Giovanni Maria Piardi
Giovanni Maria Piardi (o
Gian Maria) nasce a Gussago (BS) da Giuseppe e da Vittoria
Ferrata il 19 settembre del 1918.
Studia a Brescia, poi al Collegio Borromeo, a Pavia, dove
si laurea con lode in Chimica nel 41. Ufficiale di artiglieria
alpina, viene fatto prigioniero a Merano e trasferito in Germania,
dove trascorre tre anni in diversi campi di prigionia.
Alla fine della guerra torna a Brescia, poi si trasferisce
a Milano. Si sposa con Maria Torre (di Alberto Torre e di
Elvira Pozzi) e comincia a lavorare alla Simes, industria
farmaceutica, dove svolgerà tutta la sua carriera come
Dirigente di produzione.
Sportivo, curioso, sempre attivo, ama la montagna (sciatore
e camminatore) e il mare (nuotatore e velista). Ha cinque
figli, quattro femmine: Vittoria (1947-2000), Nicoletta (1949),
Silvia (1950), Piera (1952), e un maschio Marco (1958) (Marco
è il bambino ritratto con il nonno Giuseppe Piardi
nella bella foto pubblicata sul sito).
Muore a 78 anni a Milano.
"Quanta strada farai, Gianni,
nella vita! "
Nel 2007, il nipote Jan Mattassi, figlio di Nicoletta
Piardi (1949) e del Dott. Prof. Raul Mattassi, trascrive e
pubblica le memorie (Diario) del nonno Giovanni Maria
(1918) nel libro "Quanta strada farai, Gianni,
nella vita! ". (Così intitolandolo, secondo
quanto gli raccomandò zia Lina, che lo aveva cresciuto
da piccolo, ... se ti applicherai negli studi).
<< Mio nonno, il sottotenente Giovanni Piardi, catturato
a Merano dopo l'otto settembre 1943, girò il III Reich
come prigioniero di guerra. Nel manoscritto delle memorie
che lasciò ai familiari descrive le sue avventure di
venticinquenne neolaureato, strappato alla sua vita per combattere
una guerra di un'Italia che quell’infame giorno lo tradirà.
Gianni racconta le sue (spesso tragiche) peripezie senza amarezza,
ma con uno spirito ottimista, critico e talvolta ironico,
nonostante la situazione sembri peggiorare giorno dopo giorno.
Ho deciso di trascrivere la sua esperienza per parlare di
un uomo, non di un ""soldato"" o di un
""fascista"", ma di un ragazzo come tanti,
vittime della loro epoca, che sono sopravvissuti per
raccontarci l'assurdità della guerra. (...). ... >>.
(Jan Mattassi, anno 2007).
"Quanta strada farai Gianni
nella vita!". Commento di Marco Piardi (1958),
l’anno 2009.
La storia vera é fatta di ricordi personali, lettere,
scritti, appunti, fotografie , memorie, racconti fatti dai
protagonisti che nella quasi totalità si sono trovati,
loro malgrado, coinvolti e travolti , vittime più che
protagonisti di eventi storici che verranno ricordati. Tutto
questo si perde col tempo ma lo sforzo di mantenerne il ricordo
più a lungo é un atto dovuto che Jan Mattassi
col suo lavoro di riedizione delle memorie di Guerra del nonno
Giovanni Piardi ha voluto fare. La storia degli storici che
riguarda per lo più episodi di guerre, non ha il drammatico
impatto delle testimonianze dirette. Le testimonianze come
le memorie di Giovanni Piardi sono ciò che le generazioni
che non hanno conosciuto la guerra devono mantenere vive nella
memoria. Vedendo o leggendo dei bombardamenti delle citta
in Iraq o altrove devo automaticamente pensare e giudicare
sul metro delle memorie e dei racconti di che madre o nonna
o nonno i bombardamenti li ha subiti come é successo
solo sessant'anni fa nelle citta italiane durante la seconda
Guerra Mondiale. Questa é l'unica lettura. (Marco Piardi.
15 ottobre 2009 By a Lulu User)
PIARDI GIOVANNI MARIA (1918).
Sottotenente di prima nomina di Artiglieria Alpina. Assegnato
al 2° Reggimento di Artiglieria Alpina di stanza a Merano
- Maia bassa, nella caserma che fronteggia l’Ippodromo
(come lui medesimo scrive), sino all’8 settembre 1943.
<< 8 settembre 1943: L’avventura comincia;
come per tanti altri soldati italiani. L’Italia ha firmato
la resa. Sono ufficiale, sottotenentino di prima nomina (...).
Dal 25 luglio 1943, corre l’obbligo di dormire in caserma
anche per noi ufficiali. Caccia alle brande ancora libere
... . Sono l’ufficiale addetto ai viveri, vale a dire
un povero diavolo comandato a fare la spesa per circa tremila
uomini in forza al Reggimento, un povero diavolo destinato
a lottare con i vecchi volponi del Commissariato Viveri per
farsi derubare il meno possibile. (...). (...). Il Colonnello
ci consegna tutti in caserma e dispone che sia sbarrata la
porta carraia e siano messi di guardia alcuni artiglieri alpini
e ... attende ordini. (...). Qualcuno chiede al Colonnello
di lasciarci andare via e questi minaccia di deferirci tutti
al Tribunale Militare. (...). Si chiedono ordini... si attendono
ordini... che non arrivano. ... giunge finalmente un ordine:
approntare un battaglione ed inviarlo ad intercettare una
divisione corazzata tedesca. Si radunano gli uomini, ci si
arma di moschetto; poi cominciano le difficoltà: nessuno
vuole assumersi la responsabilità di autorizzare il
prelievo per un secondo caricatore oltre a quello di normale
dotazione. Il battaglione ha quattro pezzi someggiati da 75/13
(glorioso residuato bellico del 1915-18). Per ogni pezzo un
colpo. Speriamo che la guerra duri poco! Il battaglione deve
partire con la massima urgenza per occupare alcuni fortini
all’inizio della Val Venosta. Partono i muli con i pezzi
someggiati e i conducenti al comando dei loro ufficiali (...)
