,
studi, interviste e testimonianze ma anche e soprattutto
nel corso delle ordinarie conversazioni con i non più giovani.
Note che a mano a mano hanno riempito diversi fogli, che
ogni tanto aggiornavo, completavo ed integravo. E nel tempo
che il lavoro di ricerca proseguiva, e questi personaggi
mi diventavano sempre più famigliari, non ho potuto fare
altro che pensare a quellovvia affermazione di Trilussa
(Carlo Alberto Salustri 1873-1950, poeta romanesco).
Ma certo, i personaggi delle famiglie Piardi e di quelle
con loro imparentate che hanno lasciato i loro nomi ad alcune
case, cascine e vie, il loro stemma sui portali, pur se
la conoscenza delle loro esistenze è "retaggio"
di studiosi, sono stati un giorno uomini veri, con le loro
vicissitudini quotidiane, non sempre passate alla storia
anche se avrebbero sicuramente meritato.
Assieme ai Piardi ho trovato qualcosa anche delle famiglie
con loro imparentate; famiglie originarie del luogo o provenienti
da tante parti d'Italia ed alcune dall'estero, di formazione
antica o recente, che nel lungo e lento scorrere degli anni
hanno dato personaggi più o meno famosi, alcuni celebri,
più o meno integerrimi, alla storia sia locale sia nazionale.
Addirittura qualche personaggio ha avuto ruoli dimportanza
anche all'estero, sia al servizio di stranieri, sia come
incaricati di Stati italiani, anticipatori di quella genialità
ed intraprendenza che è caratteristica della gente lombarda,
bresciana, bergamasca e mantovana in particolare. E con
la fama del loro nome, penso, sarà arrivata anche la fama
del loro luogo natale, e ci fa piacere pensare che il nome
di qualche paese bresciano, in particolare Gussago e Pezzaze,
ma anche Bergamo, Brescia, Venezia, Verona, Mantova, quanto:
Cizzolo, Viadana, Sabbioneta e Pomponesco, sia risuonato
in quelle corti europee o nei salotti di capitali importanti,
ammantato dal ricordo del dolce sole, delle colline, delle
montagne e dei vigneti nonché delle estese pianure e Piarde
mantovane.
Altri Piardi invece sono citati solo momentaneamente forse
casualmente in qualche documento, per poi ritornare nel
nulla.
Anche le famiglie hanno seguito destini diversi: alcune
sono estinte, di altre sopravvive il nome in alcuni eredi
sparsi, altre hanno continuato vigorose a fornire nomi di
spicco nella storia, nella politica, nell'arte, nella chiesa.
Molti sono, infatti, i sacerdoti dorigine pezzazese
dal cognome Piardi, ma anche da Gussago. Così dicasi anche
da parte dalcuni figli dei casati con i Piardi imparentati.
Questa ricerca non vuole essere uno studio approfondito
sui motivi di questi diversi destini, né si assume il compito
di distinguere quelle maggiori da quelle minori, concetto
questo antistorico, dato che, come detto, tutte le famiglie
hanno portato il loro contributo allo svolgersi della storia
nel corso di almeno cinque secoli.
Di alcune delle circa trecento e più famiglie legate ai
Piardi si dirà poco, in proporzione alla loro importanza,
tale da meritare volumi, di altre sarà solamente un riportarle
fuori dall'oblio del tempo.
Ricerca che non vuole essere considerata terminata, nemmeno
fine a se stessa, ma stimolo per ulteriore ricerca atta
ad ampliare e completare le notizie riportate.
Il lavoro in fase di ricerca
è parso interessante a molti intervistati, ciò mi è stato
di stimolo a proseguire nell'ardua impresa. Lidea
nacque la sera dellantivigilia di Natale del 1977,
in Barcala di Benegas Godoy Cruz zona del Gran Mendoza
Argentina, in casa dei coniugi gussaghesi Isabella
Palmira e Pietro Piardi, miei zii, nativi di Gussago.
Zia Isabella incominciò a dar corso, quasi improvvisamente,
alla elencazione della parentela Piardi, così come ebbe
a conoscerla dopo il matrimonio con Pietro e larrivo
in famiglia presso il suocero Achille Domenico, oltre a
quella delle famiglie legate ai Piardi stessi. Fu necessario,
da parte mia, dopo il primo minuto di conversazione, prendere
appunti, cosa che feci immediatamente utilizzando langolo
di una pagina di un giornale locale che ancora conservo.
Poi si resero indispensabili altri fogli.
Da quel giorno cominciò a prendere consistenza lidea
di mettere assieme gli appunti di inserirmi nelle celate
conoscenze dei parenti gussaghesi ed in quelle di altri
longevi ancora in grado di raccontare e di farmi partecipe
di uno spaccato di vita gussaghese.
Pensavo, però, allorigine, alla provenienza dei Piardi
dimoranti a Gussago che da sempre conoscevo essere oriundi
di Pezzaze.
Lavviso alle famiglie di Gussago di questa mia intenzione
innescò un felice meccanismo tale che in breve tempo ottenni
notizie inerenti anche i Piardi residenti a Milano ed in
altre province, oltre, ripeto, a quelli di Pezzaze e di
Brescia, questi ultimi tutti originari di Pedade.
Il timido annuncio dellidea che coltivavo inviato
a Giacomo Osvaldo di Brescia, mercè la segnalazione calorosa
fattami dallamico Sergio Della Torre, valtrumplino
e collega di Giacomo Osvaldo, dallo stesso subito calorosamente
accolto e la diffusione dellavviso, magari rinnovato
nel tempo per più volte, ha alimentato la fiammella trasformandola
in un grande falò. Notizie che così hanno iniziato ad arrivare
da ciascun "Crot", ragazzo imberbe, di una volta,
come si diceva un tempo a Pezzaze.
Vinta la iniziale diffidenza degli schivi pezzazesi, soprattutto
da quando cominciai a recarmi nella conca dei Piardi ai
piedi del Guglielmo, del Pergua e del Monte di Mondaro sotto
il vecchio ed il nuovo tempio di SantApollonio Vescovo,
sono stato, potrei dire, quasi travolto dallidea soprattutto
quando ho potuto parlare con alcuni di essi, in particolar
modo con Faustino Secondo Viotti, el Secondo per chei
de Pesase, di Rita, di Carla figlia di Milo e di altri.
Qualche mese dopo Rita mi confessa che quando mi presentai
per la prima volta sulla porta della sua bottega, salutando,
ebbe la netta sensazione che lavventore fosse suo
zio Faustino - Bortolo dei Mafé, padre di Don Gian Piero
di Susa. Infatti, continua Rita, dissi dentro di me, ghè
che l dio Burtul!
La somiglianza, alla luce delle fotografie di entrambi scattate
in gioventù, è eloquente.
Sono stato a visitare anche moltissimi dei luoghi mantovani
da dove vengono i Piardi del Piardo nativi delle vecchie
terre golenali del Po a partire da quelle di Pomponesco
e da quelle di espansione di Cizzolo di Viadana nonché di
Sabbioneta e di quelle dellOltrepo a Gualtieri. Da
qui e da Milano, in particolare dallIng. Paolo, sono
giunti dati, notizie ed incoraggiamenti.
I ricordi del passato, anche quello lontano, tramandati
oralmente di padre in figlio, arricchiscono di continuo
la memoria collettiva, permeando gli animi e contribuendo,
in tanti casi, a improntare, in un modo piuttosto che in
un altro, i rapporti tra i membri di una comunità. E
perciò con immenso, impensabile piacere che mi sono recato
ogniddove ad ascoltare, a raccogliere testimonianze da Achille
e Rico dei Runcù, da Giulia e Maria Marietta, da Secondo
un infinità di volte e sempre con maggior piacere ed interesse
e da tanti altri i quali sapevano dei Piardi e sui Piardi
e con essi le interviste sono avvenute in schietto dialetto
dè Güsac o dè Pedade.
Il lettore giudicherà scolastico, anche un po
confuso, il modo col quale questa ricerca viene presentata
e magari con errori.
Un po di verità in tutto ciò può esserci, tuttavia,
sottolineo, che si tratta di appunti, pertanto, da riordinare.
Con laiuto della memoria collettiva e di documenti
pubblici e privati ho inteso ricercare la traccia lasciata
dai Piardi e dalle famiglie con essi imparentate.
Ho annotato, anche, evidenziandoli, il succedersi degli
avvenimenti nazionali certamente non ininfluenti allevolversi
della vita nazionale con ricaduta più o meno evidente anche
sulla crescita dei Piardi del Mantovano, del Bergamasco,
dei Pezzazesi e di quelli di Gussago. Così che, per aiutare
il lettore, ho, in I Piardi a Pezzaze, a Gussago e della
terra mantovana delle piarde, proposto una lieve traccia
di sentiero di vita, magari soffertamente, ma serenamente
vissuta.
Spero, anche, mi venga in soccorso il noto aneddotto relativo
ad uno spirito pionieristico scoraggiato dalle frequenti
critiche in aiuto del quale giunge il maestro per dirgli:
"Ascolta le parole del critico, egli rivela ciò che
i tuoi amici ti nascondono". Ma il maestro, ancora:
"Non lasciarti abbattere da ciò che il critico dice.
Nessuna statua è mai stata eretta per onorare un critico.
Le statue sono per i criticati".
Rammento che non solo non sono uno storico, e nemmeno posseggo
cognizioni di paleografia o di archivistica storica, nemmeno
ho conoscenze in rogazione antica di atti.
Son semplicemente un ex studente lavoratore. Sono stato
un impiegato, uno dei tanti vituperati, molte volte a torto,
servitori dello Stato, frequentemente lasciati a sé stessi
affinché gli organi di informazione abbiano schiene su cui
battere la sferza tra gli applausi delle sprovvedute genti.
Quando pensavo di terminare il lavoro di ricerca sono stato
amabilmente ricevuto, cordialmente intrattenuto, da Monsignor
Masetti Zannini e poi dallo stesso amorevolmente seguito
nella ricerca e nella lettura dei documenti custoditi dallArchivio
Storico Diocesano di Brescia. Quelli del XVI secolo della
parrocchia di Lavone e di quelli risalenti al 1492 per Pezzaze.
Documentazione molto pertinente alla vita dei Piardi. Si
riscontreranno diverse affermazioni o detti e modi di dire
dialettali bresciani, molti nemmeno tradotti per non privarli
di pregnanza bresciana (valtrumplino pezzazese o
gussaghese) risultando perciò quasi incomprensibili a coloro
che non sono nati nella provincia della Leonessa dItalia,
pazienza. Il bresciano è così, un po ostico, del resto
lo stesso Dante Aligheri ebbe modo di giudicarlo "yrsutum
et yspidum" e non vi ho messo impegno per smentirlo.
Concludendo, questa ricerca potrà essere rivisitata e riproposta,
anche con altra veste, corretta ed aggiornata, non appena
ci sarà stato consentito laccesso agli archivi parrocchiali
di Pezzaze e di Gussago ed a quello storico del comune valtrumplino
patria dei Piardi ed anche quando altri Piardi, mantovani
e reggiani, valtrumplini e gussaghesi e della bassa bresciana
mi avranno mandato, ancora, notizie in loro possesso e mi
chiederanno di entrare in casa loro per un colloquio. Quando
sarà terminato lesame dei documenti custoditi presso
lArchivio di Stato di Brescia. Spero di essere riuscito
nellintento di mettere assieme alcune piccole tessere
tese alla ricomposizione umana del grande e multicolore
mosaico delle famiglie del casato Piardi.
Mi piace, a questo punto, concedere spazio, uno per tutti,
allincitamento ricevuto da una donna, prendendo a
prestito le sue precise parole: "Ghè tègne prope chè
l naghe n nacc co la storia perché sé pasa amò
ventiquatrure n sa piö negot dè nüsù!" (Rita,
figlia di Maria Piardi dei Mafé). Credo di aver esaudito
il desiderio di Rita, con questa dispensa per uso famiglia.
Potrei terminare ed infatti è così.
Il lettore che non si è annoiato può passare alla successiva
introduzione
completamento della presente.
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INTRODUZIONE
La ricerca e l'origine del Casato, non si riferisce alla
ricerca genealogica né costituisce attribuzioni parentali
con cognomi omonimi la quale comporta ricerche e documentazioni
anagrafiche, ma alla ricerca del Casato nel senso Araldico,
quella cioè che racconta le gesta, la gloria, il
valore, la nobiltà e gli stemmi delle famiglie riconducibili
alla stessa radice cognominale. Per luogo d'origine della
famiglia deve intendersi genericamente, salvo rare eccezioni,
non la provenienza genealogica, bensì il luogo storico
dove ebbe origine la titolatura nobiliare.
Questo è ciò che si è tentato di fare
nel corso di questa ricerca e comunque si è creduto
opportuno annotare, ove disponibili, notizie inerenti i
casati con i quali i Piardi sono venuti ad imparentarsi.
Quanto sopra detto rimane fermo, tuttavia evidenziamo che
qui nella ricerca si è tentato di rintracciare tutto
quanto è stato possibile sul casato Piardi, sui parenti
e gli affini proprio a dimostrazione che i Piardi delle
Piarde mantovane, delle montagne valtrumpline, dei bergamaschi
al servizio della Serenissima Repubblica di Venezia e dei
vignaioli gussaghesi sono stati, sempre, determinati ed
alcune volte determinanti, seppur con alti e bassi nel loro
ambiente naturale di vita.
Gente apparentemente irascibile, "biluss" in dialetto
bresciano, ma pronta, perspicace, lungimirante, attiva,
sul piano individuale e su quello sociale più ampio
dando vita in tempi passati ma anche recentemente a cappellanie,
facendo sentire la loro presenza nelle vicinie, nelle opere
di carità, tanto utili quanto indispensabili in particolari
momenti di crisi economica spesse volte presentatisi, con
scopi di assistenza e beneficenza così disponendo
in vita ed ancora in vita al momento di esprimere le ultime
volontà od anche da
passati a miglior vita.
Le dimostrazioni in tal senso da parte dei Piardi sono molte.
Quanto è stato raccolto lo dimostra a piene mani
basta prendere visione delle poche righe stese nel glossario
con riferimento alla voce legata al nome di battesimo di
ciascuno di essi.
Ciò vale per personaggi importanti e anche per quelli
meno noti, sia per testimonianza derivante da atti e rogiti
ma anche da testimonianza diretta di parenti, amici, nipoti
e pronipoti che abbiamo potuto intervistare e che con gioia
abbiamo annotato come contributo tangibile ancora vivo negli
animi e nel ricordo.
Insomma la forma del falò, come detto in presentazione,
non è debordata anzi, subito, si è capito
che il materiale minimale per partire lo avrei avuto e lo
avrei raccolto col contributo essenziale della gente, quella
semplice, dai Piardi, dai loro parenti o conoscenti e dagli
affini al casato.
Non è mancata, comunque, la testimonianza da parte
degli estranei ai quali, i Piardi erano e sono ben noti.
Ciò che io desideravo, quello di fare una "storia"
con gli stessi protagonisti o con i loro discendenti, con
le loro idee, le loro vite, i loro ricordi, ed anche sulla
base di quanto poteva essere stato loro tramandato, si andava
concretizzando.
Ciò è stato fatto e ciò è stato
possibile sia a partire dalla ricostruzione genealogica
delle famiglie e di quella parentelare quanto della breve
quanto semplice, piccola, storia, ove ci è stato
consentito, di ognuno dei trascorsi avi, dei genitori e
di ciascuno di noi stessi ancora qui a poter, per fortuna,
raccontare. Sono stati annotati anche molti dati ufficiali
ma questi sono venuti dopo, dopo aver acquisito lo sforzo
delle famiglie, magari pungolate, e quello di alcuni indispensabili
volenterosi. Ne è uscita una storia, anzi, mi scuso,
appunti per una storia, nemmeno con la "esse"
minuscola, ma certamente una traccia per una storia che
qualche capace storico forse potrà, un dì,
utilizzare. Per questo ho chiamato la mia ricerca semplicemente
"I Piardi" poiché così meritano
le generose anime di questa grande famiglia, sottotitolandola
"Appunti per la storia del casato".
