VOLUME
III
I PIARDI NEL TEMPO -
dimore, vita vissuta, costumi portati dai Piardi ed anche
devozioni cui siamo stati capaci in più di cinque secoli
di vita.
4. DEVOZIONI
4.1 CELEBRAZIONE TRIDUO IN
SUFFRAGIO DEI DEFUNTI
Pratica avviata in Gussago a partire dal secolo XVIII e ivi
celebrata dai Piardi a partire dagli inizi del 1800.
A Gussago l'Immensa 'macchina' così popolarmente è chiamato
l'immenso apparato che, illuminato da centinaia di candele,
parte dal pavimento del presbiterio per giungere sino alla
sommità della volta absidale della chiesa di S. Maria Assunta
(sec. XVIII).
Ai lati gli Angeli, detti dal popolo dei fedeli 'Angele' per
l'apparente aspetto femminile impresso dal pennello di Angelo
Inganni, noto pittore bresciano del sec. XIX. ....
GUSSAGO. Celebrazione dei Sacri Tridui per i defunti nei giorni
6, 7 e 8 febbraio 2009
cui i Piardi sono assiduamente presenti.
TRIDUI (sacri) in località di
dimora dei PIARDI od in paesi vicini.
<< Sacri
Tridui. Pia e solenne commemorazione dei defunti della
durata dei primi tre giorni consecutivi della settimana, considerati
un tempo festivi. E’ pratica particolarmente bresciana
ignota, fatte poche eccezioni (Gandino e Rovetta nel Bergamasco),
alle diocesi contermini. Hanno avuto origine nei suffragi
delle molte vittime della guerra di successione spagnola (1701-1705)
in terra bresciana specie nella battaglia di Chiari (1701)
e di Calcinato (1703) e furono iniziati a Brescia nella Chiesa
di San Giuseppe dai Francescani Minori Osservanti (...) l’anno
1716. (...). La celebrazione prevedeva, di solito al mattino,
un susseguirsi di Messe e un ufficio solenne e verso sera
l’ufficio dei defunti, la predica di un oratore di grido,
l’illuminazione dell’apparato l’esposizione
del Santissimo sacramento al centro della “macchina”
e la Benedizione Eucaristica. I Sacri tridui erano considerati
giorni festivi di precetto; erano solennità parrocchiali
alle quali nessuno doveva mancare ed anche quelli che risiedevano
fuori dal paese o erano assenti per motivi di lavoro ritornavano
puntualmente a casa. La pia pratica si celebrò in citta
di Brescia nelle chiese di degli Ordini religiosi, a S. Alessandro
(Serviti), a S. Francesco (Conventuali), a S. Giuseppe (Minori
Osservanti), al Carmine (Carmelitani), alle Grazie (Gesuiti).
Queste chiese avevano la loro Confraternita particolare del
S. Triduo o del Suffragio dei Defunti, che provvedeva alle
spese della funzione. (...). L’anno 1727, il 11 settembre,
una Ducale della Serenissima Repubblica di Venezia approvava
la Confraternita “Compagnia del Triduo di S. Giuseppe”
(chiesa di S. Giuseppe in città di Brescia) in suffragio
delle Anime del Purgatorio con relativi capitoli, cioè
regolamenti. (...).
La celebrazione dei Tridui venne distribuita nei mesi di novembre,
gennaio e febbraio, e specialmente nelle tre domeniche che
precedono la Quaresima, chiamate di Settuagesima, Sessagesima
e Quinquagesima, che comprendono il carnevale, la stagione
dei divertimenti, dei balli, dei teatri, delle mascherate,
residuo di usanze pagane per scacciare le noie dell’inverno
e i pericoli del mese delle febbri (februarius). (...). Assieme
alla pratica dei Tridui si andarono diffondendo specie nel
sec. XVIII in tutta la diocesi le “macchine”,
ossia gli apparati dei Tridui che vanno dal barocco al neoclassico,
ingaggiando alcuni artisti di rilievo ma, soprattutto, artigiani
dei quali si sono perse le tracce. (Antonio Fappani. Enciclopedia
Bresciana, Vol. XIX– Voce: “Sacri Tridui”)
San Lorenzo in piazza omonima - Gussago.
Chiesa in cui venivano sepolti in apposito sepolcro gli appartenenti
alla Compagnia del Triduo.
(Foto Vivenzi)
top
Da << “La
Machina del Triduo” >> di Lino Ertani.
Il culto dei defunti.
Premessa.
Il presupposto fondamentale per comprendere bene ciò
che andremo dicendo è la fede cattolica nell’esistenza
del Purgatorio.
Il CONCILIO DI TRENTO (1545-1582) afferma categoricamente
che: "Oltre ad un Paradiso per i giusti ed un inferno
eterno per i dannati, esiste anche il Purgatorio dove vanno
le anime dei giusti non ancora del tutto giustificate che
sono purificate da pene e possono essere aiutate dalle preghiere
di suffragio, soprattutto col sacrificio della Messa...".
(Sess. XXV)
Anche il CONCILIO VATICANO II richiama ciò che fu definito
come verità di fede nei precedenti concili di Lione,
di Firenze e di Trento ed afferma che: "... c’è
un vitale consorzio con i fratelli che sono nella gloria celeste
o che ancora, dopo la morte, stanno purificandosi...".
(cf. Lumen gentium & 424).