>>. Non essendo i mezzi sufficienti per caricare tutti
i soldati, si va in prestito di una corriera e di un camioncino
... di un verduraio. Giunti sul posto <<... si tratta
di entrare nei fortini, ma questi sono chiusi a chiave; le
chiavi sono introvabili. (...).(...). quando la famosa corazzata
tedesca si presenterà... . Resistere col fuoco dei
cannoni e dei moschetti? ... si disponeva di un colpo per
pezzo e di due caricatori per ogni soldato. (...). ... istruzioni
dal Comando Militare. Risposta perentoria: “Resistere
fino all’ultimo uomo” e la coscienza è
tranquilla. (...). Siamo al 9 settembre ...>>. E i soldati
di un intero battaglione, sulle Alpi Venoste, non hanno nulla
da mangiare. Passano due giorni. << Il Battaglione (Corpo
di spedizione ai fortini della Val Venosta) viene fatto rientrare.
(...) >>. Quando a Merano arrivano i tedeschi <<
il signor colonnello e noi ufficiali siamo sulla porta della
caserma in attesa... (...) >>. I tedeschi “risolvono”
tutti i problemi: ci portano in un campo sportivo di Innsbruck
e poi alla stazione ferroviaria passando davanti alle “tranquille”
finestre delle case <<... mentre noi ex brillanti ufficialetti,
ex laureati con 110 e lode e i complimenti della Commisione
di Laurea veniamo avviati, ormai solo numeri, verso quale
destino Dio solo lo poteva sapere. Perchè? Che male
avevamo fatto? Forse io se non un male almeno un errore l’avevo
compiuto: quando presentandomi in agosto alla visita di controllo
dopo una licenza di convalescenza, pur avendo buone probabilità
di essere riformato e quindi congedato, per un senso di colpa
perchè quasi tutti i miei amici erano al fronte, avevo
dichiarato di essere in buona salute. E così mi avevano
inviato al Corpo a Merano. Destino! Ricordo che gettando l’ultimo
mozzicone dell’ultima sigaretta che mi era rimasta pensai:
“Da oggi la mia vita vale quanto questa cicca”.
Carro bestiame: comincia il gran giro della Germania.(...)
>>.
Catturato, quale Ufficiale dell’Esercito Italiano, è
internato dai tedeschi in Campi di concentramento (Königsberg
in Prussia, Deblin Irena in Polonia, Przemysl) e poi al porto
di Stettino, a Gotenhafen (Gdinya) vicino a Danzica da dove
avviene la fuga e l’arrivo dei Russi, poi ancora a Swineminde
dopo aver vagabondato per mare e poi in carro bestiame per
molta strada ferrata della Germania. Vede anche la Danimarca.
In Germania viene ancora avviato verso est forse per scavare
fosse anticarro, ma non sarà così. Ormai, quando
si vocifera essere vicino l’arrivo dei Russi, è
sbandato tra fuggiaschi e sbandati civili e militari e presto
giungono pure reparti Americani. E’ a Lunenburg a ovest
dell’Elba, presso l’ospedale alleato, diretto
da un medico polacco, lavorando come chimico usufruendo delle
conoscenze tecniche e di quelle di saper parlare francese,
oltre che tedesco.
Nel Campo di Deblin, la notte di Natale 1943, Giovanni Maria
incontra il Tenente Cappellano Alpino Padre Ottorino Marcolini
<< ... dei padri della Pace, che mi era stato vicino
quando ero studente, mia guida spirituale e mio compagno di
gite in montagna, ricomparso tra noi come per miracolo, fu
motivo di immensa commozione in quella notte che mai dimenticherò.
Solo la fede in Dio ci era rimasta e la grande speranza che
Lui non ci avrebbe abbandonati. ... >>. (Giovanni Maria
Piardi. “Quanta strada farai, Gianni, nella vita, se
ti applicherai negli studi”). Anno 2007, Jan Mattassi.
Le memorie di guerra, dall’8 settembre 1943 alla liberazione,
scritte da Giovan Maria Piardi sono pubblicate, postume e
solo nel 2007, dal pronipote Jan Mattassi, figlio di Nicoletta
Piardi e Raul Mattassi.
(Raul Mattassi. Medico, professore, specialista in Angiologia
e Chirurgia vascolare. Primario della Divisione di Chirurgia
Vascolare dell'ospedale di Garbagnate Milanese. E' fondatore
e direttore del primo Centro Italiano per la diagnosi e cura
delle Malformazioni Vascolari).
Vedi, anche:
- Vittoria Piardi, notaio, figlia di Giovanni
M.
- Silvia Piardi, docente, figlia di Giov.
Maria
- Giuseppe Piardi, padre di Giovanni Maria
- Giovanni Maria jr.(1845) e Giovan
Maria padre (1774), rispettivamente nonno e bisnonno di Giovanni
Maria (1919)
- Vittorio Piardi, fratello di Giovanni
Maria
- Giovanni Maria Piardi
in moto verso le Alpi, anno 1948
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