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ORIGINE
E SIGNIFICATO DEL COGNOME "PIARDI"
Operando sullo studio dell'origine del nome va ricordato
come il cognome può avere subito variazioni dialettali,
forme contratte, diminutivi, lenizioni, errori dovuti ad
errata trascrizione. Piarda è termine in uso già nel 1200,
derivante dall'antico francese "piarde", zappa. Piarda è
detta anche la zona pianeggiante compresa tra l'argine e
il letto del fiume, con particolare riferimento alle golene
del Po. A quanto asserisce P.E. Tiboni il nome deriva da
"piarda" denominazione data alla porzione di vena di ferro
che un minatore cavava e portava fuori in una giornata di
lavoro; "piardello" indicò in seguito una porzione di monte
che il comune dava in affitto. (Enc. Bs = Enciclopedia Bresciana
di A. Fappani, Editrice La Voce del Popolo) Piarda è anche
termine dialettale bresciano appartenente, appunto, alla
terminologia delle miniere. Si veda, a tale proposito, alla
voce Piarda del Glossario. Piardi può anche essere verosimilmente
originato da Piacenti sul quale sono state rinvenute notizie
storiche e araldiche in Firenze ed in Toscana. Qualcuno
ricorda l'esistenza di un certo Piardo o Piurdo (della zona
della Noce in città di Brescia) del secolo XIII quale esponente
della vita cittadina. Quando l'8 marzo del 1252 si stipula
a Brescia la Federazione Lombarda uno degli esponenti, con
Griffolino dè Griffi e Pietro di Capodiponte, delegati a
rappresentare il Comune cittadino nell'Episcopio di Brescia
è Piardo della Noce. (Enc. Bs.) Altri lo fanno derivare
da Pardo ... indi Pardi e poi Piardi. Secondo un recente
studio compiuto da Isabella Piardi, di professione farmacista,
appartenente ad un’originaria famiglia sorta a Pomponesco
(Mantova) passata poi a Sabbioneta (Mantova), il cognome
deriverebbe da quello di un ufficiale spagnolo che ebbe
in assegnazione, per meriti di servizio, larghi appezzamenti
di terreno comprendenti anche le "piarde del fiume Po" nella
zona di Pomponesco e che portava il nome di Iacomo del Piardo
(1520). L’assegnazione delle terre potrebbe fors’anche risalire
addirittura a suo padre, anch’egli ufficiale spagnolo. La
Spagna già presente sul suolo italiano da diversi decenni
e da tre secoli, con gli Aragonesi, su quello siciliano,
ottiene con la Pace di Cateau-Cambrésis – 1559 – tra Francia
e Spagna, il predominio politico militare che durerà per
altri 150 anni circa. Si veda alla voce "Dominazione Spagnola"
del glossario. Dai registri parrocchiali della zona di Pomponesco
risulterebbero molte famiglie col nome di "Della Piarda"
o "Dalla Piarda", derivanti, appunto, dal cognome assunto
in origine da Iacomo proprietario delle piarde del fiume,
perciò terreni del Piardo, da cui Iacomo del Piardo. Giungere
a Piardi il passo è breve. (Studio di Isabella Piardi da
Sabbioneta). Ma ancora, in atti e documenti originali custoditi
dall’Archivio Storico Diocesano di Brescia dell’anno 1644,
datati 29 febbraio, per una controversia in Pezzaze, si
legge più volte il cognome Piardi ovvero Piardo unito al
nome di certo Batistino, di Tadeo Piardi quondam Turinu,
Gio.Angelo Piardo q. Franc.o, Zanolino Piardi e Bono di
Piardi. Inoltre il cognome Piardo, forse singolare di Piardi,
appare relativo a Franciscus e Antonio in documento del
29 agosto 1696.
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PIARDI - CONTE PALATINO
PIARDI - CONTE PALATINO SECOLO XVI - XVII - C O N T E
1568 - 1750
Origine bergamasca. Famiglia oriunda di Bergamo. Ottenne
il riconoscimento dell'antica sua nobiltà con decreto ministeriale
28 marzo 1927, per aver appartenuto al "Maggior Consiglio"
della città di Bergamo. Il Capostipite Orazio, "Magnificus
et nobilissimus dominus", figlio di Giacomo, già maggiorenne
nel 1589, sposò una figlia del Signor Cristoforo De' Mangillis,
detto Cavaliere di Carvico, che con la donazione di tutti
i suoi beni all'Orazio Piardi, accrebbe il già notevole
patrimonio dello stesso Orazio. Da Orazio nacque Venanzio
che trasferì la famiglia a Venezia, conservando la cittadinanza
di Bergamo. Venanzio, insieme al fratello Claudio ed ai
di lui figli, si dedicò ai traffici, fondò una grande azienda
commerciale esercitando una vasta mercatura con l'oriente.
Ebbe, il Venanzio, dalla Repubblica Veneta importanti incarichi,
coprì cariche pubbliche, riportandone chiara considerazione
e molti onori. Figlio di Venanzio fu il Gio.Giacomo Piardi
che nel 1639 contrasse matrimonio in Bergamo con la nobile
Elena Biffi figlia di Gerolamo, continuando, a Venezia,
l'azienda paterna, allargando ed ampliando i traffici, fondando
succursali a Zara, al Cairo ed a Costantinopoli. Accrebbe
notevolmente le ricchezze della famiglia oltre a quelli
che la stessa possedeva in molti beni immobili in zona di
terraferma veneta, anche a Bergamo e provincia, in particolare
a Carvico, a Ponte S. Pietro, Chiuduno, Trescore, Carobbio
e Gorlago.A Gorlago, Bergamo, circa un secolo dopo (1750),
un pronipote del Venanzio Piardi trasferì definitivamente
la famiglia. (Si veda alla voce "Conte" del glossario).
1584 Ramo veronese di derivazione da quello bergamasco.
Nobile famiglia veronese, che figura nel campione dell'estimo
dal 1584, ma che non fu ascritta al Consiglio della nobiltà
che nel 1747. 1653 Famiglia che figura nel campione dell'estimo
di Verona fino dal 1653 e che dal 1707 godeva del titolo
comitale per concessione veneta ma che non fu ascritta al
Consiglio Nobile di Verona che nel 1782 nella persona di
Gio.Francesco. La famiglia aveva giurisdizione sopra la
terra di Pigozzo ed è iscritta nell'elenco ufficiale italiano
con titoli di Nobile dei Conti Piardi (M e F) e Nobile (M
e F). Pigozzo è, ora, frazione pedemontana della città di
Verona. Già alla fine del XV secolo, tuttavia, una famiglia
Piardi emigra in quel di Pezzaze di Val Trompia con certo
Giovanni presente nella conca di Sant’Apollonio quando vi
erano ancora boschi di conifere a coprire le pendici degli
oggi "pelati monti", già nel 1487 (?). (Per un ampio significato
della figura di Conte si veda alla voce del glossario).
CONTEPALATINO 1688 – 1696 ANTONIO Piardi, Conte Palatino
Antonio - medico di grido ebbe dall'Imperatore Leopoldo
nel 1688 la nobiltà del S.R.I. (Sacro Romano Impero) e dallo
stesso Imperatore nel 1696 il titolo di "Conte Palatino
ereditario per primogeniti". Si veda anche glossario alla
voce "Conte Palatino". Antonio è il primo dei conti Piardi
a fregiarsi di detto titolo, con lui e da questo momento
i Piardi sono "Conti Palatini". La Famiglia fu confermata
nell'avita nobiltà con S.R. (Sigillo Reale) del 1829. La
Famiglia è iscritta (a tutt'oggi 1995) nell'Elenco Nobiliare
Ufficiale Italiano col titolo di "Conte Palatino (M)" e
"Nobile (M-F)" in persona di Giuseppe con dimora in Verona,
nel territorio di Pigozzo, ora frazione del comune di Verona,
dal momento che al casato, da parte della Serenissima Repubblica
di Venezia nel XVII secolo, fu assegnato il titolo di "Signori
di Pigozzo". Vedi. Tanto racconterebbe l’Araldica. (Per
il significato della figura regale di Conte Palatino si
veda alla voce del glossario). 16.. - Ramo toscano. (?)
Secondo una recente ricerca risulta che in Firenze ed in
Toscana la famiglia Piardi possiede solide radici storiche
quale antica e nobile famiglia di questa Regione. Il fatto
che del ceppo Piardi sia nota l'origine, indicata dai testi
in Toscana, rivela come abbiano sentito l'esigenza di legarsi
ad una datazione dell'origine storica, o della sua collocazione
in territorio, al fine di perpetuare il fasto, le gesta
ed il valore della famiglia. Può risultare utile ricordare
che è solo con l'inizio del XV secolo (1400) che si fanno
più frequenti le concessioni di titoli a persone e famiglie
non provviste di Feudo. La conferma della dimora certa della
famiglia Piardi in Firenze viene quindi a provare come ci
si trovi di fronte ad un casato che seppe legittimamente
innalzare per diritto la propria arme al rango di Nobili.
Del casato Piardi in Firenze, la corona di pertinenza è
formata da un cerchio d'oro, puro, rabescato, brunito ai
margini, sostenente otto grosse perle in giro, di cui cinque
visibili, posate sul cerchio. Il blasone è la lettura dell'arme
e nel caso della famiglia Piardi è partito (diviso in due
spazi); nel primo d'azzurro, a tre gigli d'oro, posti fra
i quattro pendenti di un lambello di rosso; nel secondo
di rosso, ad una torre d'oro, accostata da un leone d'argento.
Gli stemmi, come si sa, semplici in epoca antica e con un
numero limitato di figure, si complicano in seguito, con
ripartizioni e maggiore varietà di figure, colori ed ornamenti.
Nel caso dello stemma della famiglia Piardi di Firenze,
la prevalenza dell'azzurro rappresenta la devozione, la
fedeltà, la castità, la giustizia, la santità, oltre alla
bellezza, la nobiltà, la fortezza, la vigilanza, la vittoria,
la perseveranza, la ricchezza, l'amore per la patria, il
buon augurio, la fama gloriosa. E' il simbolo dell'aria
e dell'acqua. Vedi anche alla voce Blasone del glossario.
1920 Rami piemontesi, di derivazione, proveniente da Pezzaze
a partire dal 1946 ed ancor prima da Gussago a decorrere
dagli anni venti. Della famiglia Piardi esistono alcuni
rami dimoranti in Piemonte. Che vi fosse un ceppo anche
ad occidente, verso il confine francese, avevamo avuto notizia
da alcuni decenni. Infatti, sin dagli anni venti, Ernesto
Faustino da Gussago, figlio di Nino Angelo e di Bianca Carolina
Inselvini, si trasferisce in provincia di Cuneo e forma
la sua famiglia avendo due figli maschi e due femmine; vivono
a Brà. Nel corso del 1995 e poi anche per il 1996, la stampa
nazionale si è occupata di fatti accaduti in alcune località
della Val di Susa, in questo contesto certa stampa nazionale
ha preteso far salire alla ribalta della cronaca il parroco
di Sant'Evasio di Susa. Don Gian Piero Piardi, figlio di
Faustino detto "Burtul" ivi emigrato dopo la seconda guerra
mondiale col fratello Giuseppe, della famiglia dei Mafé
di Pezzaze. Don Gian Piero è in Val di Susa dal 1946, essendo
figlio di Faustino il quale vi era arrivato sin dal 24 aprile
1946 quando Faustino chiamò a sé da Pezzaze l’intera famiglia
che già comprendeva il primogenito poi ordinato sacerdote.
Infatti, Faustino Piardi noto come Burtul, già dimorava
in Val di Susa dopo un mancato tentativo d’espatrio per
motivi di lavoro essendo stato respinto alla frontiera francese.
Della stessa famiglia che ricordiamo essere quella dei Mafé,
fa parte Giuseppe, fratello di Faustino, anch’esso chiamato
in Val di Susa e che rimarrà nel segusino sino all’età della
pensione crescendovi la famiglia per poi fare ritorno a
Pezzaze. Le famiglie si sono poi distribuite nel torinese
e nel segusino in particolare. La sposa di Faustino continua
a vivere a Susa con il figlio Sacerdote mentre quella di
Giuseppe torna a Pezzaze ove dimora. Altri rami. Alcuni
altri Piardi, sempre originari di Pezzaze si diffondono
in varie zone geografiche d’Italia, come, ad esempio, quella
di Genova ove si sono diffusi nella regione e sconfinando
anche in Francia, zona di Nizza e Grasse (Dipartimento delle
Alpi Marittime francesi), di Gap e Lione, di Milano e della
Valtellina, nonché in quella di Bergamo. Questi Piardi sono
soprattutto frange della grande famiglia pezzazese che tra
la fine del XIX e l’inizio del secolo XX sono partite dalla
Val Trompia, iniziandone la diaspora, in cerca di migliore
fortuna a seguito della crisi delle miniere. Vi è traccia
anche di Piardi nati nel savonese ed anch’essi trasferiti
poi in Francia a Nizza e dintorni. Ramo (o forse origine)
mantovano Chiara è la lettura della evoluzione di questa
famiglia sorta a Pomponesco se si presta attenzione al prezioso
studio operato dalla dottoressa Isabella Piardi da Sabbioneta,
studiosa del suo, del nostro, casato, per qualche tempo
farmacista anche a Pomponesco, antica cittadina sull’argine
sinistro di Po.
Si veda anche I PIARDI della terra mantovana.
top
I PIARDI A PEZZAZE
Pezzaze: comune della media Valle Trompia, si estende sulla
destra del fiume Mella a partire dal fondo della valle in
cui si trova la frazione Lavone, per salire fino alle alture
circostanti tra cui quella della Colma di San Zeno e l'omonimo
Passo ad ovest. Diverse sono le località comunali tra le
quali quelle più alte: Monte Pezzaze, Avano, Savenone, Canei;
mentre su di un pianoro molto ondulato sorgono gli abitati
di: Stravignino (Straignì), Mondaro (Mondér) e Pezzazole
(Pesasöle). Peza, balansa. Pesa, bilancia, sarebbe meglio
dire stadera. Pezzaze, infatti, ha per stemma comunale la
raffigurazione di una bilancia chiamata comunemente peza,
trattasi, appunto, di una stadera, per la pesa di alimentari
e derrate. A Stravignino, ad un’altitudine di 625 metri
s.m., troviamo la sede del Comune e la Chiesa Parrocchiale.
Alle su accennate località dovremmo aggiungerne non meno
di altre venti, ci limitiamo, però, ad indicare di seguito
il nome di alcune di loro in italiano e fra parentesi la
corrispondente pronuncia dialettale: Eto (Et), Aiale (Aiàl),
Lavone (Laù), Monte (Mut). Maffessini, Maffecini, Bonassi,
Bonassini, Brine, Mafé, Pélès, Catanì, Cansonète, Pepe (i
dotti), Piardù, Codése e Ciong, questi sono i soprannomi
in uso per definire a Pezzaze le diverse famiglie Piardi;
forse non sono nemmeno tutti, potremmo, infatti scoprire
ancora altri scötöm quali, l’ultimo in ordine di tempo:
Cansonète. Oggi se ne distinguono solo alcuni, precisamente:
Brine, Mafé e Valì, Pélès ora emigrati, di cui ancora ne
è fatto uso. Per un ampio panorama su Pezzaze si veda alla
specifica voce del glossario di questa ricerca. Piardi,
nome particolarmente diffuso a Pezzaze e dintorni. Già nel
XV secolo i Piardi si distinguevano con diversi soprannomi,
come abbiamo già accennato, e numerose sono, pertanto, le
famiglie con tale nome, alcune delle quali diedero, successivamente
alla chiesa sacerdoti di grande rilievo; i primi ad uscire
dal paese natale per assumere la responsabilità della Parrocchia
a loro assegnata. In atti e documenti originali custoditi
dall’Archivio Storico Diocesano di Brescia dell’anno 1644,
datati 23 e 29 febbraio, per una controversia in Pezzaze,
si legge più volte il cognome Piardi ovvero Piardo unito
al nome di certo Batistino, di Tadeo Piardi quondam Turinu,
Gio.Angelo Piardo q. Franc.o, Zanolino Piardi e Bono di
Piardi. Ancora presso l’A.V. Bs. (MT b. 24 – Pezzaze) in
un documento del 6 ottobre 1646 si legge dei Piardi antichi.
Nel documento, Richiesta di dispensa matrimoniale, datato
29 augusti 1696, si legge di Antonium Piardum, Franciscus
Piardus ed ancora Antonio Piardo suo figlio, quale promesso
sposo di Maria Della Lunga, ambedue vedovi. Una famiglia
Piardi, quella di Andrea Catanì, si trasferì a Gussago ed
ebbe proprietà anche in Rodengo a Padergnone ed in Saiano
assieme a quelle possedute da Gio.Maria Piardi e Gio.Maria
Piardi (figlio) del 1845. Di questa famiglia ebbero rilievo
Giovanni Battista (vedi) patriota, che fu allo Spielberg;
Angelo (morto a Gussago il 17 giugno del 1876 all'età di
72 anni e che il giornale "Sentinella Bresciana" definiva
"Colto, studioso, benefico e santamente liberale"); Don
Angelo (1806/1876) ritiratosi a Gussago; Don Giovanni Battista
(1829/1903); Don Geremia (1860/1926). Oltre a questi, numerosi
altri furono i Piardi sacerdoti, appartenenti ad altre diverse
famiglie, come: Don Giovanni (1699/1761), Don Giacomo (morto
l'11 aprile 1782); Don Andrea (Pezzaze, 1776 - Gussago,
1833) che in morte, aggiungeva ai lasciti del padre, che
aveva dato vita alla Cappellania della Beata Vergine del
Rosario, sue proprietà in Plagne e Dosso Rizzino e la casa
per il cappellano di Stravignino; Don Ermenegildo (1781/1835)
parroco degnissimo di Casaglia di Torbole; Don Antonio (1801/1880)
parroco, prima a Pezzaze, e poi a Rodengo per vent’anni,
ed altri ancora. Da ricordare anche Giovanni Maria (1880)
e sua figlia Diaregina grande, recente, benefattrice a favore
del Pio Istituto Bregoli. Ambedue proprietari e conduttori
del Rifugio Piardi al Colle di San Zeno sulla strada per
la Valcamonica tramite Palot. A Pezzaze, dopo le primarie
diciotto originarie famiglie, di cui agli Statuti comunali
del 1318, e di quelli revisionati del 1529, Statuto composto
da 146 capitoli che riguardano il modo di creare i Consoli
(in numero minimo di dodici e massimo di ventiquattro);
il loro ufficio, il Governo del Comune (attraverso il sorteggio
tra i Consoli con turni bimestrali); la nomina dei Massari
incaricati delle riscossioni e dei pignoramenti; il controllo
dei molini e delle osterie; l'amministrazione della giustizia
(con obbligo di denuncia al "Maleficio" di Brescia dei reati
penali), ecc. L'ultima parte degli Statuti riguarda le acque,
gli acquedotti, le strade, i sentieri. Nel 1426 Pezzaze
passa sotto Venezia e vi rimane fedele consentendo, a quanto
si legge da più parti, un considerevole sviluppo economico
– sociale. Durante il XV secolo appaiono nuove famiglie
e sono segnati nuovi cognomi come quello dei Bregoli (citato
nel 1446, per un lascito di Francesco Bregoli al Comune);
dei Fada, presente nel 1458 con Antonio detto Frottino;
dei Richiedei (1487) che successivamente saranno conosciuti
a datare dal 1657 come Serotto e nel 1762 Serottini ma anche
Castili ed infine dei Piardi, citati con un certo Giovanni
nel 1487 e che poi assunsero vari soprannomi come: Maffecini
(1669) ed altri come meglio prima richiamati. Quando i Piardi
arrivano a Pezzaze, la popolazione del paese conta circa
mille anime, infatti, sono 1.040 nel 1493 per passare a
1.800 verso la fine della prima metà del XVI secolo (1550)
e scendere ancora a 1.470 nel 1573. Numero di anime precipitato
a 640 nel 1635 e così, quasi con stabilità, sino al 1660
subendo poi una impennata a partire dal 1690 con 1.112 anime
e stabilizzandosi, ancora, sino al 1850. Salendo nuovamente
a 1.820 nel 1853. A questa data una parte della famiglia
Piardi già era emigrata da trent’anni in Franciacorta. Nel
1871 le anime dei pezzazesi sono 1.472, lo stesso numero
di quelle registrate nel recente anno 1991. (M. Facchetti).