Il dogma di fede nell’esistenza del Purgatorio viene
fondato dal Magistero cattolico soprattutto su argomenti tolti
dalle Sacre Scritture:
Nel
Vecchio Testamento, al Secondo Libro dei Maccabei, si legge:
"È cosa santa e salutare pregare per i defunti
perché siano sciolti dai loro peccati...".(cf.
2 Mac 12,43)
Nel
Nuovo Testamento, si legge che: "... il peccato contro
lo Spirito Santo non sarà rimesso né in questo
secolo, né in quello futuro...".(cf. Mt 12).
Anche la Tradizione è fondamentale per la fede cattolica.
Nei primi quattro secoli del Cristianesimo troviamo l’affermazione
che i credenti fanno preghiere e offerte per i morti; antichissime
liturgie fanno luogo alla prece per i morti; nelle catacombe
c'è chiara testimonianza di offerte per il "refrigerium"
dei defunti.
I Padri della Chiesa parlano di un certo fuoco del Purgatorio
nel quale si espiano i peccati veniali, fuoco che non sarà
eterno come quello dell’Inferno, ma che è purificatore
ed intenso. Si leggano alcuni testi di San Gregorio Magno,
di S. Cesario, di S. Ambrogio e di S. Agostino. Essi affermano
anche che per molti fedeli defunti è necessario offrire
messe ed opere di carità.
LA RAGIONE - È argomento che piace a molti perché
fondato sulla logica esperienziale. Le persone che passano
da questa vita alla vita eterna di solito non sono così
cattive da meritare la maledizione di Dio, cioè l’Inferno
eterno; d’altronde non sono neppure così buone
e perfette da essere subito ammesse alla partecipazione della
gloria e dell’amore di Dio, che è somma perfezione,
cioè nel Paradiso. È retaggio dell’uomo
una certa mediocrità. Ecco allora che nasce dalla ragione
l’esigenza di pensare ad uno stato intermedio, tra la
pena e la felicità, dove le anime si purificano per
meritare la felicità eterna.
La storia, la liturgia, le espressioni dell’arte e della
letteratura provano questa fede antichissima. (...). (...).
(Da un lavoro di Don Lino Ertani, Sacerdote nelle terre di
VALCAMONICA – Brescia, poeta e scrittore, anche in vernacolo
camuno). http://www.parrocchie.it/borno/gbattista/triduo.htm.
In città di Brescia sono andati dispersi almeno in
parte gli apparati delle chiese di S. Giuseppe, di S. Maria
del Carmine. Tra le ultime “macchine” è
stata ricuperata quella di S. Maria Calchera, risalente al
sec. XIX, rimessa a nuovo nel 1981. (...).
I TRIDUI in provincia
di Brescia (Tradizione conservata in almeno 34 Comuni,
dei 206):
BORNO, in Valcamonica. Apparato
documentato nel 1755 eseguito da artigiani del luogo. Una
nuova macchina utilizzata nel febbraio 1852, attribuita all’artigiano
Gherardo Inversini, di Borno e abbellita, in seguito, con
sculture di S. Michele Arcangelo e delle anime del Purgatorio.
Restaurato nel 2002.
Tra affetto… nostalgia…
speranza… tradizione… a BORNO.
<< ... In Lui rifulga per noi la speranza della beata
risurrezione, e se ci rattrista la certezza di dover morire,
ci consoli la promessa dell’immortalità futura.
Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma
trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio
terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo
... >>. (Dal prefazio dei defunti).
Il Triduo dei Morti per molte comunità è un
insieme d’affetto, nostalgia, speranza e tradizione
che, fondendosi tra loro, formano quell’olio che alimenta
la lampada della fede di tanti semplici fedeli, tra i quali
ci colloquiamo anche noi. Fede innanzi tutto nel mistero su
cui si fonda tutta la nostra speranza, cioè nella risurrezione
di Gesù Cristo, che diventa anche la nostra risurrezione.
(...). (...).
Il culto e l’amore ai morti sono espressioni che possono
aiutare ogni persona a scrivere il proprio inno alla vita.
Il pensiero della morte, anche se l’umanità lo
ha esorcizzato, non è stato eliminato: rimane come
eredità di ogni uomo e come unica certezza esistenziale.
Esorcizzando la morte l’uomo moderno ha avvelenato la
cultura della vita; oggi più che mai l’uomo deve
ricordare a se stesso non che deve morire, ma che deve vivere.
Il pensiero verso i morti non è far memoria della certezza
di dover morire, ma risvegliare il senso pieno della vita;
una vita da vivere alla luce della fede, al calore della misericordia
divina e al sapore del pane eucaristico. La morte non spegne
la vita ma la trasforma; trasforma prima la dimensione spirituale
e alla fine dei tempi la realtà corporale, cioè
quello che dopo la morte rimane a riposare nel sepolcro.
Tra le braccia di Dio i morti sono trasformati nei loro affetti,
nei sentimenti, nei pensieri e guardano a noi con gli stessi
sentimenti di Gesù; a noi che rimaniamo quaggiù,
trasmettono l’unica cosa che conta: amare e vedere la
vita con gli occhi e il cuore di Dio.
Anche noi, come le donne del Vangelo, non dobbiamo cercare
i nostri morti nei luoghi della morte, ma nel Cristo vivente.
Cercare loro equivale a trovare Dio.
Penso che il grande messaggio, la splendida catechesi che
ci viene trasmessa dalla tradizione del Triduo stia proprio
in questa dimensione: trasformare, convertire, purificare
il nostro affetto, la nostra nostalgia, la nostra speranza
per i nostri morti in amore, nostalgia e affetto verso Gesù
Cristo, fondamento della nostra vita presente e soffio della
nostra speranza. È il grande messaggio Pasquale al
quale ci stiamo preparando: “Se siete risorti con Cristo,
cercate le cose di lassù, dove Cristo vive e regna”.
Entriamo nella tomba vuota... non per rimanerci a piangere
e a disperare, ma per uscirne trasformati e portare al mondo
il messaggio tanto atteso: Cristo è la nostra gioia,
è la nostra consolazione, è la sola parola medicinale
alla sofferenza per la morte di una persona cara. Il primo
mondo che ha bisogno di sentire la gioia della risurrezione,
è la nostra interiorità, ferita e lacerata dalla
sofferenza. È la nostra speranza, la nostra voglia
di vivere e di amare che deve risorgere a vita nuova.
Mantenere vive e purificare ogni giorno le tradizioni è
quanto ci vogliono trasmettere coloro che ci attendono in
paradiso e che non si stancano di amarci e rimanerci vicino.
Guardando e contemplando la splendida “Machina del Triduo”,
gioiello che incarna la fede del passato e del presente, ringraziamo
i nostri nonni che hanno collocato al centro il segreto della
vita, il soffio della misericordia, il respiro ai nostri giorni
lieti e oscuri, la luce alle nostre coscienze, l’olio
della consolazione: l’EUCARESTIA, il “Chi mangia
la carne e beve il mio sangue non morirà”. (...).
Don Angelo. Parrocchia di BORNO (Valcamonica), Pasqua 2006,
tratto da “Cüntomela”. http://www.parrocchie.it/borno/gbattista/p2006/triduo.htm;
“Machina del Triduo”
di BORNO in Valcamonica (Brescia)
Nell'antichità si diceva che la civiltà di un
popolo, si misura dal culto che ha per i propri morti; se
quest'assunto è vero - come è vero - i nostri
nonni, che hanno voluto e realizzato la "Machina del
Triduo" proprio per onorare e ricordare i loro morti,
avevano certamente fortissimi il culto e l'impegno della preghiera
per i defunti - dimostrando così un elevato grado di
civiltà e soprattutto una grande Fede - che si sono
fortemente radicati nella comunità Bornese, giungendo
fino a noi, con sorprendente diffusione e sentita partecipazione.
La
ricorrenza del "Sacro Triduo", ripropone annualmente
questa tradizione devozionale e rinnova le espressioni di
Fede e di devozione ai morti della nostra Comunità,
con un programma di appropriate celebrazioni, bene accolte
e molto "vissute" dalla gente, che si esprimono
anche nell'entusiastico montaggio dell'apparato ligneo - decorativo
della "Machina del Triduo". .
Le occasioni di preghiera comunitaria e di riflessione personale
sono state molte, ma le funzioni della sera soprattutto, hanno
visto una partecipazione davvero straordinaria, con il piacevole
accompagnamento canoro del Coro di Gorzone, una predicazione
semplice ma profonda ed efficace e un raccoglimento devoto,
che ha certamente arricchito la comunità tutta. Sul
piano personale, ognuno di noi è stato chiamato ad
una reale “conversione" e ad un rinnovato entusiasmo
nella Fede, in questo sollecitati dai temi delle riflessioni
del Predicatore e dalla recente Visita Pastorale, nella quale
il nostro Vescovo ci ha invitati a “... (ri)fare il
tessuto cristiano delle comunità ecclesiali e della
società umana...", proprio come coloro che hanno
"pensato", voluto e realizzato la nostra bella “Machina
del Triduo". Quest'anno (2002) poi, la "Machina",
celebra quasi 150 anni (esattamente 147) ed è ancora
più suggestiva per essere stata oggetto di un intervento
di Restauro Conservativo, che ne ha esaltato le già
evidenti qualità artistiche e scenografiche. Non è
qui il caso di ricordare le vicende storiche della costruzione
dell'apparato decorativo, già autorevolmente ricostruite
da don Lino Ertani nella nota allegata al programma delle
Celebrazioni, ma pare doveroso ricordare alcuni particolari,
confermati e suggellati dalle opere di Restauro. Anzitutto
l'attuale sistemazione è opera di Gherardo lnversini
di Francesco, che "firma" il lavoro nel 1855, come
rilevabile dalla scritta apposta all'interno di uno dei basamenti
del colonnato; la struttura è fortemente caratterizzata,
secondo il gusto dell'epoca, da elementi architettonici di
tipo neoclassico (basamenti, colonnato e trabeazione aggettante),
mirabilmente composti e organicamente integrati con decori
floreali, con simboli iconografici, scritte e statue adeguati
e coerenti con le funzioni e le esigenze di rappresentazione,
proprie della celebrazione del Triduo dei Morti. La diversa
qualità artistica dei decori floreali, la composizione
dei gruppi statuari (le anime purganti e gli arcangeli) e
la policromia dei singoli elementi, fanno ragionevolmente
pensare al recupero di alcuni "pezzi" di una precedente
struttura (forse andata parzialmente distrutta ?), genialmente
riutilizzati nell'attuale apparato, con un risultato assolutamente
equilibrato ed omogeneo. La scoperta, durante il grande lavoro
di ripulitura, delle straordinarie colorazioni originarie,
falsate da polvere e cera depositatesi nel tempo, nonché
da interventi di ridipintura di alcune parti, sono segno di
un gusto raffinato che rende onore all'artista che le ha eseguite,
ma anche alla committenza che le ha volute e confermano la
"Civiltà" e la Cultura delle genti dell'epoca.