Secondo il rapporto di Giovanni Da Lezze per Venezia redatto
nel 1610, sono 500 gli uomini validi al lavoro su una popolazione
di 1900 anime, in Pezzaze. Oltre ai Piardi sono queste le
famiglie sempre più numerose ed operose assieme ad altre
delle quali sono state però perse le tracce che devono,
purtroppo, sopportare, da maggio ad ottobre del 1509 le
taglie gravose di lire 169,13 (circa 169 scudi) oltre alle
spese per gli armati, imposte dagli occupanti francesi oltre
a soldati mandati per ordine del luogotenente del Re Luigi
XII a Gardone, Asola, Pontevico, mentre il paese valtrumplino
accoglie profughi e perseguitati dalla città e dai territori
occupati da truppe. A tutto ciò si aggiunge nel 1512 e nel
1521, terribile, la peste e poco dopo, anche il passaggio
di Lanzichenecchi. Nel 1529 al flagello portato dagli eserciti,
napoletano, spagnolo, francese e dai Lanzichenecchi, si
aggiunge di nuovo quello della peste. (Enc. Bs). Lo storico
sacerdote Omobono Piotti (1869 – 1916) scrive che Pezzaze
si può definire il più importante centro romano dell’alta
Valle Trompia e il fatto che fosse situato lungo la cosiddetta
Strada del Ferro e collegato alla Vallecamonica per mezzo
del Colle di San Zeno, ha contribuito a questo suo ruolo
di primo piano in valle. Le universitas o comune centrale
di Pezzaze erano formate da molte piccole vicinie ed avevano
il loro centro religioso nella chiesa di Sant’Apollonio
che divenne parrocchia autonoma nel XV secolo. La vita economica
e religiosa era molto progredita e nel 1318 Pezzaze si dà
un suo statuto, uno dei primi noti in valle. Nel 1426, come
detto, troviamo Pezzaze fedele a Venezia. Il comune appoggiò
sempre la parrocchia, tanto che era capace di infliggere
multe a chi si intratteneva nel mulino con donne. Altre
pene venivano date a coloro che non solennizzavano il 22
maggio, festa dell’apparizione della Madonna di Bovegno,
e per il mese di luglio il comune istituiva la festa del
Santo patrono Apollonio, che rese poi obbligatoria. (M.
Facchetti). Si racconta che Pezzaze fosse talmente agiato
all’inizio del XVII secolo al punto che nel 1617 si permise
di stanziare 50 scudi l’anno per la celebrazione di due
messe settimanali per vivi e defunti. Nel luglio del 1630
e sino al marzo dell’anno successivo si sviluppa a Lavone
la peste portata, si dice, anche a Pezzaze "da due fratelli
pastori che erano stati al Salnitro presso Brescia con le
pecore". Pezzaze, nel corso dei secoli, almeno per quanto
ci riguarda, dal giorno della presenza dei Piardi, subisce
vicende alterne che minano la sua sicurezza, eventi tragici
come la peste del 1640, la carestia del 1649 e quella del
1654. Avvenimenti che lasciano un segno tangibile di un
calo demografico, come ricordato. (Tesi di laurea di M.
Facchetti). Si costituisce quale voto devozionale la Confraternita
della Beata Vergine del Carmine. Ivan Piardi e Pierino Gabrieli
raccontano che dopo la peste, quella del XVII secolo, quella
raccontata dal Manzoni nei Promessi Sposi, a Pezzaze fossero
rimaste tre famiglie e precisamente: Bregoli, Piardi e Bontacchio.
Inoltre, che molti stranieri o forestieri confinati in questa
valle laterale della Val Trompia, riusciti a scappare dai
lavori forzati, si racconta e si tramanda da generazioni,
fossero stati abili nel camuffarsi in loco nascondendosi
sotto il cognome, attribuendoselo, di una delle tre famiglie.
Pierino asserisce che gli scampati al morbo si sono dovuti
necessariamente accasare con donne non del posto ma forestiere
anche di altre province. Racconta, anche, che gli uomini
mentre lavoravano la terra si chiamassero da un capo all’altro
delle "piane" ubicate sui pendii ubertosi della conca di
Pezzaze, per verificarne l’esistenza in vita, al grido "go
set amò te …?". Nel 1644 in atti attestanti una diatriba
si legge il nome di numerosi Piardi, già vivi all’epoca,
come meglio annotato in Origine e significato del cognome.
Il 21 settembre del 1701 molti armati pezzazesi sono avviati
a guardia della Forcella di Gussago contro le truppe tedesche
in occupazione comandate da Eugenio di Savoia. Nei secoli
XVI – XVII – XVIII – XIX, la vita sociale a Pezzaze è molto
influenzata dallo stato di ricchezza o di povertà, il divario
tra le classi sociali è evidente e sottolineato anche nell’abituale
modo di salutare, rivolto alla persona di riguardo, laico
o religioso che fosse. Si esprimeva, infatti, sia al padrone
quanto al prete, un ossequioso quanto formale "riverisco,
servo suo", che molti anziani ancora oggi ricordano, chi
con bonarietà, altri con amarezza o stizza. Per tanto tempo
la risposta alle necessità della gente, quella povera, fu
affrontata con l’elargizione della carità e i primi interventi
da parte dello Stato furono di tipo caritativo, paternalistico,
perciò discrezionale. La fine dell’800 vede le prime forme
di assicurazione statale nel tentativo iniziale di perseguire
il cammino del diritto sociale nella salvaguardia del cittadino.
Il passaggio dallo stato paternalistico a quello di diritto
si attuò, tuttavia, molto lentamente, infatti, il vecchio
sistema, controllato dallo Stato, anche se sempre nella
forma di elargizione paternalistica, sopravvisse a lungo,
addirittura per molti anni del secondo dopoguerra. (F. M.
Tonoli – Riverisco servo suo – F. C. Bs.). Le tracce di
questa trasformazione in una piccola comunità come Pezzaze
sono state di non difficile ricerca. Facile è stato ravvisare
negli atteggiamenti e nel linguaggio dei non più giovani,
un retaggio del passato.Certi ricordi suscitano sensazioni
e alimentano umori che influenzano, anche ora, i comportamenti
della vita familiare e della comunità. Nella società antica
non esisteva una funzione specifica dell’assistenza sociale
da parte di estranei, infatti la cura dei bambini e degli
anziani, nonché dei bisognosi, era un normale aspetto del
vivere quotidiano. La sicurezza della sopravvivenza era
assicurata solamente dal gruppo nell’ambiente familiare.
(F.M.T.) I bisogni a cui la famiglia risponde sono quasi
sempre gli stessi: affetto, necessità di continuare la specie
con la prole, scambio di servizi e divisione dei compiti,
soddisfacimento dell’istinto gregario tipico di ogni uomo.
Anche la società di Pezzaze, sebbene con modalità, riti
e simbologie diverse, ha sempre attribuito valore al matrimonio
come atto con il quale un uomo e una donna prendono impegni
davanti ad una collettività, ad un gruppo. Necessario alla
formazione della famiglia nella nostra cultura religiosa
è il rito del matrimonio, perciò i pezzazesi sono attenti
nella scelta dei partner rispondenti a determinati requisiti.
Tuttavia a Pezzaze fino alla fine degli anni trenta era
abbastanza comune riscontrare matrimoni tra cugini, prassi
determinata da fattori importanti quali il controllo nella
trasmissione della terra e dei beni per evitarne la dispersione
col frazionamento. L’altro dovuto alla ridotta presenza
femminile e le difficoltà che si incontrano negli spostamenti
non permettendo di frequentare donne di altre località.
A ciò non sfuggono nemmeno i "zuenocc" Piardi anche se qualcuno
riesce a recarsi fuori dai confini comunali per una scelta
diversa. Magari solo a … Lavone, come è successo presso
le famiglie Raza e Piotti, od anche altrove, presso i Bernardelli,
i Brentana, i Dusi, i Paterlini e i Rambaldini. La scelta
di sposarsi tra cugini per mezzo di dispensa vescovile crea,
come era facile prevedere, una sorta di campanilismo, al
punto che gli estranei non vengono accettati dalla comunità
e molte volte anche cacciati in malo modo. Si coniavano,
perciò, appositi detti o modi di dire a volte anche minacciosi.
Vedi alla voce Modi di dire. La scelta del ragazzo o della
ragazza (crogia) da sposare doveva essere accettata, almeno
nei tempi più antichi, oltre che dai genitori anche dai
nonni, che in qualità di anziani avevano un enorme potere
decisionale. Così ci ricorda anche Rita più volte nelle
sue conversazioni. I Piardi, ma era una usanza comune, dopo
alcuni anni di fidanzamento praticavano il rito prematrimoniale
del "toccare la mano", meglio "ciapaga la ma a la spuda".
Il fidanzato, con i genitori, si presentava ufficialmente
alla famiglia della futura sposa portandole un regalo, così
anche a Barche di Brione quanto a Peder di Ome, a Collio
o a Civine o anche a Gussago, tanto che i Piardi di queste
località, non esclusa quella di Navezze, ben ricordano questo
rito. Con il matrimonio la sposa portava al seguito nella
casa del marito la propria dote, i genitori della sposa
prima della cerimonia, nei limiti in cui disponevano, scrivevano
la Presgial o Prediale detta anche pregiatura, atto notorio
nel quale veniva elencata la dote. Per questa particolare
usanza si veda alla voce del glossario Presgial o Biluna,
intestataria della più nota Presgial Piardi. In questo modo
i nuclei famigliari andavano sempre più ingrossandosi costituendo
le cosiddette "famiglie patriarcali". Prende corpo la figura
del "risidur", l’anziano che gestisce il bilancio e ripartisce
i compiti. Uno sguardo alla genealogia dei Piardi nati a
Pezzaze ed alla vita raccontata da Teodoro Piardi dei Cansonète
può convincere di ciò. Raramente lo sposo andava a vivere
con la famiglia della sposa poiché sarebbe stato considerato
un disonore, infatti, vigeva il detto ‘l ga tacat vià ‘l
capel! Ci furono, come abbiamo detto, periodi di grande
miseria, dovuti anche a carestie, a guerre, a catastrofi
naturali, in cui coloro che non possedevano rendite stabili
o lavori certi si garantivano la sopravvivenza creando in
certe zone particolari schiere di vagabondi in cerca di
elemosina. La moltitudine dei poveri vaganti, sempre in
crescita, andava provocando paura nella popolazione ed anche
in ciò vi vedeva il pericolo di propagazione di malattie
contagiose. Lo Stato, almeno fino al 1800, intervenne soltanto
in termini di repressione più che provvedere all’aiuto.
La Chiesa forse è sempre stata più attenta ai bisogni della
gente per motivazione ideale, infatti, sviluppò per prima
diversi interventi assai efficaci in tema di assistenza.
Il Concilio di Trento del 1564 creò una capillare diffusione
della cosiddetta Confraternita del SS.mo Sacramento che
se anche aveva primaria funzione essenzialmente di cura
del culto sempre provvide alle opere più propriamente di
carità a favore dei più bisognosi. Nacquero così le opere
di carità preposte all’attenzione dei più bisognosi e per
la distribuzione di aiuti provenienti dalla gestione della
beneficenza soprattutto quella conseguente i Legati testamentari.
Pezzaze in questo non è stato certamente secondo a nessuno.
Si diffusero anche le Confraternite del Santo Rosario dovute
ad iniziativa spontanea dei fedeli. (Vedi Don Andrea Piardi
e suo padre Giovanni Maria). Questo negli anni lontani ma
anche più recentemente, infatti, nella relazione al Vescovo
durante la visita di fine secolo XIX alle parrocchie della
Vicaria di Pezzaze, per quella che concerne la situazione
riscontrata nella comunità sotto il titolo di Sant’Apollonio
si legge: "Vi sono le confraternite del Santo Rosario con
143 inscritti; della Sacra Famiglia con 31 inscritti; di
San Luigi con n. 126 inscritti; del Sacr. Cuor di Gesù con
n. 187 inscritti; del Rosario ….; vi sono le Madri Cattoliche
inscritte in n. 115 …" da documento, dell’Archivio della
Curia Vescovile a firma del sacerdote Pietro Ghirardelli,
del 1898. In epoca napoleonica l’assistenza e l’attuazione
delle volontà, lasciate nei testamenti per scopi sociali,
venne attribuita ai comuni con decreto del 21 dicembre 1807
con nome di Congregazione di Carità che riuniva tutte le
istituzioni pur conservando, però, distinti i fondi, le
entrate, le spese. Il governo austriaco nel 1819 con decreto
del 17 luglio dello stesso anno sciolse le Congregazioni
di Carità, sostituendole, più tardi, con i noti Pii Luoghi
Elemosinieri. Nel 1859 il Regno d’Italia ricostituisce le
Congregazioni di Carità. A Pezzaze, come in tutte le comunità,
soprattutto quelle di montagna, viva era l’azione di questi
organismi, infatti, come si nota in altre parti della ricerca,
o nelle poche righe relative alla vita di ciascuno dei Piardi
ricordati nel glossario, gli stessi sono costantemente impegnati
ed attivi. Una conferma può essere rinvenuta nelle righe
di cui alla voce Bregoli (Pio Istituto). Un dato nazionale
potrebbe essere utile per capire il valore economico di
queste opere. I dati Istat del 1861 dicono che nello stesso
anno esistevano circa 18.000 opere pie con un patrimonio
che superava il miliardo di lire di allora pari a circa
un valore attuale Istat della lira di oltre cinquemila miliardi
di lire. Nel 1900 a Pezzaze esistono diverse opere pie e
si intensificano, come nel resto del territorio italiano,
infatti, ve ne erano, sul territorio del Regno, più di ventitremila.
Con l’avvento della guerra si fece più pressante l’intervento
di queste opere ed anche a Pezzaze viene istituita, tra
le tante iniziative, quella cosiddetta Cucina Economica
per preparare minestre offerte gratuitamente a secondo dello
stato di indigenza dell’assistito. La gestione è a cura
del Pio Istituto Bregoli. L’impiego di pasta, riso, patate,
fagioli, ed altre verdure, poteva contribuire ad integrare
il regime alimentare dei meno abbienti, il quale era, quasi
esclusivamente basato sulla polenta con la conseguenza di
gravi malattie come la pellagra. A Pezzaze, come in tutta
la provincia di Brescia e in Lombardia, la pellagra cominciò
a diffondersi all’inizio del 1800. La malattia era pesante
e aveva diversi stadi di evoluzione. Nel 1830 in provincia
di Brescia venne stimato in circa settemila il numero dei
malati soprattutto in seguito alla pesante carestia del
1829 segnando un calo solo nel 1833. E’ noto, infatti, che
la polenta era quasi esclusivamente il solo cibo quotidiano
e a volte lo era anche nei giorni di festa grande quando
si usava dire: "encö taiom zo la polenta col fil ros", "oggi
tagliamo la polenta col filo rosso, in segno di festa".
Nel 1833 muore a Gussago, nella sua casa di Navezze, Don
Andrea Piardi, grande benefattore a Pezzaze, figlio di Giovanni
Maria il quale lo aveva preceduto, 1821/22, sulla strada
della beneficenza. Nel 1835 muore, rimanendo sotto la sua
carrozza ribaltatasi, il possidente in Pezzaze Don Ermenegildo
Piardi parroco di Casaglia di Torbole. Nelle opere di carità
i Piardi sono sempre stati attivi come benefattori delle
stesse, fondatori di alcune di queste, o amministratori
delle medesime, raramente sono stati tra coloro che vennero
beneficati. Alcuni documenti rinvenuti ne sono la prova.