La complessità e l'articolazione espressiva dell'opera,
lo straordinario incontro di discipline e genialità
artistiche, la suggestione dell'apparato decorativo nel suo
complesso, ma soprattutto la rappresentazione del momento
del giudizio divino cui siamo tutti chiamati, fanno della
"Machina", un'opera "viva", che tocca
ciascuno di noi, credenti e non credenti; che si esprime liberamente
nella personale meditazione; che si esalta nella storia di
una comunità cristiana; che diventa patrimonio incancellabile
di valori, di umanità, di tensione morale. Che è
davvero un'opera d'arte, di cultura e di fede. (Mario Gheza).
(...). .http://www.parrocchie.it/borno/gbattista/p2002/a16.htm
(...)
CASTENEDOLO, sulla strada per Mantova.
I sacri Tridui a suffragio dei morti.
1717. L'intenzione dell'Ignoto negoziante che a Brescia
nel 1717 ideò il Sacro Triduo era semplicemente di
suffragare le anime dei morti con preghiere e uffici solenni
per tre giorni consecutivi. Nessun altro scopo aveva avuto
quel buon uomo bresciano, tanto che l’autorità
ecclesiastica aveva approvato senza alcuna difficoltà
la nuova Confraternita: il consiglio direttivo, il suo statuto.
Nel principio deI 1717 si celebrò il Triduo per la
prima volta nella chiesa di S. Giuseppe e poi in quella del
Carmine a Brescia, dove chiamarono la Confraternita, «l’unione
degli ammogliati ». Chissà il perché la
chiamavano così dal momento che potevano appartenervi
tutti gli ammogliati e non, uomini e donne, giovani e anziani?
In brevissimo tempo la pia unione si diffuse in molte parrocchie
anche della campagna.
A Castenedolo la compagnia fu costituita verso la metà
di luglio del 1727 dall’Inquisitore domenicano di Brescia
che scelse per protettore dell’Unione S. Pietro martire.
I giorni stabiliti per le solenni funzioni furono Ia penul-tima
domenica di carnevale e i due giorni seguenti. Come personale
del suffragio dei morti ossia come dirigenti dell’associazione
furono eletti: pre-sidente, Simone Ballino; sindaci: Giovanni
Castione, Francesco Novelli; tesorieri: Beltramo Gate, Faustino
Gasparini, Domenico Arigotti; consiglieri: Antonio Toiani,
Pietro Pinardo; cancelliere: Antonio Maria Ravello; ragionati:
G. Battista Ravello, Giacomo Trento; infermieri: Filippo Ravello,
Andrea Lombardo.
1728. Tutto andava bene, tutti erano contenti, ma il 16 luglio
1728 chissà per quali referti giunti a Venezia, quale
senso dato alle intenzioni del buon negoziante bresciano e
quali timori suscitò nel governo veneto la costituzione
di questa Unione, che non si interessava che di pre-gare per
i morti, ecco arrivare al Podestà di Brescia la seguente
lettera ducale: «Aloysus Mocenigo dei gratia duse venet
ecc. Nobili et sapienti Vico Andrea Memo, equiti da suo mandato
potestati et V.e Capitano Brixia. Dall’esatte informazioni
vostre 27 maggio e 24 giugno decorsi intorno l’eretione
d’un suffragio sotto l’invocatione di S. Pietro
martire nella terra di Castenedolo rileviamo concorrervi tutto
quello è vietato dalle pubbliche Leggi, cioè
unicamente ecclesiastici, donazioni di fondi laici et esurpatione
del jus parrocchiale. Riconfermato così pure da consultari
jure, riteniamo necessario d’esser ragguagliati del
motivato con cui si dirigge nel suo temporale governo, della
dipendenza sua codesto Padre Inquisitore della città,
con cui si uniscono simili confraternite, del numero degli
aggregati. Nel mentre farete chiamare a voi i direttori desso
suffragio per seriamente ammonirli di questo eccesso con abuso
e trasgressioni delle leggi, ed ai mede-simi proibirete, sotto
quelle pene che si pareranno convenienti, le ridutioni loro,
anzi espressamente comanderete attenderemo di ragguagli che
ci promettono solleciti dalla nota benemerita dirigenza vostra.
Dato il nostro Ducale Palatio die, X Juli ind. VI MDCCXXVIII
».
Quella lettera ducale sorprese il Podestà di Brescia,
che forse conosceva personalmente i dirigenti e sapeva che
erano del «Suffragio» e buone persone che non
pensavano affatto a congiurare contro la Repubblica ed a ribellarsi
alle sue leggi. Quale maligno referto era giunto al Doge?
Chissà! La Ducale però non ammetteva repliche
e il Podestà doveva ubbidire. Scrisse infatti la seguente
lettera ai Direttori del Suffragio: Noi Andrea Memmo Cav.
Podestà e Capitano di Brescia e suo Distretto. «Venendo
espressamente comandata dalle ducali ec.mo Senato X luglio
corrente la dissoluzione del suffragio dei morti erretto le
pubbliche leggi nella terra di Castenedolo sotto l’invocazione
di S. Pietro martire, rendiamo con il presente nostro mandato
nota a chiunque la risoluta pubblica volontà perché
habbia a interamente dissogliersi il Suffragio stesso nè
mai più seguir debbano le ridutioni dei confratelli
che per avventi si facevano contro le leggi medesime. Spediamo
a tale effetto un pubblico in detta terra il dovrà
a chiara intelligenza cadauno pubblicare la presente ordinatione,
et in questa parte effigerla anco alle porte della chiesa
parrocchiale, perchè se in alcun tempo veruna persona
ordisse contravvenirvi ca-dere nella pena di lire 100 e criminali
ad arbitro della giustizia. Come temo al Presidente, a Giudici,
Tesorieri, Consiglieri, Cancellieri, Ragionati ed Infermieri
che tutti assieme debbano venerdì prossimo mattino,
sarà li 23 cadente comparire davanti a questa pubblica
rappresentanza perché da essi possano interamente eseguire
le suddette lettere ducali. A tutti li predetti Direttori
di tale abusivo suffragio resta pure commesso interamente
di sciogliersi ne fare in tempio veruno, neppur qualunque
escogitato pretesto ridutione alcuna ed anzi doveranno immediatamente
consegnare allo stesso tutte le carte libri filze con il loro
dissunto inventario ne non danari, habiti ecc... utensili
ed ogni altra cosa e carte che avessero presso di se e presso
d’altri riguardante il suffragio medesimo con le note
delle somme numeri e peso, per essere tutto presentato in
questa Cancelleria Nostra Pre-fettizia, tutto ciò sotto
pena di lire duecento per cadauno da esserli irremisibilmente
tenuta di corda; galera ed altre riservate alla pubblica autorità.
Commettiamo inoltre a Giorgio Antonio Forzanino nodaio, di
dover nel termine di giorni tre prossimi haver presentata
la detta cancelleria Prefetizia, le filze dei suoi rogiti
dello anno 1727 per quell’osservazione che con-vengono
all’intera obbedienza della pubblica ammissione ».
I direttori del suffragio, sicuri di non aver violato nessuna
legge, convinti anzi di avere fondato un’opera che suffragando
i morti faceva del bene spiritualmente anche ai vivi, si portarono
di persona dal Podestà senza paura della galera e della
minacciata tortura. Spiegarono lo scopo della loro unione
con tanto candore e chiarezza che i timori scomparvero d’incanto
e i sostenitori dei Tridui furono lasciati liberi di continuare
la loro opera. In poco tempo il Sacro Triduo si estese a tutto
il territorio bresciano e più nessuna autorità
ne impedì la celebrazione che acquistò sempre
più importanza. Quei giorni divennero giorni di festa.
Per alcun tempo le chiese vennero addobbate a lutto poi al
suffragio per i morti, si uni il trionfo dell’Eucarestia
e l’altare maggiore fu vestito a festa.
Le parrocchie andavano a gara a preparare l’altare dove
Gesù sarebbe stato esposto all’adorazione dei
fedeli in un trionfo di luce.
Nel 1872 il Signor Andrea Pisa della famiglia Pisa, imparentatasi
poi con la famiglia Geroldi, fece dono alla chiesa di un apparato
per il Triduo veramente artistico di stile secentesco. Occupava
il coro ed era illuminato da mille candeline. Dopo la predica
tenuta sempre da un sacerdote o abate di grido, le nubi dell’ovale
che si vedono in alto, s’aprivano mentre il popolo cantava
il «De profundis» e il «Pange lingua ».
Allora l’Ostia Santa nel prezioso ostensorio trionfava
in una miriade di minuscole luci scintillanti. Alla fine del
canto le nubi Si chiudevano e il celebrante dall’alto
benediva solennemente la folla che gremiva la chiesa.
La funzione religiosa che aveva chiamato una quantità
di gente dalla città e dai paesi vicini era finita.
Iniziava allora la festa esterna. Le due piazze invase da
giostre, baracconi, banchetti pieni di giocattoli e di leccornie
venivan presi d’assalto specialmente dai bambini e dai
giovani.
L’altra gente riempivan le osterie e più ancora
i «licenzini », ossia le case private che avevano
ottenuto la licenza di vendere il vino prodotto dalle loro
vigne. In dialetto chiamavano questi «licenzini»
le « scòdèle », perché servivano
il vino nelle scodelle invece che nei bicchieri. Per insegna
avevano infissa al di sopra della porta un’asta di legno
dalla quale pendeva un grosso ciuffo di foglie (in dialetto:
èl mansaròl) o una ghirlandetta di verde. Lì
trova-vano modo di fare un appetitoso spuntino con pane e
salame, formaggio piccante che faceva venir voglia di bere
il buono frizzante e genuino vino di Castenedolo. La sera
tornavano a casa su carretti, birrocci, asinelli e corse straordinarie
del tram a vapore, o a piedi più o meno barcollando
e cantando ma... non certo il De Profundis.