Di ciò abbiamo riportato le parti salienti nelle righe esposte
alla voce Bregoli (Pio Istituto). Secondo le testimonianze
raccolte dagli anziani, coloro che venivano beneficati dalle
opere pie di Pezzaze, dovevano condurre una vita rigorosa
senza poter cedere alle lusinghe del superfluo che, pur
in qualche sparuta occasione, il miserabile tentava. Infatti,
un bicchiere di vino all’osteria o anche un solo paio di
pantaloni nuovi, magari da fatica, era motivo di sospetto
per molti padroni e da parte degli amministratori delle
Opere. Ritenevano, infatti, che fossero dei lussi. Come
si può ben capire i bisognosi, giudicati tali, erano pochi,
ma molti erano, però coloro che si rivolgevano alle autorità
civili e religiose per far presente le proprie difficoltà,
come risulta dal carteggio, ancora conservato, presso l’archivio
storico del Pio Istituto Bregoli. In tutte le domande, dopo
la richiesta di sussidio, in denaro o alimenti o vestiario
o tela per indumenti, ricorreva l’ossequioso saluto: "servo
suo devotissimo!". Ricordiamo che, successivamente, nel
1937, le Congregazioni di Carità o le Opere Pie vennero
mutate in Ente Comunale di Assistenza (ECA). Erano pochi
coloro che potevano acquistare in bottega e per molti era
a credito. Si pagava ogni anno, dopo la vendemmia o il raccolto,
e sempre che fossero stati abbondanti, altrimenti il saldo
del conto avrebbe dovuto essere rimandato all’anno successivo,
lasciando il debitore nel disagio quotidiano di dover chiedere
al bottegaio nuovo credito con rischio che lo stesso, per
timore di non essere pagato, diminuisse la quantità di merce
venduta, lesinandola, indipendentemente dalle bocche che
la famiglia doveva sfamare. Ancora oggi a Pezzaze è invalso
l’uso del libretto della spesa, in doppia copia, con saldo
a fine mese. Rita Ferraglio figlia di Maria Piardi dice:
"Che a Stravignì na olta l’era na famia sula … se gh’era
argù de malacc se naa a troai, a portaga argot, el me ubà
ol me disia: putiga argot, l’è malat, ol pa bescot, argot
oter, en fina la legna, agliura per na polmonite se muria!".
Rita, la quale, appena la incontri non manca di narrare
episodi lieti o tristi relativi alla famiglia dei nonni
materni Piardi, anche in questa mattina (8 maggio 1998)
piena di sole a Pezzaze, racconta: "Quando la nonna Margherita
Bontacchio ci dava dei fichi secchi, era solita farci la
rituale raccomandazione:
, guardate un po’ cosa ci facevano credere!
Era così, non è che vivessimo nell’abbondanza, tuttavia, non
morivamo neanche di fame, ciò nonostante, secondo i miei nonni,
ma era così per tutti, bisognava risparmiare!." Col nonno
Giovan Maria, Rita, aveva un buon rapporto, anzi, ottimo,
lei racconta, forse anche preferenziale. "Lui sapeva che io
ero, come lo sono ancora oggi, golosa di sale, anzi, bisogna
che stia attenta quando cucino … Così che il nonno, quando
poteva, di nascosto, prendeva una presina di sale, l’avvolgeva
in una foglia di castagno, per nasconderla, e me la dava.
Sono episodi semplici, credo, tuttavia, significativi anche
per la mia vita segnata, certamente, in buona percentuale,
dall’insegnamento dei nonni Piardi. Del resto anche mia mamma
era così." La gente di Pezzaze negli anni inizio secolo XIX
ma anche negli anni venti – trenta, soprattutto nelle lunghe
stagioni invernali fortemente innevate aveva fame al naturale,
non necessitava, certo di recarsi alla nota fonte Concluaria,
nei pressi, tanto rinomata per le sue doti in tema di inappetenza
quanto per altre virtù terapeutiche e taumaturgiche … . Forse
invece pensavano, senza palesarlo, di avviarsi sul sentiero
che porta al Santèl del Prèder. Lo dimostrano gli elenchi
di coloro che a Pezzaze chiedono l’intervento giornaliero,
in tema di alimentazione di base, alle diverse opere di carità
all’epoca esistenti ed efficienti a cui la gente necessariamente
era costretta a fare riferimento. Sembra proprio che l’unica
soddisfazione fosse quella, non esclusi i Piardi, di avere
figli, sempre numerosi, "i fiöi i porta mia la miseria!".
La "proprietà" dei figli da parte di coloro che non possedevano
altro, era inconsciamente vissuta, ma non troppo, come una
provvidenza divina. Infatti, quando si chiedeva ad un bambino,
o ragazzo, detto crot, come si chiamasse si usava dire: "set
fiol de chi?", non gli si chiedeva, infatti il suo nome di
battesimo, la risposa era molto precisa e veniva indicato
in essa non solo il nome ma, anche il soprannome del genitore,
forse anche quello del nonno, al quale il padre, a sua volta,
apparteneva, sviluppando, così, un’ampia catena di legami
che rincuorava per la sicurezza di essere di qualcuno e di
un casato, per quanto esso fosse modesto. Comunque, sempre,
era un punto di riferimento. Anche tra i Piardi la nascita
di un figlio dava luogo, almeno nel passato, a un numero di
riti sostanzialmente di protezione. A Pezzaze era pratica
comune ornare, dopo il parto, la porta di casa con una corone
di spicchi d’aglio in numero dispari. Le mamme, nei giorni
precedenti il battesimo, tenevano accesa una candela vicino
al lettino per scongiurare la morte ed evitare al neonato
la discesa al limbo. (Rita Ferraglio). "Ho visto ancora anch’io"
sottolinea Rita dei Mafé "e li ho anche vissuti". In Valle
Trompia esistevano riti singolari che riguardavano la placenta,
mentre a Pezzaze non se ne ricordano. In altre zone della
provincia di Brescia, come a Montichiari e dintorni, luoghi
dove sono andati a vivere molti Piardi, il padre non poteva
assistere al parto mentre doveva provvedere a sotterrare la
placenta sotto un albero di fico. Vedasi l’accostamento tra
il latte emesso dalle foglie e dai fiori della pianta con
quello materno. Era importante avere almeno un figlio maschio
che perpetuasse il cognome della casata. La scelta del nome
di questi veniva compiuta dalla nonna paterna e dal padrino,
in alcuni casi anche dal padre del nascituro. In genere si
assegnava ai figli maschi il nome degli antenati. Il primo
figlio maschio prendeva il nome del nonno paterno, gli altri
quello dei nonni materni. (M.F.) Chi scrive, pur essendo di
Gussago, ricalca appieno questa usanza: Achille come il nonno
paterno. In più, come secondo nome, Giovanni come il nonno
materno. Molti, perciò, si chiamano come il nonno ed il bisnonno
ed anche l’avo. C’è anche qualche famiglia in cui tutti i
figli hanno come primo nome lo stesso del nonno, come detto,
per esempio quello di Faustino. Questa la tradizione, per
poi chiamarli di fatto col secondo nome o con un soprannome.
Anche i soprannomi sono assai numerosi sia a livello individuale
quanto di famiglia. Ad esempio: Raffaele (Francesco) dei Brine
detto Cino de’ Castegnacol. Vedi meglio alla voce Soprannomi
del glossario. Per i Piardi pezzazesi, l’appartenenza alla
comunità aiutava anche a sentirsi protetti, da ciò deriva
lo spirito campanilistico di tutte le comunità, ma soprattutto
di quelle di montagna, della povera gente che sempre ha manifestato
il suo attaccamento al paese. L’affezione ad un luogo particolare
del paese era tale da far sorgere l’illusione della "proprietà",
al punto che si racconta che perfino il Santuario della Madonna
di Bovegno, costruito sul territorio di Pezzaze, fosse motivo
di contesa con i due paesi confinanti, Pezzaze e Bovegno.
Una leggenda narra che i pezzazesi si recassero al Santuario
voltando la statua della Madonna verso Pezzaze poiché, secondo
loro, era apparsa per Pezzaze nella zona detta di Savenone.
Anche la parlata locale aveva ed ha la sua importanza per
sentirsi qualcuno, di qualcuno, e di una ben precisa comunità.
La stessa parlata era dunque, ed è, permeata da quei modi
di dire che sono stati tramandati di padre in figlio e che
contribuiscono, forse di più in passato, a dare certezze.
Per questo abbiamo tentato di raccoglierne qualcuno che abbiamo
evidenziato alla specifica voce Modi di dire del glossario.
La comunità basa, fin dall’antichità, la sua economia sul
commercio di legname proveniente dai boschi, sul ferro delle
miniere e sull’allevamento del bestiame. Si racconta vi fossero
circa novanta imbocchi di miniera e due forni fusori, uno
a Mondaro e l’altro in basso a Rebecco di Lavone (Laù). Qualcuno
parla ancora della "Regina" altri ricordano il filone di Zoje
e quell’altro detto della Valle del Megua. La coltivazione,
si dice prevalente, fosse quella del miglio sostituita nel
1700 con il frumento. Molti svolgono l’attività di mandriano,
anche i Piardi delle distinte famiglie. Come tali dovevano
stare attenti che il loro bestiame durante il pascolo nei
boschi non invadesse quelli recentemente tagliati, cedui,
col rischio che le vacche e gli armenti si cibassero degli
"smersi" o "smersa", germogli teneri usciti dai polloni nati
dai ceppi; o che lo stesso si recasse a bere in pozze di altrui
proprietà. Nota è la vicenda per l’uso dell’acqua in cui sono
incappati i Piardi. Si veda a tale proposito alla voce Proprietà
Piardi. Ultimamente, nei primi decenni del secolo XX, allignava
ancora la vite ed i boschi erano molto sfruttati soprattutto
per la produzione di carbone vegetale che serviva per alimentare
i forni del ferro noti come forni fusori. I Piardi detenevano
molti carbonili detti anche "aiài". Nel corso della ricerca,
infatti, ne abbiamo riscontrati molti, vedi ad esempio alla
voce Valì o Proprietà Piardi. I carbonai andavano via, nel
bosco, la primavera e vi restavano, anche con tutta la famiglia,
sino a che giungeva la prima neve (M. Facchetti – Tesi di
laurea – 1997). Anche l’allevamento del bestiame era un’attività
importante a cui i Piardi si dedicavano. Nel 1983 risultavano
ancora circa 1.800 ettari di terreno destinati a foraggio.
L’impiego dei Piardi nelle attività minerarie ed in quella
dei cosiddetti Medoli è tuttora ricordata a Pezzaze. C’era,
infatti, chi, come Gaetano, el dio Tano, lavorava giorno e
notte ripetendo il turno. Le miniere di piombo argentifero
del bresciano di Provaglio Val Sabbia, Barghe, Preseglie e
Collio furono poi abbandonate a poco a poco per la concorrenza
di altri siti in cui la produzione era più abbondante e per
lo svilimento del prezzo dell'argento dopo la scoperta dell'America
(1492). A Pezzaze, tuttavia, dureranno ancora fino al XVI
secolo, mantenute attive dal Gonzaga con maestranze tedesche,
in seguito furono chiuse. (Storia di Brescia). Nella prima
metà del XVIII secolo nasce Giovanni Maria, figlio di Bortolo,
poi munifico benefattore col figlio Don Andrea, come già detto,
personaggi più volte citati nel corso della ricerca. Nel 1780,
l’11 di giugno, i pezzazesi consacrano la loro nuova chiesa
con l’intervento del vescovo Giovanni Nani anche se già vi
si ufficia dal 14 ottobre 1766. Il primo ad essere tumulato
nel nuovo tempio è un Piardi, il sacerdote Giovanni Antonio
(1699 – 1761), lo segue nella stessa dimora eterna Giacomo,
sacerdote l’11 aprile 1772. Nel 1783, il 30 aprile, dopo il
precedente disastro ambientale ed economico del 1772, Pezzaze
è nuovamente colpita dalle alluvioni. Tali sono i danni che
Venezia "si priva" delle entrate per un decennio, però non
di tutte (macina delli dacij), e tuttavia impone l’impegno
ai Pezzazesi affinché gli abitanti del paese provvedano a
riparare strade e ponti, edifici e ripristinino le miniere
e i medoli, pena la decadenza dell’indulto concesso dal Doge.
Il comune di Pezzaze, come quasi tutti quelli di Valtrompia,
vive dei dazi (dacij) riguardanti generalmente i mulini, le
osterie, le fornerie e le macellerie. Molti i Piardi che lavorano
i terreni prativi soggetti a sfalcio detti anche segaboli,
quali quelli, ad esempio, del Pio Istituto Bregoli od anche
del comune. Questi vivono, come si usava dire, del ricavato
dall’erbatico, quel diritto di fare erba nei demani pubblici.
I segaboli sono, come noto, praticelli nei boschi, tagliati
al fine di recuperare un po’ di erba, seppure magra. A Pezzaze,
come a Gussago, alcuni Piardi sono "medoler" in quanto, come
dice il termine, lavorano al medol, medolo, cava di pietra.
Tali sono Achille e Giovanni dei Runcù di Gussago, Achille
– Francesco è Piero de la Bianca, ma anche Giovan Maria dei
Mafé. Nella seconda metà del secolo XVIII rileviamo la presenza
di altri futuri noti pezzazesi Piardi. E’ in questo periodo,
infatti, che nascono: Andrea – Catanì (1765) e Bortolo – Catanì
(177_?). L’uno padre di Andrea (1799) ed il secondo, facoltoso
padre di Domenica nota come Biluna accasata ad un Viotti.
Della Biluna è nota la sua Presgial, polizza di dote al seguito
di ragazza da marito da parte della famiglia in uso in Val
Trompia ma in particolar modo a Pezzaze. Documento di grande
importanza e di sostegno economico finanziario per la ragazza
da marito. Vedi alla voce Presgial. Il 7 gennaio 1797 l’Italia
ha, finalmente, un’unica bandiera, il tricolore. Nel marzo
del 1805 Napoleone è Re d’Italia e lo sarà sino al 1815 quando
giungono gli austriaci i quali se ne andranno soltanto nel
1859. Nel 1806 Napoleone emana il noto editto, detto di "Saint
Cloud" relativo ai cimiteri con l’obbligo di seppellire i
morti in camposanti e non più in chiesa o nei pressi del tempio.
I Piardi di Pezzaze acquistano la tomba di famiglia (vedi
alla relativa voce del glossario). Trattasi della famiglia
di Andrea Catanì (1799) figlio di Andrea (1765). Andrea (1799)
diventerà, una volta trasferito a Gussago ove sposando Elisa
Ogna avrà otto figli, il capostipite dei Piardi gussaghesi
Catanì. Nel 1822 la Biluna si sposa con Pietro Viotti e i
loro discendenti sono detti Baöse, cugini dei Frole, dei Mastrì
e dei Faüstinì. I cospicui beni di Andrea Piardi (1799 - 1854)
lasciati a Pezzaze dopo il suo trasferimento a Gussago, oltre
a tutti i restanti in Gussago e Roncadelle, con l’intervento
in giudizio dei minori tutelati dalla madre Elisa Ogna vedova
di Andrea e della figlia Teodora Piardi sposata Cancarini
sono venduti, molti anni più tardi, ed alcuni vanno ai Bontacchio
ed altri ai Viotti (vedi), questi ultimi passandoli poi al
figlio sacerdote quale beneficio ecclesiastico. Vedi Presgial.
Nella relazione alla Curia vescovile di Brescia, a firma del
parroco Richetti per l’anno 1812 si legge: "nati n. 44, morti
n. 42, matrimoni n. 11, anime componenti la parrocchia sono
n. 907. Oltre a 12 presbiteri tra cui Don Andrea Piardi compresi
due chierici studenti". Per l’anno 1810, invece, redatto il
10 gennaio 1811, lo stato del clero è il seguente: 5 sacerdoti
tra cui, quale coadiutore, il citato Don Andrea Piardi e 6
chierici. Per lo stato d’anime l’esposizione è la seguente:
"nati n. 39, morti n. 29, matrimoni n. 9, anime viventi 938".(A.V.
Bs. b. 406 – Parrocchie). Nella relazione "stato del clero"
per l’anno 1842 a firma di Don Antonio Piardi parroco, inviata
alla Curia vescovile di Brescia relativa alla sua parrocchia
quale capo della Vicaria di Pezzaze, sono segnalati, quali
presenti: Antonio Piardi parroco, Vicario Foraneo e Angelo
Piardi Cappellano confessore.(A.V. Bs.). Nel 1850 si affaccia
alla vita Angelo dei Brine e con lui altri Piardi poi noti
personaggi, quali i figli della famiglia dei Mafé di Dendó
a partire dal capostipite Giovan Maria figlio di Maffeo (1845).
Nel 1854 muore a Gussago Andrea Catanì da Pezzaze lasciando
otto figli in tenera età, il primo ha solo dieci anni. Inizia
la parabola discendente dei Piardi Catanì gussaghesi. Nel
1869 si apre il Canale di Suez, con nuove prospettive per
i popoli e l’Italia che non ha mai pensato alle conquiste
coloniali improvvisamente cerca spazi. Infattti, le Camere
di Commercio, nello stesso anno scoprono di avere un urgente
bisogno di una stazione commerciale nel Mar Rosso. Nel 1882
si comincia a patire il "mal d’Africa" con la gola del Mar
Rosso, si parte pensando ad una semplice operazione commerciale
ed invece, nel 1887, a Dogali, molti figli italiani, anche
delle nostre valli bresciane, cadono in un’imboscata perendo
in 413 su 500. Nello stato del clero a firma di Don Bruni
parroco, per l’anno 1873, si evidenzia in Pezzaze la presenza
di: Piardi Giovan Battista, Maffina Giovan Battista, Turinelli
Gio. Battista, Viotti Giovan Battista per la chiesa di Avano.