Da duecentocinquant’anni il Triduo continua la sua funzione
di suffragio e da oltre un secolo l’apparato, sebbene
un pò logorato dal tempo, richiama ancora gente forestiera
ad ammirarlo. (http://or3.bolbusiness.it/or/castenedolo/files/134%20I%20Sacri%20Triduii.pdf).
I mandriani di Pezzaze, Piardi compresi, sono a Castenedolo
negli inverni dei secoli XIX e XX ospiti con le mandrie in
transumanza nella località sita appena fuori Brescia,
sulla vecchia strada per Castiglione e Mantova, in particolare
nella frazione Capodimonte; come si ricorda, ancora oggi a
Pezzaze: “A maià ‘l fe a le basse, a Co
dè Mut”. Forse non saranno stati sempre innanzi
il celebre Triduo castenedolese, ma sicuramente ne hanno parlato
durante le immancabili conversazioni presso i noti “licenzini”
del paese, certamente avanti una scodella di vino.
COLLIO. Terra più
a nord della Val Trompia e (sin, almeno, dal secolo XVIII)
patria d’origine delle spose dei Piardi di Pezzaze,
quali Rambaldini ed altri e come le ragazze degli Spranzi
andate in sposa ai Piardi di Gussago. In alcune parrocchie
delle valli bresciane il Triduo si celebra anche in Agosto,
come a Collio, settembre e ottobre. Don Fabrizio Bregoli –
Parroco di Collio dal settembre 2004 – alla domanda
“C’è qualche tradizione nella sua parrocchia
che merita di essere ricordata?”, postagli nel corso
di un’intervista del novembre 2005, così rispose:
<< Quella più significativa riguarda il Triduo
dei morti: gli abitanti delle malghe offrono alla parrocchia
i latticini prodotti nell’anno. Al termine della festività,
nel pomeriggio, viene fatta un’ asta dove la parrocchia
mette in vendita quei latticini e il ricavato rimane a disposizione
delle opere parrocchiali >>. [Don Fabrizio, pezzazese,
è nipote di nonna Maria Piardi da Pezzaze, della famiglia
detta Mafé. Vedi: http://www.piardi.org/persone/p30.htm
]. (...);
(...);
(...);
GHEDI. Terra dei Piardi
detti “Pelès”, originari di Pezzaze in
Val Trompia. La celebrazione dei Tridui avveniva nella domenica
precedente la Settuagesima. (...);
(...);
GUSSAGO, in Franciacorta.
Terra dei Piardi detti “Catanì”, dai primi
anni dell’Ottocento. Macchina dei Tridui eseguita dal
Beneduci di Orzinuovi con l’aggiunta di due tempere
raffiguranti due angeli, opera dell’Inganni. Abbandonata
nel 1937, venne riproposta nel 1971 (dal Parroco don Angelo
Porta, giuntovi nel novembre 1968) e fu oggetto di osservazione
dello studioso giapponese Eiko Vakyanu. (Antonio Fappani.
Enciclopedia Bresciana, Vol. XIX– Voce: “Sacri
Tridui”).
[N. d. r. - Dell’immensa opera è conservato il
disegno originale con inchiostro di china, in “scala
del 5 x 100” a firma dell’ideatore Beneduci. L’ultima
esposizione dell’apparato o “macchina del Triduo”,
che ha comportato due settimane d’intenso lavoro, col
concorso di almeno 20 uomini, è stata nel corso dei
solenni Tridui celebrati, nel febbraio 2007, nella Prepositurale
Pievana di Santa Maria Assunta. I lavoranti volontari che
hanno concorso al complesso assemblaggio della “macchina
del Triduo”, con distinta mansione, nelle edizioni dal
2003 al 2007: Giambattista Peli (sessantenne, cugino di Achille
Giovanni Piardi), Mario Cola (ultra ottantenne) figlio di
Paolo, Vincenzo Raccagni “Vincenzino” (novantenne,
falegname), i fratelli Mario e Giovanni Ungaro figli di Mattia
de “Uchì”, Cristoforo Bonometti “Micio”,
Faustino Rinaldini “Polona”, Fausto Faroni, i
fratelli Francesco e Luciano Codenotti dei detti Mara della
Contrada Valle Villa, Luigi Pelizzari una volta del Mincio
a Navezze, Paolo Cerlini figlio di Pino dè Bernard
della contrada Navezze, Giuseppe Marchina di quelli detti
del Put e consuocero del citato Peli, Paolo Arici una volta
pavimentatore, Giuseppe Zanotti “Mosca” agricoltore
di Navezze, Giovanni Venturelli (di quelli della Santissima),
Luigi Venturelli “Pipo”, Guido Battaglia un tempo
barbiere, Angelo Abeni un tempo Capomastro, Giorgio Faita
dei detti Betù dè Casài, Sergio Peli,
Angelo Codenotti dei detti Bèli, Luigi De Peri una
volta al Canalino di Navezze, Pietro Biligotti dimorante in
Piedeldosso e sposo di Isa – nipote dei coniugi Palmira
Isabella Ba e Pietro Piardi, Giuseppe Gallia, Pietro Maffessoli
dei detti Parulì (al löc dè le quater strade),
Mario Autieri importato dalla Campania].