(A.V. Bs.). Nel 1882 nasce Giacom di Pélès, figlio di Francesco
di Pélès, i Sertur, il quale sposando Angela Viotti avrà da
lei undici figli a partire da Francesco del 1904 e Faustino
del 1907 i quali avranno, purtroppo, vita breve. Giacom nel
1932 pensa di lasciare Pezzaze andando a dimorare, con la
famiglia, a Calcinato. Nel 1891, il 15 di maggio, il Papa
Leone XIII promulga l’enciclica sulla Questione sociale dal
titolo Rerum Novarum. Richiama l’uomo allo spirito di carità,
critica il liberismo economico imperniato sull’iniziativa
imprenditoriale in vista del guadagno prospettando, invece,
un nuovo ordine economico che possa ridurre le disuguaglianze
sociali e dare garanzie al lavoratore per un’equa partecipazione
al frutto del suo lavoro. Indirettamente l’enciclica, però,
costituisce anche una sanzione papale alle esperienze organizzative
dei cattolici in merito alle questioni sociali. Più tardi,
solo nel 1931, con la "Quadragesimo anno" Pio XI Papa Ratti,
avvierà la cosiddetta "Instaurazione dell’ordine sociale cristiano"
ma già incalzano i nuovi eventi bellici di conquista e di
guerra. Il mese di marzo del 1896 l’Italia accusa il nuovo
colpo della disfatta africana di Adua con un migliaio di morti
tra i soldati italiani, tutti alpini al comando del Colonnello
Davide Menini oltre a quelli tra le file degli artiglieri
da montagna, tra cui molti valtrumplini anche di origine pezzazese.
Cade il Governo Crispi ed arriva a comandare il Marchese di
Rudinì. Il nuovo Governo preoccupato dell’aumento precipitoso
delle attività sociali dei cattolici, i libri di storia infatti
danno per vivi 190 comitati diocesani, più di 4.000 comitati
parrocchiali, circa 700 casse rurali, quasi 900 società operaie,
oltre ad un migliaio di cooperative. Di ciò preoccupato Rudinì,
con una circolare del settembre 1897, raccomanda ai Prefetti
di sorvegliare attentamente le organizzazioni cattoliche e
di colpirle duramente in caso di "offesa" alle istituzioni
nazionali. Quando nel 1898 ci si appresta a festeggiare, il
15 maggio, l’anniversario della Rerum Novarum, Milano e l’Italia
sono scosse dall’assedio della città e dalla repressione armata
operati dal Generale Bava Beccaris con sparatorie sui dimostranti,
80 morti e 400 feriti, repressione che colpisce duramente
anche i cattolici, compresi Don Albertario e lo stesso Arcivescovo
Cardinal Andrea Ferrari, a Pezzaze il parroco Don Ghirardelli,
come risulta presso A. S. Dioces. Brescia, annota: "In parrocchia
la dottrina è frequentata da circa 800 persone, e si tiene
tutte le domeniche eccettuate cinque o sei feste principali
e per circa tre mesi all’anno in cui diminuiscono perché sono
assenti dal paese per lavori campestri". E relazionando su
chi e che cosa leggano i suoi parrocchiani così comunica al
Vescovo: "Vi è uno che ha la Provincia, uno la Sentinella,
n. 5 compreso il Comune associati al Cittadino, n. 2 al Frustino,
n. 1 alla Voce del Popolo, n. 2 alla Madre Cattolica". (A.V.Bs.).
Verso la fine dell’800 Pezzaze viene scoperto come luogo di
villeggiatura da famiglie bresciane e di altre province limitrofe
come Mantova, Cremona e Milano, vengono istituite colonie
estive. Nonostante tutto la decadenza economica di Pezzaze
determinata da diversi fattori, primo tra tutti la grande
crisi dell’attività mineraria, porta ad un lento e progressivo
spopolamento del paese favorendo l’emigrazione già avviatasi
all’inizio del XIX secolo e poi continuata verso la fine dello
stesso verso la pianura e le Americhe per continuare nel periodo
post bellico della prima ed anche della seconda guerra mondiale
ancora verso le Americhe specialmente quella del sud ma anche
in Australia. Nel marzo del 1998 sono circa un centinaio i
Piardi nella conca di Pezzaze. Per la storia di Pezzaze, nella
quale qui volutamente non ci inoltriamo, si veda alla voce
specifica del glossario. Molti sono i soprannomi con i quali
vengono contraddistinti i Piardi a secondo della famiglia
di appartenenza: Catanì, il principale e più antico; Bonasì
o Bonassini; indi Cansonète con Raimondo; ma anche Mafé; Brine
con Chei de’ Castegnacol; Late già noti come Fresche; Valì
già conosciuti come Fraca; Pélès, imparentati coi Brine, coi
Sertur e i Codese; e tanti altri per i quali rinviamo alla
voce Brine del glossario ed al capitolo Piardi nati a Pezzaze
- Genealogia. Col Patto Colonico del 4 maggio 1919 vengono
istituiti da parte della cattedra ambulante dell’agricoltura
alcuni corsi a favore di conduttori di fondi agricoli. Infatti
molti pezzazesi, tra cui alcuni Piardi, vengono inviati negli
anni successivi al Corso di Albericoltura che si tiene a Tavernole.
Qualcuno attribuisce, non vi è però certezza, l’inizio della
fine economica dei Piardi conseguente l’attività patriottica
di Giovanni Battista Piardi (1813), veterinario. A questo
più noto componente della famiglia Piardi, dedichiamo qui
un particolare spazio rinviando al glossario per la completezza
della storia della sua vita. Giovanni Battista, possidente
nel territorio di Pezzaze – Stravignino è patriota combattente
del tempo risorgimentale. Per il suo impegno in ostilità al
Governo austro–ungarico dominante all'epoca nel lombardo -
veneto fu arrestato ed incarcerato allo Spielberg. (vedi alla
voce del glossario). Da testimonianze da tempo raccolte tra
alcuni appartenenti al casato abitanti a Pezzaze e in Brescia
risulta che "il Giovanni Battista finanziava la rivolta contro
gli austriaci utilizzando parte dei proventi derivanti dall'attività
della famiglia e dalle tenute agroforestali in possesso sulle
quali pascolavano centinaia di capi di bestiame. Infatti,
il Governo austriaco pensò bene di provvedere alla confisca
dell'intero patrimonio comprendendovi anche i capi di bestiame".
Giovanni Battista è della famiglia che poi andò a dimorare
a Gussago, Rodengo e Saiano, i Catanì. Catanì sono detti i
Piardi di Gussago, provenienti da Pezzaze, lo affermano i
gemelli Giuseppe e Pietro figli di Achille Domenico Piardi,
nati il 4 Agosto 1906 a Gussago, ma soprattutto Achille figlio
di Luigi di Runcù del fu Enrico Catanì, il quale asserisce
che il capostipite dei Piardi a Gussago è un Catanì, precisamente
Andrea da Pezzaze, arrivatovi nel 1830 (1832) con dimora iniziale
nella villa, con casa colonica, di via Stretta, la quale occupa
un intero isolato e poi in altre case della frazione Piedeldosso
alla Manica di Gussago anche secondo altra documentazione
storica. Le case sono tuttora esistenti, con nemmeno eccessive
trasformazioni o restauri conservativi, così come si usa dire.
Vedi il capitolo I Piardi a Gussago e alle voci specifiche
del glossario. Nel 1850 si verifica una nuova alluvione. Tuttavia
non sono tanto le alluvioni o altre peripezie a pesare sul
paese quanto l’inarrestabile crisi mineraria e siderurgica
con conseguenti gravi disagi economici per la povera gente,
tali da provocare uno dei primi scioperi che la storia bresciana
registri. A tal punto che nel 1859 il parroco Don Antonio
Piardi riferisce al vescovo di "150 persone che impediscono
a 4 antesignani crumiri di lavorare" cui, su pressioni varie,
seguono ben otto arresti. Ancora oggi in paese rimane forte
l’eco della partecipazione nel periodo 1820 – 1869 alle azioni
della carboneria, nonché degli stessi pezzazesi alla Giovine
Italia, alle guerre d’indipendenza ed alla X giornate di Brescia.
Non esclusi i Piardi. Infatti, questi figli, sono per le valli
a guerreggiare anche con Garibaldi contro gli austriaci. Vedi
alla voce Garibaldini e Gio.Maria Piardi. Alla fine del XIX
secolo alcuni Brine emigrano in Valtellina e poi a Como ma
anche in Svizzera. Nel giugno del 1900 viene battezzato Maffeo
Piardi dei Mafé, padre di Milo, anche lui futuro carabiniere,
come diversi altri Piardi, alcuni dei quali anche in polizia.
Il 5 gennaio del 1905 nasce a Mondaro Teodoro Piardi dei Cansonète.
Famiglia numerosa è quella di Doro, come lo chiamano a Pezzaze,
infatti lui stesso racconta: "La numerosa famiglia era composta
da ben quattordici persone: padre, madre, fratelli e sorelle,
zio Enrico (vedovo), cugino Giulio, zio Don Antonio direttore
dell’Istituto Pavoni di Brescia. Mio padre e lo zio Enrico
erano dei provetti falegnami, ma dovevano provvedere anche
con mio fratello Giuseppe e l’aiuto saltuario di braccianti
del luogo, alla condotta di alcuni fondi, mentre i fratelli
Battista (falegname) e Andrea (pittore decoratore) e il cugino
Giulio erano alle armi in guerra 15/18. Io, ultimo della famiglia
desideravo studiare e mio padre e lo zio Don Antonio erano
ben disposti, ma la guerra e dopo tante sofferenze, la morte
del babbo, fecero crollare tutti i miei sogni. Nonostante
la mia giovane età, con poco entusiasmo, dovevo invece partecipare
ai vari lavori agricoli, particolarmente in montagna dove
mio fratello Giuseppe provvedeva alla custodia di alcune mucche.
In autunno, poi, aiutavo lo zio Enrico al roccolo nella cattura
degli uccelli. Mi piaceva molto leggere i tanti libri dei
miei fratelli più grandi e mi esercitavo a scrivere. Nell’autunno
del ’18 tutta la famiglia è colpita dall’influenza conosciuta
come "spagnola" che causò molti decessi in paese. (…)". Per
un bel spaccato di vita di una famiglia Piardi a Pezzaze vedi
alla voce Teodoro Piardi (1905). Nel 1914 scoppia la I guerra
mondiale, l’Italia entra in belligeranza nel 1915. A Pezzaze
funziona il Comitato di Soccorso per la Guerra con lo scopo
di tenere la corrispondenza tra i soldati al fronte e le rispettive
famiglie poiché molti richiedevano aiuto per leggere e scrivere
lettere. Accudire i bambini delle donne che, in mancanza dei
mariti impegnati al fronte, dovevano lavorare la terra, seguire
i bambini più grandi nei compiti. Sostenere moralmente i familiari
che perdevano, in guerra, loro figli o fratelli e preoccupandosi
anche dell’annuncio della triste notizia prima dell’avviso
telegrafico del Governo. Gli uomini, anche se non più ragazzi,
magari già sposati e con figli, vanno alla guerra. Così tra
i Piardi di Pezzaze quanto tra quelli di Gussago. In questo
periodo (1915/18) sei fratelli Brine vengono contemporaneamente
arruolati ed avviati tutti al fronte. Così come, negli anni
trenta/quaranta: Andrea dei Pélès che partecipa alla Campagna
d’Africa, Giacomo, suo fratello, in Russia e Battista prigioniero
in Tunisia, nonché Antonio al fronte; Giuseppe e Faustino
dei Mafé e altri sul Don. Qui emerge la figura di Maria (1902)
dei Mafé. Di martiri è, poi, l’impegno dei Piardi durante
la Resistenza. Negli anni dal 1920 al 1930 i Ciong, i Pélès
e alcuni altri elementi di famiglie Piardi emigrano chi nella
bassa bresciana, in pianura, chi nel mantovano, chi ancora
a Brescia città o a Lumezzane come i Codése e chi all’estero
(de la Costa, Brine ed altri). A Pezzaze, fin dal 1930, qualcuno
annota: "la decadenza economica è in forte aumento, origina
un lento progressivo spopolamento dei nostri paesi (…). Colonie
di braccianti e di superbi minatori si disperdono nelle Americhe
(…)" vedi Ermenegildo Piardi. Molti Piardi emigrati stagionali
od anche annuali e poi in forma definitiva vanno a lavorare
"in galleria" nei grandi trafori alpini. Attorno a questi
lavoratori nascono, con essi stessi, i canti, quali tipiche
espressioni di queste talpe umane. "Ai dis che i minatori
son lingéri" recita la canzone ma è l’orgogliosa affermazione
della "diversità del minatore". Sono stati "lingeri", se così
vogliamo accordare credito alla canzone, i figli dei Brine,
dei Pélès e dei Mafé. Magnifico interprete di questi canti
è "La famiglia Bregoli". Ed il costume indossato dai Piardi?
Secondo recenti testimonianze che fanno riferimento a notizie
tramandate da generazioni, sarebbe stato tipicamente siciliano.
L’uomo vestirebbe camicione ampio bianco con fascia in vita
girata più volte, pantaloni di color scuro, tipo velluto.
La donna vestirebbe gonna a pieghe fissate solo in vita, un
corpetto attillato di tela fatta in casa che segnava la vita.
(Vedi alla voce Pezzaze – Costume dei Piardi a ..). Nella
patria dei Piardi pezzazesi qualcuno ricorda si solesse udire
uno dei più noti detti o modi di dire dei bresciani, ovviamente
con ostentazione e prosopopea, "i finirà i balocc ‘n dè la
Mela, ma mia i solcc ‘n dè la me scarsèla!". (Ai fenesarà
i balocc ‘n da Mela, ma mia i solcc ‘n da me scarsèla!). E’
andata a finire proprio così? Sarà stato questo un Piardi?
I più sanguigni sembrano far eco con l’altro detto che mette
a nudo le situazioni: "Òcio, chè i coió…di ca e i solcc di
poarecc iè i prim chè sé èt!". Qualcuno, durante la ricerca,
mi ha fatto notare che sarebbe stato utile "nella storia"
far risaltare questo concetto: "Ai Piardi, avviati sulla strada
per essere dinastia mancò quel pizzico di fortuna che notoriamente
non sorride ne ai troppo buoni ne a coloro che non si allineano
supinamente". Infatti, come recita un antico adagio bresciano:
"a esèr trop bu sé pasa a dè bò!". (Chi è troppo buono è chiamato
a portare anche i pesi degli altri, e non solo quelli …).
Piace rammentare il modo col quale vengono ricordati, ancora
oggi i Piardi: "buna det". Gente che ha saputo fare partecipi
delle proprie fortune economiche anche gli altri secondo l’insegnamento
che ci viene dalla lettera di San Paolo ai Corinzi sulla carità.
Basti pensare alle volontà espresse in vita da Giovan Maria
di Bortolo e da Andrea Sacerdote suo figlio, da Bortolo Catanì,
da Andrea Catanì, da Annunciata sposata Viotti, da Diaregina
e da altri.
La carità è il vincolo della perfezione.
top
I PIARDI A GUSSAGO 1830-32
La storia ci dice che dal 1426 sino al 1797 tutto il territorio
bresciano passa dal dominio dei Visconti di Milano al Governo
della Repubblica di Venezia, tranne che dal 1509 al 1516,
quando fu dominio dei francesi agli ordini di Gastone de Foix.
Della famiglia Piardi non vi è traccia a Gussago nel corso
delle lotte tra le famiglie nobili residenti occorse nei secoli
dal XIV al XVIII. I Richiedei, nella persona del nobile e
mecenate Paolo Richiedei, sono presenti dal XVII secolo, provenienti
da Lavone di Pezzaze. Li troviamo già possidenti nel corso
di questo secolo e, per quanto ci riguarda, troviamo che circa
nel 1638 un Richiedei sposa Laura Trebeschi da Gussago, più
avanti, infatti, anche alcuni Piardi si accasano con ragazze
di questa Famiglia. I Piardi vi giungono poco più tardi. Infatti,
ancora nel 1852, come risulta da documenti esistenti presso
l'Archivio di Stato di Brescia, la famiglia Piardi è largamente
proprietaria in Gussago di fondi agricoli coltivati, di case
patrizie e coloniche tra cui quella più ampia ubicata tra
le vie Stretta e Larga, come dai mappali nn. 1526-1580 con
schizzo planimetrico datato: Gussago 25 maggio 1852 e quella
colonica di via Manica. Così come risulta al numero di mappa
1573 del vecchio catasto. Di questa casa esiste un abbozzo
di pianta del 1852 custodito presso l'Archivio di Stato di
Brescia a seguito di proprietà caduta in successione (Eredi
Tosini e Brozzoni). Gussago è sotto il Governo provvisorio
bresciano per nove mesi del 1797; dipende dalla Repubblica
Cisalpina dal 1797 al 1802; della Repubblica Italiana dal
1802 al 1805; del Regno d'Italia dal 1805 al 1815 e sotto
gli austriaci dal 1815 al 1859 ed infine dal 12 giugno 1859
è annesso al Regno di Sardegna. Fra la fine del 1700 e l'inizio
del 1800 si nota in Gussago un forte incremento di famiglie,
evidenza di un risorgere delle attività in un periodo di tranquillità
socio- economica, molte sono, infatti, le famiglie che arrivano
dalle valli circostanti, in particolare dalla Val Trompia.
Bisogna, però, ricordare che molti possidenti avevano già
domicilio a Gussago pur non comparendo nei registri anagrafici
parrocchiali. Molti capifamiglia, infatti, vi avevano soggiornato
in precedenza per motivi connessi all'attività agricola, almeno
in forma stagionale. Era tradizione, infatti, che ogni anno,
dopo la Madonna Assunta di agosto, in valle cominciassero
i preparativi per la partenza verso la pianura bresciana.
Caricata ogni cosa, utensili, fagotti e bisacce, su carretti,
sistemati i basti sulle bestie da soma, i malghesi della Val
Trompia, della Valtellina, della Valle Camonica e di altre
valli minori, raggiungessero con le famiglie le cascine delle
località di pianura. In queste zone agricole trovavano fieno
per nutrire, durante l'intero inverno, il prezioso bestiame,
da cui traevano forza di lavoro, carne, pellame, ossi, oltre
a latte per i figli e pronto letame, utili quanto indispensabili
fonti di scambio e di sopravvivenza. Il grande spettacolo
delle corpose mandrie di bovini e delle greggi di armenti
che si spostavano lungo i margini dei campi, su strade o capezzagne
dell'intera Franciacorta o sulla strada tra la pianura e le
località montane detta "bià", come i "bergamini" solevano
definire il cammino da compiere in transumanza, caratterizzò
certamente il paesaggio del nostro Gussago per secoli, ad
ogni ritorno d'autunno e ad ogni primavera. (R. Faroni). Potremmo
immaginare così Gussago, ma anche Pezzaze, all'andata o al
ritorno unendovi lo scampanio di campanacci e sonagli, muggiti
e belati, abbaiare di cani, odore di stalle e richiami di
malghesi. La casa Piardi di via Stretta, successivamente nota
come Villa Calini, si trova da sempre in esatta corrispondenza
con il vicolo del Canale, che corre tra due lunghe muraglie,
proveniente dal centro e dalla frazione Palazzina, un tempo
conosciuta come "Canton de Gere", vicolo che prima che si
provvedesse in questo secolo all'apertura della "via Nöa",
ora Martiri della Libertà, era l'unica strada di accesso,
guadando il torrente La Canale, tramite appunto la via Stretta,
per la Pieve Vecchia di Santa Maria Assunta a Piè del Dosso
ed inoltre transito utile per la Forcella che porta a S. Vigilio
di Valle Trompia. Dirimpettaia della casa Piardi di via Stretta
è l'altrettanto bella ed antica casa Tomasini, che si presenta
con un lussuoso portale in pietra, posta, appunto, tra la
citata via, il torrente La Canale ed il menzionato vicolo.
Il primo dei Piardi a dimorare a Gussago è Andrea proveniente
da Pezzaze probabilmente nel 1830/32, verso la fine del mandato
del Parroco, Prevosto, Giovanni Antonio Dusi di Ono e l'inizio
pastorale di Domenico Lavagnini di Cigole, Prevosto dal 10
dicembre 1836 all'8 maggio 1848. Inizialmente, forse, il primo
dei Piardi ha abitato anche a Rodengo, oltre che a Gussago,
visto che nel 1842 l'Andrea Piardi è in grado di donare alla
Cappellania di Padergnone, poi Parrocchia di S. Rocco, una
casa con brolo per farvi risiedere il secondo Cappellano.
Non è dato sapere l'esatta motivazione della decisione di
scendere a Gussago, si crede, tuttavia, non sia stata una
vera, libera, scelta quella di emigrare in un paese della
Franciacorta. Un paese ben diverso da Pezzaze con un agricoltura
spiccatamente diversa a carattere vitivinicolo e frutticolo
di pesche e ciliege inesistente nella località triumplina.
Inoltre a Gussago sono presenti, già da secoli, molte figure
di nobili quali: Averoldi, Boni, Sala e Caprioli, oltre a
famiglie facoltose che rispondono ai cognomi Bonomi, Gasparetti,
Resconi, Terzi, le quali si spartivano il territorio gussaghese,
a cominciare da quello dei boschi delle circostanti colline.
Nel 1850 il valore d'estimo della plaga di Gussago ammontava
a 259.733,11 scudi. Nel 1805 gli abitanti di Gussago sono
poco più di tremila ed in questo inizio secolo XIX notevole
importanza ha nella vita economica del centro franciacortino
l’industria serica con le sue belle ed imponenti filande.
Si contano in questo stesso periodo sette calzolai, molti
fabbri ferrai e maniscalchi nonché dieci sarti. Nel 1812 sono
registrati ben diciassette proprietari di "torchi venali"
cioè con anche il servizio per conto terzi. (R. Faroni). Nel
1820 vengono segnalati, ancora, nove falegnami e molti sarti,
otto calzolai, tra cui quelli della famiglia Angeli e ben
ventinove sono i possessori di torchi venali di vino e tredici
sarti, tra questi si nota Chiara Viotti Montini. Nel 1830
almeno dieci falegnami, anche un Cancarini, tredici sarti
e nove calzolai, sei filande di seta, diversi i capimastri
e gli imprenditori per costruzione e manutenzione stradale,
otto mugnai tra i quali spiccano i Codenotti tra i cinque
di Navezze. Pochi i produttori di paste, ancora si sazia la
fame, come era comune uso, con la polenta di granoturco, nonostante
il continuo manifestarsi di evidenti fenomeni pellagrosi.
(R. Faroni). Più tardi, nel 1841, i Piardi sono già stabiliti
a Gussago, vi sono le seguenti attività imprenditoriali: dodici
falegnami, quattro maniscalchi, due fabbri ferrai, tre calzolai,
cinque barbieri, un macellaio, due prestinari, tre pastai,
tra cui un Angelo Ferraglio, e ben cinque mulini tutti ubicati
sulla seriola detta Serioletta a Navezze, la valle dei Piardi.
Circa quindici anni prima (1816 - 1817) che giungessero a
Gussago i Piardi, si legge in alcuni testi, vi sia stata una
terribile carestia, anni in cui è parroco di Ronco di Gussago
Don Giobatta Casari, originario di Sale di Gussago anche se
nato a Travagliato, rimanendovi fino al gennaio del 1853.
(da Rinetta Faroni – Ronco di Gussago, Frammenti di storia
– Ed. Fondazione Civiltà Bresciana). Nello stesso periodo
è parroco della più estesa parrocchia gussaghese di Santa
Maria Assunta, ove i Piardi sono fedeli, come detto, Giovanni
Antonio Dusi da Ono (1807-1836). Poco più tardi vi giungono
i Piardi quando sono ancora vivi nel ricordo della comunità
gussaghese la povertà, le malattie assai diffuse unite ad
annate agricole assai sfavorevoli; gente, insomma, che conduceva
una vita abbastanza difficile ed alla quale si contrapponeva
il dominio su di essa di alcune grosse famiglie. Altri testi
ancora documentano la carestia del 1829: potrebbe essere la
molla che fa partire da Pezzaze, per Gussago, Andrea Catanì
(1799). Quando a Milano lo studente di medicina veterinaria
Giovanni Battista Piardi (Pezzaze 1812 – Rovato 1866) della
famiglia dei Catanì, nell’agosto del 1833 è arrestato in quanto
aderente alla "Giovine Italia" di Giuseppe Mazzini, i discendenti
appartenenti alla sua stessa famiglia sono già a Gussago ed
a Rodengo. Nel 1833, il 10 giugno, muore nella sua casa di
Gussago Don Andrea Piardi da Pezzaze, possidente e benefattore.
Andrea Piardi Catanì è già titolare della tomba di famiglia
al cimitero Vantiniano di Brescia. Nel 1836, quando i Piardi
sono a Gussago solo da quattro o cinque anni, si deve registrare
lo scoppio del morbo del colera, epidemia che si ripeterà,
successivamente, anche nell'estate del 1855. Dalla manifestazione
colerosa del luglio/agosto del 1836, diffusasi anche in città
di Brescia, prenderà lo spunto Paola di Rosa per svolgere
la sua opera di soccorso alle popolazioni la quale, con delle
compagne, che sarebbero diventate successivamente le Ancelle
della Carità, appartenenti alla Congregazione fondata dalla
stessa Paola, nota poi col nome di Santa Maria Crocifissa
di Rosa. (R.F.). A Gussago, soprattutto in alcune frazioni,
in particolare quella di Ronco, sono presenti, già da prima
del 1810, alcuni valtrumplini quali, ad esempio, Andrea Mazzelli,
originario di Bovegno e sposo di una pezzazese, certa Teresa
Berlandis. Il Mazzelli era a Ronco quale fabbriciere del Parroco
Don Casari. Successivamente, Don Giuseppe Mazzelli, figlio
di Andrea, reggerà la Parrocchia di Ronco dal 1853 al 1883,
e risulta essere approfondito conoscitore della località di
Pezzaze per essere stato in precedenza Parroco di Lavone di
Pezzaze. (R. Faroni). Nel 1836 Gussago è colpita, come detto,
dal colera sviluppatosi nel mese di luglio con evoluzione
conclusiva nella seconda metà di agosto. La causa è dovuta
alla contaminazione dell’acqua e da alimenti toccati con mani
sporche. Nel 1852 Gussago è segnato da una forte crisi economica
e l’elenco delle attività artigianali ne dà un chiaro quadro:
solo due le filande, un solo impresario quale manutentore
stradale, pochi i sarti. Questo è l’anno nel quale si manifesta
il male del baco da seta detto "Pedrina" con lo sconvolgimento
della sericoltura in cui sono impegnati anche alcuni Piardi,
qui come a Rodengo. E’ l’anno in cui si hanno segni evidenti
dell’impoverimento dei Piardi. Nel 1860 vi è una sola filanda,
quella sita nello stabile di via Stretta, proprio di fronte
alla casa dei Piardi Catanì, un solo maniscalco, due fornai,
due pastai e sei mugnai, quasi tutti ancora a Navezze. (Rinetta
Faroni – Saggi nel proprio mestiere – Artigiani di Gussago
– Ed. Compagnia della Stampa – anno 1998). Nel 1867 si abbatte
su Gussago, un’altra volta, il colera con sessanta morti su
centosessantaquattro infetti. I Piardi si sviluppano a Gussago
a partire da Andrea, figlio di Andrea (1765) del ceppo originario
dei Catanì da Pezzaze, che prendendo in sposa Elisa Ogna gli
dà, come già accennato, oltre a Teodora e Marianna, sei figli
maschi: Giacinto, Achille, Cesare, Ernesto e Giovanni, oltre
ad Enrico. I primi cinque sono garibaldini al seguito dell’eroe
dei due mondi nelle battaglie per le guerre d’indipendenza,
infatti, i cinque scappano dal collegio ove si trovano a seguire
il normale corso di studi per unirsi all’esercito del generale
Garibaldi nella spedizione dei Mille ed a battagliare lungo
le vallate bresciane e trentine. E’ accertata la presenza
dei Piardi a Montesuello e Bezzecca nonché a Vezza d’Oglio.
Nel 1876 muore, nella sua casa di Gussago ove si era ritirato
dopo il mandato pastorale di cura d’anime in Brione, il sacerdote
Don Angelo Piardi (1806), possidente anche in Pezzaze. I sei
fratelli maschi prendono moglie. Giacinto con la valsabbina
Nauti da Lavenone dalla quale ha tre figli: Adele, Elvira
e Achille; Cesare con Anna Tosini ed ha quattro figli: Elisa,
Teodoro, Battista e Andrea (?); Achille con Maddalena Trebeschi
ed ha una figlia: Aurelia Anna; Ernesto con Angela Codenotti
ed ha cinque figli: Achille Domenico, Nino Angelo, Brigida,
Teresa e Marietta; Enrico con Maddalena Trebeschi (vedova
del fratello Achille) ed ha tre figli: Giovanni, Elisa e Luigi.;
Giovanni di Andrea con Giulia Firmo ed ha cinque figli. Le
femmine: Teodora sposa Giuseppe Cancarini ed ha figli; Marianna
sposa Olivares da Brescia ed ha discendenza. I figli di Giacinto,
dopo la sua morte, emigrano a Milano con la madre all’inizio
del XX secolo. Quelli di Cesare, Batistì ripara in Francia
durante il ventennio fascista, l’altro è ucciso durante il
periodo dittatoriale ed il terzo muore schiacciato da una
botte. Elisa sposa Trivella da Carcina e va a fare l’oste
in Brescia nella stessa via in cui esercitano la mescita anche
gli osti Inselvini, parenti. Aurelia Anna di Achille, per
incompatibilità ambientale, da Navezze passa presso una nota
famiglia e con questa si trasferisce a Catania dove si sposa
con Salvatore Minutola. I cinque figli di Ernesto, noto a
Navezze come el Siur Nano, formano famiglia: Achille (1880)
sposando Angela Camilla Ghedi ed avendo la lei undici figli;
Nino Angelo sposa Carolina Bianca Inselvini ed ha tantissimi
figli; Brigida sposa Angelo Reboldi, il mugnaio con la macina
sulla seriola di Navezze che si dice, un tempo, fosse uno
dei più attivi mulini forse di proprietà di certo Prandino
Rinaldino, poi passato ai Marchina; Teresa sposa Piero Mürachet
dei Lumini e fa la pizzicagnola; Maria Marietta sposa Silvio
Sabattoli. Nel 1915 l’Italia entra in Guerra e, come tanti
gussaghesi, anche Achille Domenico è chiamato al fronte nonostante
abbia già compiuto 35 anni di età e sia sposato con sei figli
da mantenere. Dalla guerra torna con un forte principio di
congelamento agli arti inferiori. Giovanni, figlio di Enrico,
rimarrà addirittura sul campo senza il piacere di aver potuto
vedere sua figlia, riposa a Mori nel cimitero militare. I
Piardi, soprattutto Pietro figlio di Achille Domenico, negli
anni trenta partono assieme ad altri giovani di Navezze per
andare a lavorare a Sampèyre in Val Varaita (Cuneo) a tagliare
legna e ad eseguire opere di bonifica montana e costruzione
di strade. In provincia di Cuneo, a Brà, si è trasferito Ernesto
Faustino Piardi, figlio di Nino Angelo e Bianca Carolina Inselvini,
accasandosi con Caterina Mattis (1894 - 1973). Nel 1860 giunge
in Franciacorta, quale parroco di Rodengo (Abbazia), Don Antonio
Piardi (1801 – 1880) della famiglia dei Catanì da Pezzaze.
Patriota in gioventù e da sacerdote, già parroco a Pezzaze.
La famiglia Piardi, in particolare quella di Achille Domenico,
nonché quella di Luigi di Runcù, è assai conosciuta a Gussago
soprattutto per il carattere brioso e un po’ irascibile (biluss)
dei suoi componenti maschi. Sono però anche capaci e volenterosi
lavoratori della terra e quando vi è l'occasione sanno anche
divertirsi e stare in compagnia con coetanei. I gemelli Giuseppe
e Pietro figli di Achille Domenico e di Angela Camilla Ghedi
da Civine sono i primi a partecipare alla festa di San Giuseppe
operaio, ricorrenza che tutti andavano a "celebrare" a Barche
di Brione il giorno del 1 maggio. L'impegno si protraeva anche
per due giorni o più, soprattutto al "licenzino" di Giovanni
Arici (Giuanì de Peder) a Peder di Ome, vicino a Barche, unico
locale "autorizzato" alla mescita di vino di propria produzione...
e di qualche altra specialità casereccia. Avendo i Piardi,
con la complicità di altri, desiderio di gustare una "pollastra"
nostrana ma, conoscendo, altresì, quanto fosse la gelosia
e l'attaccamento alle proprie cose, perciò anche agli animali
da cortile della "Selgia", Cecilia Peli sposa di Giovanni
Arici (Giuanì), cercavano una "probatoria" motivazione al
fine di convincere... non troppo, la "Selgia" a tirare il
collo alla pollastra vista scorrazzare nel cortile del "licenzino".