In questa Parrocchia era in uso iscriversi (“...esèr
nutacc èn de la Cumpagnia del Tridio”...) alla
Compagnia del Triduo, versando un piccolo obolo. L’unico
“beneficio” era ed è < post mortem >:
la celebrazione (un tempo l’Ufficio funebre con S. Messa
cantata e l’uso dell’organo), di una S. Messa
semplice. In casa di Francesco Piardi (Gussago, 1911 –
Gussago, 1969) l’iscrizione dei componenti la famiglia
alla “Compagnia del Triduo” è continuata
sino ai primi anni del secolo XXI, quando ne è stato
smessa la pratica in Parrocchia. Degli iscritti si teneva
viva l’annotazione su apposito “Quaderno di Contrada”,
uno per ciascuna delle Contrade ricadenti sotto la giurisdizione
della Parrocchia di S. Maria Assunta. Durante il funerale
del defunto iscritto alla Compagnia del Triduo primeggiava
(un tempo) il grande stendardo dei disciplini annotati nella
Compagnia. Dal 1765 e sino all’Ottocento chi era annoverato
nella “Compagnia” godeva di una speciale sepoltura,
appunto, nel sepolcro del Triduo ubicato nella centrale chiesa
di S. Lorenzo, compatrono, come recita il Registro canonico
dei defunti.
Lina Castrezzati, di quelli detti dè Pomér (ved.
di Giuseppe Peroni, dei detti Nas di Navezze, un tempo Sindaco),
dimorante in Navezze dal matrimonio, è l’ultima
“fiduciaria” dei “Tridui” o Compagnia
del Triduo.
I Piardi sono fedeli ai riti dei Tridui per i defunti celebrati
nelle giornate di Venerdì 25, Sabato 26 e Domenica
27 gennaio 2008.
((Vedi, anche http://www.piardi.org/luoghi/gussago.htm
))
(...);
MONTICHIARI. Terra dei Piardi
detti “Pelès” trasferiti nell’Agro
bresciano. Apparato inaugurato il 6 febbraio 1728 ornato di
192 candele;
(...);
PEZZAZE, e LAVONE di Pezzaze in
Val Trompia. Si ha traccia della celebrazione dei Tridui,
pur senza alcun apposito apparato (“Macchina”),
dalla lettura dei documenti redatti dai parroci in occasione
delle Visite pastorali compiute, nel tempo, dai Vescovi della
Diocesi di Brescia.
Per Lavone, Parrocchia di S. Maria Maddalena, è stato
pure rinvenuto un bozzetto per la realizzazione della “macchina
del Triduo”.
PEZZORO, in Val Trompia. Terra contigua dei Piardi nativi
di Pezzaze e patria di molte ragazze sposate ai Piardi e di
uomini, come ad esempio i Ferraglio, quelli del detto Cino
dè Pezor, che formarono famiglia a Pezzaze sposando
ragazze delle diverse famiglie Piardi, quali i detti Mafé;
pure i detti Quarantì - Bone de Sante si sposarono
in quel di Pezzoro.
Semplice ma elegante apparato del Triduo, forse ottocentesco,
è stato ricostruito nel 1998 da Tiziano Cioli di Tavernole;
(...);
RODENGO, in Franciacorta. Dai primi anni dell’Ottocento
(sec. XIX), terra dei Piardi nativi di Pezzaze e Cura d’anime
dell’antico parroco (1860-1880) Don Antonio Piardi (Pezzaze,
1801 - Rodengo, 1880). Nell’abbazia, fastosa e gigantesca
“macchina” dei Tridui, forse comparsa la prima
volta nel 1847, restaurata per intervento degli “amici
della Badia” ed esposta di nuovo nel febbraio 1996.
Nella Parrocchia di S. Nicola di questa “Badia”
operò per 20 anni Don Antonio Piardi.
Vedi: http://www.piardi.org/vol3/volume3dimore.htm
- RODENGO in Franciacorta (Brescia). Chiesa di S. Nicola all'Abbazia
Olivetana.
(...);
SAREZZO, in Val Trompia.
TRIDUI dei defunti a Sarezzo. Il 1° febbraio 1710 gli
uomini del comune di Sarezzo deliberano di “supplicare
il Rev.mo Padre Provinciale de’ Cappuccini che si voglia
degnare darci un Rev. Padre Predicatore virtuoso per la Quadragesimale
prossima ventura, obbligandosi questa Comunità far
le spese conforme il solito di questi prossimi anni passati
delli scudi N°. 40 per il detto Padre Predicatore”.
I Tridui erano tre giorni di preghiera con l’esposizione
del Santissimo. (Un richiamo ai tre giorni in cui il corpo
di Cristo rimase nel sepolcro, ma anche alla credenza antica
che l’anima lasciasse il corpo soltanto il terzo giorno
dalla morte). Questa pratica, portata dai Cappuccini nelle
valli bresciane, si diffuse in tutta la Valtrompia dopo il
1630 come rito di suffragio per i morti a causa della peste
che tanto funestò il comune di Sarezzo.
Il terzo giorno dei Tridui era dedicato alle preghiere sulle
tombe del cimitero parrocchiale e alla visita ai “morcc
de la Canonega” in prossimità di Cogozzo.
Il Santissimo veniva esposto al centro di un enorme apparato
di legno, detto “la macchina dei Tridui”, con
sculture e decorazioni, colmo di fiori e centinaia di candele
accese.
Nel 1807 il sindaco di Sarezzo ordinò di costruire
una di queste macchine al falegname Giovanni Mazzoleni. Accadde
però che, a lavoro ultimato, gli uomini del comune
si rifiutarono di pagare il compenso di lire 250 all’artigiano.