Basta infatti una semplice "bacchettata" sferzata ad hoc ed
il ruspante inizia a sbandare...in cerca, inutilmente, del
serraglio. L'accaduto è sufficiente perché i "furfanti" richiamino
l'attenzione di Cecilia Peli e che la stessa si lasci convincere
a passare allo spennamento del malcapitato pennuto ... .Il
terzo giorno di festeggiamenti trascorre a Civine a rinverdire
i... vincoli familiari e di parentela; a notte fonda del terzo
dì la combriccola torna a casa. Una forma di divertimento,
per l'epoca, assai usuale. La mattina del quarto giorno la
vita riprendeva con l'impegno nei campi. Sino agli anni '30
la famiglia di Achille Domenico è proprietaria e lavora i
vigneti nelle seguenti località di Gussago: Barco (sulla curva),
La Fam (in Val Morte), Batocol (a Navezze, zona della sorgiva
Batoccolo) e Val Mort (Val Morte) con stalletta e sorgiva,
poi passata, come attualmente, ai Lumini. Negli anni venti/trenta,
di questo secolo, quando la famiglia Piardi si accingeva nella
stagione autunnale alla vendemmia, scendeva ad aiutarla Giuseppe
Piardi (El Barba) da Pezzaze, figura tipica della montagna
valtrumplina ancora ben presente nel ricordo dei Piardi. Giuseppe
era cugino di Achille Domenico. Maria Marietta Piardi ben
ricorda "El Barba", nelle sue comparse a Gussago, in particolare
quella attorno all'anno 1930, a quel tempo aveva sette anni,
quando Giuseppe Piardi porta in dono a lei una bambola ed
al fratello Andrea di nove, un pallone. In questo periodo
si aprono i "licinsì" osterie stagionali ed anche Achille
Domenico svolge la mescita di vino di propria produzione,
"telequal". I Piardi lavorano i campi ma dispongono con difficoltà
di danaro liquido così che, per avere qualche centesimo da
spendere la domenica all'osteria, dagli anni venti andavano
di notte, col chiar di luna, "a fa ‘l patöss", rastrellare
fogliame sulle colline di Navezze da vendere come strame da
lettiera a famiglie che possedevano animali. Da questo lavoro
notturno ricavavano, forse, due lire (?) per la divertita
domenicale all’osteria. Gussago subito dopo la prima guerra
mondiale diviene centro di plaga della Gioventù Cattolica.
Dal 1922 in poi la vita democratica è sempre più contrastata
dalla violenza politica che nel 1922, appunto, fa la prima
vittima. Numerosi altri sono gli episodi che accadono tra
gli ultimi mesi del 1924 e quelli del marzo 1926. Episodi
che segnano anche la vita della antica famiglia Piardi, soprattutto
quella di Cesare figlio di Andrea Catanì negli affetti più
cari. Nel 1931 si verifica una devastante alluvione dopo la
quale i gussaghesi istituiscono la festa devozionale del Redentore.
I Piardi ben ricordano i danni patiti nei loro beni. Quando
nel giugno del 1940 scoppia la guerra diversi Piardi sono
alle armi, da richiamati o di leva o arruolati per l’occasione.
Vanno alla guerra: Achille di Luigi facendosi più di una decina
d’anni lontano da casa, Ceco di Achille è ferito in Albania,
Cesare Gino fu Giovanni è anch’egli in guerra e poi in prigionia,
e molti altri. Alla fine del 1941 Angelo Piardi di Achille
Domenico emigra in Germania, cercando lavoro e, purtroppo,
dopo poco tempo, nel febbraio 1942, trova la morte a Zweibrucken
a soli 36 anni, padre di quattro figli e di un quinto, Angelo,
che arriverà dopo la sua morte. Noto a Navezze di Gussago
il particolare comportamento dei Piardi, i quali, ben difficilmente
camminavano per strada in compagnia della moglie a braccetto,
infatti, era un comportamento generalizzato della famiglia,
anche se non motivato, forse per pudore. Ci si poteva facilmente
imbattere di incontrare prima la sposa indi, in ritardo di
alcune decine di metri, il di lei marito. E' un dato di fatto,
ma nessuno è in grado, neanche tra i Piardi tuttora viventi
anziani e nemmeno nell'ambito delle consorti di spiegarlo.
Oggi a Gussago dimorano i Piardi distinti in quattro famiglie
principali: "i Runcù" (da Cascina Ronconi in Val Morte a Navezze),
abitata dagli stessi sin dal 1927 a partire da Bigì (Luigi)
dei Runcù figlio di Enrico. "chei de la palasina" figli di
Giovanni, morto in guerra 15/18 "chei de la Bianca" dal nome
di battesimo di Bianca Carolina Inselvini moglie di Nino Angelo
Piardi (fratello di Achille Domenico, entrambi figli di Ernesto)
"chei de Achile", Achille Domenico Piardi (classe 1880) figlio
di Ernesto Della famiglia "i Runcù" vivono tutt'oggi a Gussago:
Achille ed Enrico dimoranti a Navezze e Giacinto a Casaglio,
con figli e nipoti. L’altro fratello, Giovanni, decede il
3 marzo 1997. Di quelli "de la Bianca" vivono a Gussago ed
a Brà solo i nipoti ed i pronipoti. Dei figli di Achille Domenico,
"Chei de Achile", vivono tutt'oggi a Gussago: Angela - Giulia
e Maria - Marietta con i suoi figli, oltre ad uno stuolo di
nipoti e pronipoti discendenti dagli altri loro fratelli.
Di quelli "de la Palasina", figli di Giovanni, vive solo Guerrina
Piardi maritata Balotelli, sorella di Cesare Gino e di Elisa
madre dei Bonfadelli. Tra i figli più noti di Achille Domenico
spicca a Gussago la figura di Marianna Piardi, Cavaliere al
Merito della Repubblica, per titoli acquisiti nel campo del
sociale, dell'amministrazione della cosa pubblica e nel campo
del lavoro di fabbrica e della formazione cattolica giovanile.
La notorietà di Marianna era ed è tuttora viva al punto che
tutti i nipoti Piardi, figli dei fratelli, al fine di una
chiara individuazione della famiglia Piardi di appartenenza,
venivano definiti "nipoti di Marianna", infatti alla domanda
"de chi set fiöl dei Piardi?" la risposta era "niut de la
Mariana". L'uso di una moto quale mezzo per recarsi al lavoro
in fabbrica è assai inconsueto a Gussago per quei tempi da
parte di una signorina al punto di non essere .... ben vista
dai "benpensanti" ma la caparbietà del soggetto unitamente
alla serietà generale del suo comportamento faceva desistere
chiunque dal procedere a critiche nei suoi confronti. Molte
sono state le passeggiate in vespa negli anni quaranta e cinquanta
di Marianna con la sorella Maria Marietta al punto che forse
erano le uniche ragazze che all'epoca avevano già conosciuto
le Alpi italiane in particolare modo le Dolomiti per averne
percorso con la vespa tutti i passi, sovente in compagnia
di Libera Botti, amica e parente. L'inizio del lavoro in fabbrica
da parte di Marianna fu presso la società Breda Meccanica
di Brescia nel 1938 quale addetta alle macchine utensili,
tornio e fresatrice, unitamente ed alla pari dei compagni
di lavoro maschi. Forse un inizio, ante litteram, dell'azione
di "pari opportunità" tra uomo e donna, esigenza sfociata
in Italia soltanto trent'anni dopo, negli anni settanta/ottanta.
Ancora oggi a Gussago esiste con quella della casa originaria
di via Stretta, forse, l'unica vestigia, quale retaggio antico,
attribuibile al Casato Piardi, il portale quattrocentesco
in pietra, con arco a tutto sesto dotato di modanature e dentelli,
d'ingresso al cortile ubicato a Navezze al vecchio numero
46 dell’omonima via, ora via S. Vincenzo 39. Abitazione in
cui morì Achille Domenico Piardi (1880) il 30 gennaio del
1938 alle ore 16,01. Il portale, pur nella più ampia sobrietà,
è di una maestosità per la mole e per la luce che riesce a
dare al fabbricato interno posto in circolo al cortile. In
questo cortile con le abitazioni a ringhiera hanno vissuto
quali ultimi discendenti Piardi e più a lungo di altri i fratelli
Francesco, Andrea, Maria-Marietta e Marianna. Gli ultimi in
assoluto a lasciare la casa paterna sono stati i fratelli
Francesco (1911) con la sua famiglia il 31 marzo 1958 ed Andrea
con i suoi per recarsi ad abitare al villaggio La Rocca, sempre
a Gussago. Tornando al portale d'ingresso ci pare giusto ricordare
che lo stesso ha visto il succedersi degli avvenimenti felici
e tristi di tutta la vita del Casato Piardi e anche di quando,
ad esempio, qualcuno di questi ebbe l'idea di iniziare la
mescita di vino stagionale. Infatti ancora si può chiaramente
leggere sulla pietra bianca dell'arco la scritta "vendita
de vi telequal". Nel senso che la mescita del prodotto frutto
dell'uva e del loro lavoro negli estesi campi di proprietà
del Casato avveniva così come derivato dal risultato della
fermentazione naturale dell'uva senza l'aggiunta di alcunché,
appunto "tale e quale". (Telequal). Questa attività stagionale,
però, già faceva presagire la non brillante conclusione dell'avventura
Piardi, terminata, poi, nell'inverno del 1939-40, dopo la
morte di Achille Domenico e di sua moglie Angela Camilla Ghedi
nel 1939 col ... pagamento del debito ai creditori, da qualcuno
ancora oggi ritenuto troppo affrettato pur con incombente
ipoteca. Oltre, come detto, alla Casa Patrizia, con annessa
zona colonica, ubicata tra la via Stretta e la via Larga,
zona di Piè del Dosso, poi nota come "Villa Calini" abitata
dalla contessa, i Piardi antichi posseggono, sino alla seconda
metà del secolo XIX, anche la casa colonica di via Manica,
poi dei Venturelli, ma abitata dai braccianti Peroni (Sora)
dell’antica famiglia detta Santo Molinaro, sino agli anni
novanta del XX secolo. Proveniente dal centro del paese e
dalla zona della Palazzina era noto, ancora esistente per
la gran parte nella sua antica struttura, il già citato angusto
vicolo del Canale, molto transitato prima che le autorità
comunali aprissero in questo secolo la via Nuova. Vicolo corrente
tra due bellissime muraglie di cinta e che ancor oggi termina
contro la facciata della ex casa Piardi immettendosi sulla
via Stretta. Cammino necessario per raggiungere da Piè del
Dosso tramite il passo della Forcella, l'intera Val Trompia
e salire a Pezzaze passando per la frazione Lavone. Rinetta
Faroni, in Gussago - I Borghi ritrovati, così definisce il
luogo degli antichi Piardi: "In via Stretta aleggia una parte
dell’anima segreta di Gussago. Nella chiusa riservata dimensione
ritroviamo i silenzi di cui abbiamo quasi genetica nostalgia.
Fresca di ombre durante l’estate, accogliente quando le giornate
di nebbia leggera avvolgono in una cortina di umido grigiore
i suoi muri, questa strada è da percorrere seguendo il filo
dei pensieri". Quando sono gli anni cinquanta ed a Navezze
passa Barbarina, quella donnetta cortese e fine che vive in
casa Ferrari (Macinato), vendendo panini dolci, i ragazzi
Piardi difficilmente possono averne e, quando, raramente,
fosse successo "mai na coreana, na pagnuchina o ‘n persec
èntrec" sapete, quel dolce colorato di rosso formato da due
metà unite da marmellata… . Comunque Bruno, semmai Zia Brigida
gliene avesse dato un pezzo, condiviso coi cugini Sergio e
Claudio, corre a casa dalla madre chiedendo un pezzo di pane…onde
accompagnarlo, come di dovere, al cibo. Giuseppe da sposato,
dopo un breve periodo alla Fontana in casa di Luigi Arici
sposato con Anna Vinati da Noboli, va a vivere, fino alla
fine dei suoi giorni, in casa di Maria di Raù sua sposa. La
zona è quella di vicolo dell’Alfiere nei pressi della serioletta
dei Venturelli, al mulino già dei vecchi possessori Andreoli
affittato ai Mafessoli e poi, forse nell’800, a una Giulia
Codenotti sposata Goffelli. (R. Faroni). Piero dopo la casa
di Navezze col padre e quella di Piè del Dosso, frazione di
origine della moglie, emigra in Argentina, dalla quale tornerà
soltanto l’11 marzo 1984. Francesco, dalla casa paterna di
Navezze passa a quella in località Fontana, presso Palmira
e Nene Bonomi, sorelle di Teresa sposata Mingotti, quelli
della distilleria, detti Ferare. E’ in questa nuova dimora
che nella primavera del 1958 si affaccia sulla soglia, per
salutare i suoi nipoti Teresa e Francesco, Anna Vinati Arici,
zia Aneta, sposa dello zio paterno di Teresa. In questa circostanza
le viene offerto un caffè, ovviamente ancora alla maniera
antica, col pentolino, e sulla base degli ingredienti classici:
caffè di cicoria e di estratto per la colorazione e la successiva
decantazione. La cosa sembra passar liscia ma non sarà così,
infatti, all’indomani Anna torna in casa Piardi con una caffettiera
moka-espresso e relativo idoneo caffè. Lo stesso giorno il
vecchio pentolino di casa Piardi termina il suo lungo e lodevole
servizio finendo scagliato, a cura di Francesco, sul tetto
della legnaia di casa. Da questo giorno gli incontri con zia
Aneta si intensificano formando un bel e consolidato rapporto
anche con i figli di lei, Pietro e Giuseppe, e quelli di Francesco
(Rosangela, Achille, Bruno) seppur più giovani. La caffettiera
è tuttora conservata da Teresa anche se il marito, alcuni
mesi dopo, gliene regalò un’altra di diverso tipo detta Vesuviana,
proprio col filtro da macchina caffè espresso come al bar.
Dopo aver cercato di acquistare, nel 1963, la vecchia casa
padronale di via stretta, casa paterna dei Piardi sin dall’arrivo
a Gussago, nel 1965 passa nella nuova casa da lui costruita
nella Breda degli Arici provenienti da Barche, proprio nei
pressi delle antiche proprietà Piardi. Per il tentativo di
acquisto della casa Francesco si reca sul posto accompagnato
dal figlio Achille, curatore di questa ricerca. Alla fine
del 1958 un Piardi compera per la sua famiglia, in occasione
del Natale, un apparecchio radio di marca W., quello dall’occhio
magico, dalla ditta Peroni ed un orologio a pendolo, quest’ultimo
per cinquemilalire importandolo dalla Svizzera per mezzo di
un gussaghese lavoratore emigrante, un santo casaglione, come
all’epoca si usava ancora definire gli abitanti della frazione
Casaglio. Sono segni evidenti dell’arrivo, anche nella valle
di Navezze, la al del patöss, del boom economico italiano,
già in atto da qualche tempo. Nel 1960 in diverse case Piardi
giungono il frigorifero acquistato presso i Ghidinelli, a
rate e senza interessi, ed anche il televisore. Francesco,
il televisore, l’acquista da certo Antonini da Castegnato,
suo amico cacciatore, convincendolo nell’acquisto. La lira
vale ed i commercianti con questo espediente triplicano le
vendite. Quella famiglia forse oggi non conserva più il televisore
e nemmeno il frigorifero, soppiantanti dalla tecnica ed anche
dall’usura, ma "la radio" sì, e la pendola istess! Qualcuno
in questo periodo, molto avvedutamente, pensa alla casa in
proprietà. Un sogno che, forse, può diventare realtà, visto
il denaro "chè cor per le ma". Così fanno molti fratelli Piardi
che qui amabilmente chiamiamo col loro nome, magari, in espressione
dialettale: Ceco e Andrea; Achile e i suoi fratelli Cinto
e Gioanì al Monticello; Cesare Gino nel suo campo verso le
Fratte ed anche Guerina, questi ultimi figli di Giovanni;
Piero e Cici figli di Nino, detti Chei de la Bianca, uno va
Ronco in via Mariola e l’altro a Navezze ambedue nelle loro
nuove case. Andrea nel 1960, dopo diversi periodi di lavoro
in Svizzera è alla nuova casa de La Rocca in Gussago. Le sorelle
Maria - Marietta e Marianna nel 1956 sono già andate poco
più su, sempre a Navezze, nei pressi, alla casa da loro acquistata
nell’ambito del cortile ex Zanotti ora Frau. Cortile ove avevano
già vissuto nel XIX secolo i Piardi figli di Andrea – Catanì
(1799): Achille sposato alla Trebeschi; Rico padre e nonno
dei Runcù, di quelli della piazza da noi chiamati de la Palasina
ed anche dei Burtuleto. Quel Rico che poi si trasferirà con
figli al seguito, dove ne avrà altri, alla casa colonica della
Breda Odorici alla Palazzina (Piazza). Brigida di Achille
Domenico, a questo tempo, già viveva a via Carrebbio con lo
sposo Emilio de Puntel. Giulia dal 1929 già vive in contrada
del pesce a valle Villa di Gussago dai Serina. Angela andata
in sposa a Paol di Nas, era già mancata, prematuramente, senza
dargli discendenza. Angelo, il primo dei figli, sposato a
Teresa muore precocemente in Germania, come detto. Nino Angelo
e Bianca Carolina muoiono dopo la guerra ‘40/45, dopo aver
cresciuto molti figli, nel loro impegno di portalettere e
vetturini per mezzo di un calesse. Molti sono gli imparentamenti
dei Piardi con i casati gussaghesi, per tutti citiamo, rinviando
per gli altri alle specifiche voci del glossario, quello dei
Lumini detti Murachecc. Le ragazze Lomini (Lumini), della
famiglia poi imparentatasi con i Piardi, risultano essere
state nei secoli precedenti per diversi decenni ostetriche
di Gussago con "condotta". Negli anni venti si sviluppa la
Filodrammatica Femminile. A Gussago è un’attività apprezzata
quale bella occasione di cultura protrattasi fino agli anni
’50, quando viene soppiantata dai nuovi mezzi della tecnica.
Marianna, sua sorella Maria - Marietta, con Teresa Dolzanelli,
Libera Botti e tante altre, guidate da Don Giovanni Fogazzi,
si impegnano in questa attività teatrale. L’interpretazione
di personaggi più salienti è per Marianna. In I Piardi a Pezzaze
sono evidenziati i tanti sacerdoti che il casato ha generato
quale dono alla comunità dei credenti. Non vogliamo mancare
di fare altrettanto con le numerose "scete" o "croge" professe
delle diverse congregazioni religiose. Le ricordiamo qui,
per tutte almeno: Suor Gabriela, Tersilla dei Valì; Suor Elena,
dei Pélès; Suor Silvana della Santissima Trinità, Silvana
Ratti figlia di Maria Piardi de la Chichera. Ma vogliamo chiudere
anche con i nomi degli unici due sacerdoti Piardi oggi in
cura d’anime: Don Gian Piero del Burtul di Mafé e Don Angelo
del Cici dè Ruc. Qui congiuntamente citati, pastori in diverse
diocesi, quale auspicio di unità tra le famiglie pezzazesi
e gussaghesi del casato.
top
I PIARDI DELLA TERRA MANTOVANA
I PIARDI DELLA TERRA MANTOVANA I Piardi delle Piarde, le terre
golenali del Po. Dei Piardi, del Piardo, sorti a Pomponesco,
abbiamo fatto cenno in Origine e significato del cognome.
C'è chi sostiene che i Piardi siano nati tutti qui e che questa
famiglia, il Casato, sia, appunto, della terra di Virgilio
(Publio Virgilio Marone). Pomponesco ne sarebbe la loro vera
culla, sull’argine di sinistra del Po. Il padre sarebbe Jacomo
del Piardo, un ufficiale spagnolo che ha in assegnazione,
per meriti di spada, delle terre soggette a sommersione in
dipendenza delle piene stagionali del principale corso d’acqua
italiano. In questo luogo ove il Po compie ampie anse, quella
che va da Pomponesco a Viadana, Cizzolo, le Chiaviche sino
alla immissione dell’Oglio. Luoghi con paesaggi stupendamente
piatti ricchi di fascino dove l’occhio dell’uomo può spaziare
traendo momenti di riflessione. Più interna è Sabbioneta,
nota in tutto il mondo come l’Atene dei Gonzaga. Luogo dove
si trasferiscono i Piardi, almeno in parte, quelli della famiglia
da cui provengono Paolo ed Isabella. La famiglia dei Piardi
del Po, nata dal nulla, cresce nello stesso momento in cui
si sviluppano i Corradi di Gonzaga di Mantova. Quei Gonzaga
che diventano Signori di Mantova vincendo i Bonacolsi. La
genealogia dei Piardi a partire dal primo detto Jacomo è bene
evidenziata nello studio operato da Isabella Piardi da Sabbioneta
al quale rinviamo nel capitolo Piardi nati nel mantovano.
Alcune note su questa famiglia ci sono state proposte da Paolo
Piardi che riferiamo alla specifica voce del glossario. Un
breve cenno, sulla base di quanto ci è pervenuto, meritano
i personaggi figli di Baldassarre, quelli di Giuseppina da
Curtatone, gli zii della quale tutti, tranne il padre, emigrano,
alla fine del XIX secolo, in Brasile. Per questi Piardi del
Po invitiamo a prendere visione di quanto annotato alle voci
Walter, di professione medico, di suo figlio, vivente negli
Stati Uniti, dell’altro Walter, che dimora nel bergamasco,
di Oreste, padre di Giuseppina. Interessante può risultare
la lettura delle righe annotate in calce alle voci: Viadana,
Sabbioneta, Pomponesco, Cizzolo, Gualtieri, Gonzaga ed alle
molte altre inerenti voci del glossario. Le fondamentali origini
di questi (dei) Piardi sono state indicate oltre che in Origine
e significato del cognome Piardi anche in Presentazione ed
Introduzione. Dalle notizie di cui siamo venuti in possesso,
siamo spinti a ricordare, almeno, la famiglia detta Gnoca,
soprannome derivante dal mestiere esercitato dal fornaio Cesare
i cui discendenti, tra cui Adelmo ultimo di cinque figli appassionato
pescatore del Po spesso dedito a salvataggi, oggi risiedono
a Gualtieri. Per la storia di questa famiglia delle Piarde
mantovane vedi anche alle voci: Isabella e Paolo da Sabbioneta,
Cesare e Adelmo. Ed anche al capitolo Piardi nati nel mantovano
- genealogia. Come non fare un cenno, prima di giungere al
capitolo della genealogia dei Piardi Bergamaschi, alla loro
nascita ai piedi delle Alpi Orobiche? I Piardi più antichi
di questa terra i quali, da quanto abbiamo rinvenuto, principiano
il casato bergamasco all’ombra del Colleoni e sulla scia,
un secolo più tardi, delle sua gesta emulandolo però nel diverso
campo dei commerci, rispetto alla sua azione di condottiero
di ventura, colle genti del grande bacino del Mediterraneo
per conto e col consenso della Serenissima Repubblica di Venezia.
Infatti Orazio nel XVI secolo dopo aver sposato la figlia
del De Mangillis ha Venanzio ed è proprio questo suo figlio
a trasferire "momentaneamente" la famiglia a Venezia. Potremmo
e dovremmo continuare a parlare a lungo di questi Piardi,
tuttavia riteniamo a tale riguardo dover rinviare a quanto
riportato al capitolo Piardi Conte Palatino ed a quello in
cui viene esposta la genealogia dei Piardi nati nel bergamasco
e nei territori di Venezia. Utile può risultare la lettura
di molte voci specifiche del glossario relative ai più noti
personaggi Piardi dè Bèrghèm, come i dis i Bresà o dè Bèrgom
come i dis i bergamasc, annotati in genealogia.
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GLOSSARIO
I rapporti di parentela dei diversi casati conseguenti al
matrimonio con i Piardi indicati alle rispettive voci non
sono certamente esaustivi, infatti, in genere, sono stati
riportati quelli segnalatici dalla famiglia di origine o di
acquisizione.
Dalla lettura della genealogia dei Piardi nei diversi capitoli
si potranno meglio conoscere i molteplici imparentamenti con
i Piardi. Alcune date di nascita o di morte possono non essere
in sintonia con quelle indicate nelle diverse genealogie a
causa dei molteplici cambiamenti pervenuti in forma non tempestiva,
in tal caso fanno fede quelle esposte nell’ambito genealogico.
Alcune altre date sono frutto di deduzione soprattutto in
relazione all’età certificata il giorno della morte.
A molte nomi di località o di persona è stato riportato, nel
contesto o nel testo, l’avviso "vedi", per completezza, comunque,
nella ricerca, per ogni singola voce o nome che possono interessare,
verificare la relativa presenza nel glossario in ordine alfabetico.
I Piardi sono indicati rispetto al nome di battesimo.
ACHILLE PIARDI: nato a Gussago il 14 giugno 1846, figlio
di Andrea dei Catanì, sposo nel 1871 (?) di Maddalena Trebeschi
e padre di Aurelia Anna. Muore in giovane età a Gussago. E'
uno dei cinque fratelli garibaldini (vedi) presenti a Bezzecca,
Montesuello, Valli Giudicarie e Vezza D'Oglio. Alla morte
di Achille la moglie sposa, prima del 1885, il fratello di
lui Enrico (1853).
ACHILLE PIARDI: appartiene ad una famiglia Piardi di
Milano (vedi alla voce Milano), nato a Sarezzo (Brescia) il
13 settembre 1890 e deceduto in Milano il 17 gennaio 1945
ove era residente dall’8 ottobre 1925. E' figlio di Giacinto
Piardi (Pezzaze 1848) dei Catanì di Gussago.
ACHILLE DOMENICO PIARDI: nato a Gussago nel 1880, figlio
di Ernesto e di Angela Codenotti (vedi), probabilmente "dei
Palasà" (vedi) di Navezze (vedi). Sposa nel 1904 Angela Camilla
Ghedi (vedi) da Civine dalla quale ha undici figli: Angelo,
Pietro, Giuseppe, Angela Mecia, Angela Giulia, Francesco,
Brigida, Marianna (Marianì), Marianna, Andrea e Maria Marietta
di cui nove formano famiglia. Nota e stimata per il suo impegno
è Marianna (vedi). Achille va militare, in guerra 1915/18,
pur avendo sette figli piccoli, il primo era nato solo nel
1905. Molti altri gussaghesi rimangono ...a casa, non si sa
perché. Torna a casa usando il tram per recarsi da Brescia
a Gussago, ma qualcheduno "ben pensante" di Navezze, pensa
di impedirglielo senza riuscirvi. Infatti, Achille dà dimostrazione
della tipica caparbietà di famiglia! Achille Domenico quel
giorno, tornava a casa con una gamba congelata. Con la sua
famiglia, oltre ai terreni propri, lavora il vigneto dei Masöcher
(vedi) e (Mosca) Zanotti (vedi) disposto a terrazze sulle
pendici inferiori della collina detta "Dosso di Mezzane" nella
zona di Navezze, al limitare della cava attigua allo stabilimento
della calce Buffoli; lavora anche alcuni appezzamenti di proprietà
dei "Ferare/Ferara" Mingotti (vedi) di Gussago. (Da colloqui
con Maria – Marietta Piardi sua figlia) Una famiglia, dignitosamente
povera, quella di Achille Domenico, negli anni venti - trenta,
tuttavia anche in questo periodo tra le due guerre una fetta
di polenta con una di salame ed un bicchiere di vino non sono
mai mancati nemmeno per i cugini e per i figli di questi.
Muore all'età di 57 anni a Gussago alle ore 16,01 del trenta
gennaio 1938 nella casa di via Navezze 46, lasciando nove
figli di cui tre ancora minori, oltre alla sposa. E' l'ultimo
dei Piardi a morire, da proprietario, nella casa paterna anche
se i figli continueranno a viverci sino al 1960. Per la sua
vita vedi anche alle voci: Marianna, Maria – Marietta (1923)
e Giulia (1910). Il 6 maggio 1998, nella sua casa di Navezze
dove vive da quando si è sposata, la figlia Marietta racconta:
"Nella casa di mio padre c'era posto per tutti: poco importava
che fossero parenti o meno e quest'ultimi fossero puliti o
no. Tutti li rifocillava come poteva, magari anche con una
sola scodella di minestra, ovvero una fetta di polenta, e
poi anche i più umili, li faceva accomodare su un pagliericcio
di balle di fogliame (patöss) affinché passassero la notte.
Non mancava, nella sua casa, nemmeno la presenza del sacerdote
che negli anni venti e trenta era addetto alla sussidiaria
chiesa di San Vincenzo Ferreri a Navezze. Infatti, la visita
di questo sacerdote era frequente ed anche per lui un posto
a tavola c'era sempre, magari solo per una ciotola di minestra
o di fagioli. Noi ragazzi, io che ero la più giovane ancora
di più, ci lamentavamo un po’ di questa sua generosità, ma
lui era così, quel poco che aveva era per tutti, soprattutto
per gli altri. Alla sua morte lascia una somma in onore della
Madonna dei Combattenti, lui che era solito ascoltare la messa
senza entrare in chiesa, ma sulla porta. Ricordo, infatti,
che sempre mia madre Angela gli rammentava: "Chè nif en zo
a fa chi, sè sti dè fò?". Frequentano la casa di Achille anche
i componenti della famiglia Orizio, più nota come i D’amore,
abitanti nella casa di Navezze poco lontana cortile dei Zanotti
ora Frau. In questo cortile le sorelle Marianna e Maria –
Marietta acquistano poi casa nel 1956. (Testim. Maria – Marietta
maggio 1998).
ACHILLE PIARDI: dei "Runcù" nato a Gussago nel 1915,
vivente, figlio di Luigi. Lavoratore della terra col nonno
Enrico, col padre Luigi e con i fratelli: Giovanni, Giacinto,
Enrico ed anche con i cugini, figli della zia Emilia orfani
del padre Giovanni, oltre a quelli della zia Elisa Piardi
Bonfadelli alla Breda della famiglia "Odorici" (vedi) ed ancora,
dal 1927 a Navezze alla Cascina Ronconi (vedi). Achille, con
Enrico, sono i due eccellenti e chiari narratori delle vicende
antiche dei Piardi a Gussago, quelle vissute ed anche quelle
loro tramandate dal padre Luigi e dal nonno Enrico, il più
giovane dei sei fratelli Piardi, figli di Andrea Catanì. Ai
Ronconi (vedi) vive tutta la famiglia patriarcale di Bigì
dei Runcù sino all'inizio degli anni cinquanta; successivamente
solo quella di Achille, col fratello Enrico, e la madre Rosa
Colosio, infatti, Bigì è mancato già nell'ottobre 1951 dopo
38 anni di vita coniugale. Nel 1948, Achille, dopo che ha
avuto Maria Rosa, scende al vicolo del Mincio in casa Inselvini,
per far ritorno ai Ronconi, definitivamente, nel 1952 quando
rimarrà con la sola sua famiglia. Sarà lui, infatti, ad avere
col fratello Enrico (scapolo), il diritto di rimanere ai Ronconi,
dopo insorti gravi e rovinosi eventi atmosferici abbattutisi
sulla campagna da loro lavorata ponendo in ginocchio la famiglia
come del resto le famiglie gussaghesi dedite alla campagna.
La sua attività presso lo stabilimento Buffoli e la lavorazione
del vigneto ai Ronconi dà sufficiente garanzia al proprietario
della cascina Luigi Bonometti il quale a sua volta, avallando,
garantirà i fornitori creditori della famiglia Piardi. Achille
ha due figli e cresce la famiglia con il determinante aiuto
della moglie Milì (Angela Bettenzana), risanando dignitosamente
con un impegno decennale le finanze familiari. Scende dai
Ronconi, pur continuando a lavorare il podere, nel 1967 per
vivere nella casa, recentemente ristrutturata, acquistata
a Navezze di fronte all'osteria del Magher, soprannome di
Angelo Zanotti (vedi), primo titolare dell'attività di mescita.
Da giovane Achille ha, tra l'altro, iniziato a lavorare al
Medol di Navezze, cava e fabbrica della calce da costruzione
all'insegna Buffoli e poi all'omonimo stabilimento di Concesio.
Nel 1936 parte militare, assegnato all'artiglieria da montagna
consegue il titolo di graduato di truppa a Vipiteno. Col primo
richiamo alla leva è a Torino, col secondo si trova a Osoppo
(Udine) e così via sino al quinto richiamo quando lo troviamo
a Belluno. Nel 1940, dal sei al dieci giugno, è sul fronte
occidentale ed ancora nel 1940 è sul fronte di guerra greco
- albanese. Dall'8 settembre 1943 sino al 1945 è in Germania,
internato nel campo di concentramento di Neubrandenburg nella
regione Meclemburgo (ex RDT). Successivamente, sapendo lavorare
la campagna, è trasferito dalle autorità militari tedesche
presso le abitazioni di contadini tedeschi di Waren, zona
del Mar Baltico, vicino al confine polacco. Cerca di tornare
in Italia nel 1945 ma, passando, l'11 ottobre nei pressi della
località slovena di Maribor, vicino al confine austriaco,
con altri soldati, è fatto prigioniero dai partigiani slavi
"Titini" di Tito e condotto in Slovenia nei pressi della suddetta
località. Torna a casa quando ha già compiuto trent'anni di
età con undici anni di servizio alla Patria, nella speranza
che ciò sia servito alle future generazioni. In più occasioni,
anche alla presenza del fratello Enrico, ha avuto modo di
affermare, in relazione alle disponibilità economiche delle
famiglie Piardi di Navezze negli anni tra la prima e la seconda
guerra mondiale: "Chè ghera argot, nano, l’era el to nono
Achile. A lü ghera tucat le cà de sota en del löc che a Neeze.
Che dè noter, ghè n’era mia!" Per i suoi figli vedi anche:
Cirelli e Montanari. Achille è la mente storica, assieme al
fratello Enrico, per i Piardi di Gussago con particolare riguardo
alla storia del loro arrivo da Pezzaze e per la ricostruzione
genealogica della numerosa famiglia di Andrea (1799) comprendente
Enrico (1853), ultimo nato, loro nonno.
ACHILLE FRANCESCO PIARDI: Gussago, classe 1903, figlio
di Nino Angelo e Bianca Carolina Inselvini, per trentacinque
anni stradino municipale a Gussago negli anni trenta/sessanta.
Da giovane lavora per quindici anni come cavatore di pietre
al "Medol" di Navezze, fabbrica di calce della ditta Buffoli
di Gussago ove subisce forti danni alla vista. Da ragazzo,
per problemi di deambulazione, non si reca a scuola per apprendere
a leggere e a scrivere. L'intercessione dei Santi delle Riviere
(Sancc de le ere/riere) è da ritenersi miracolosa all'età
di dieci anni. La mamma Bianca Carolina, assieme a tutti i
figli conduce, durante la festa patronale d'agosto, alle Riviere
anche Francesco Achille. "I Sancc de le ere/riere ... i ga
fat la grasia" ... ? non si sa, comunque Francesco Achille
cammina. Achille Francesco sposa Agnese Trebeschi (vedi) ed
ha una figlia: Bianca. Muore a Gussago il 7 ottobre 1976.
ACHILLE GIOVANNI PIARDI: Gussago, classe 1948, figlio
di Francesco (vedi) e di Teresa Arici (vedi), curatore di
questa ricerca.
Omissis … (Dall'opera I PIARDI, Volume I)
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