Solo nel 1814 il comune deliberò di soddisfare le richieste
del Mazzoleni con la somma di lire 100. (http://www.comune.sarezzo.bs.it/storiasarezzo131.htm)
TAVERNOLE. Terra valtrumplina
dei Piardi nativi di Pezzaze. I Tridui vengono fatti risalire
al febbraio 1815. Un nuovo imponente apparato o “macchina
del Triduo” venne costruito nel 1927 da Benedetto Rivetti;
(...).
TREMOSINE (Brescia). I Sacri
Tridui a Pieve (frazione di Tremosine). Nel periodo di Carnevale
e precisamente il Venerdì, il Sabato e la Domenica
precedenti l'inizio della Quaresima, si svolge, nella Parrocchia
di San Giovanni Battista in Pieve, la solenne celebrazione
dei Sacri Tridui. Nei giorni precedenti si copre interamente
l'altare Maggiore con l'apparato in legno, del '700, ritoccato
nel nostro secolo dal pittore Vittorio Trainini. In alto vi
è dipinta una grande cupola e poi è tutto un
susseguirsi di riccioli e ghirlande. Al centro risplende il
tronetto per l'esposizione del Santissimo, circondato da raggi
e da piccoli angeli. Sull'apparato vengono poste 365 candele,
una per ogni giorno dell'anno.
La celebrazione: ieri ed oggi. La festa dei Sacri Tridui era
in passato una commemorazione dei defunti, oggi è soprattutto
una celebrazione dell'Eucarestia. Ogni giorno, dopo la Messa
solenne, si chiude il presbiterio con un “sipario”
rosso e, mentre s'intonano le Litanie sull'antica melodia
popolare, viene esposto il Santissimo sul tronetto, al centro
dell'apparato. Le candele vengono accese e, quando il sipario
si riapre, appare uno spettacolo di luci incredibilmente suggestivo.
Ecco invece, da una testimonianza dell'epoca, come avveniva
la celebrazione nel 1958, prima delle nuove disposizioni liturgiche:
“Dopo il canto dei vespri, un enorme drappo nero con
una croce bianca al centro copre alla nostra vista tutto il
presbiterio, creando un senso di vuoto e di isolamento. Un'ondata
di tristezza ci pervade: si pensa ai nostri morti che attendono
da noi il suffragio di una preghiera; si pensa ai nostri peccati.
Sentiamo forte il bisogno di un aiuto e allora invochiamo
la Madonna rifugio dei peccatori con il canto delle Litanie
intonate su un'antica melodia popolare. Ad un certo punto
il “sipario” silenziosamente si apre, appare davanti
ai nostri occhi un miracolo di luci e di splendori, una visione
di poesia, giusto premio per chi non ha disperato”.
(Marzo 1958, Pieve di Tremosine). [http://www.atlantedl.org/brescia/feste/116tremosine/tridui.htm]
Altra testimonianza per i Tridui di PIEVE di Tremosine. Si
trattava in passato di una solenne commemorazione dei defunti:
tre giorni (Tridui, dal lat. tres dies) di preghiera e di
funzioni religiose offerte a suffragio delle anime purganti.
Oggi rappresentano soprattutto una celebrazione dell'Eucarestia,
che in sè già racchiude la memoria dei defunti. Il
rito (...) non aveva una periodizzazione fissa, tuttavia si
trova frequentemente legato al tempo di Carnevale e costituisce
una sorta di "antitesi cristiana" ai festeggiamenti
profani di quel periodo dell'anno. Nel corso di queste
speciali funzioni i ceri vengono accesi tutti insieme per
avvolgere di luce l'altare maggiore e, mentre s'intonano le
Litanie sull'antica melodia popolare, viene esposto il Santissimo
al centro della scenografia. (http://www.tremosinecultura.it/tradizione/feste/sacritridui.htm)
I Sacri Tridui a Pieve di Tremosine.
Veduta d’insieme della “Macchina del Triduo”
con le 365 candele.
I sacri Tridui “vestibolo del digiuno”.
<< ... a Tremosine da tempo immemorabile si svolgevano
manifestazioni devozionali in suffragio dei defunti, come
testimonia una delibera del consiglio datata 15 giugno 1664:
"S'è sperimentato più e più volte,
che il porgere suffragio all'anime del Purgatorio, questo
comune s'è levato di grandissimi travagli". Ciò
valga anche per la pratica dell'esposizione del Santissimo
nel corso di tre giorni e per gli uffici speciali che si tenevano
con un "apparato solenne" nei venerdì di
Quaresima. Tutto questo, oltre alle similitudini con gli antichi
"uffizi delle Tenebre" della Settimana Santa, ci
porta a considerare il Triduo come l'armonica composizione
di diverse tradizioni preesistenti. Il rito attuale dà
grande rilievo alla preghiera eucaristica, che in sé
è già offerta per i vivi e per i defunti, secondo
le indicazioni del Concilio Vaticano II. Tuttavia l'anima
originaria dei tre giorni sopravvive nella gente che numerosa
vi interviene: I Tridui? Funsiù per i nòs mórcc'.
>>. (I SACRI TRIDUI: «VESTIBOLO DEL DIGIUNO»
di Daniele Andreis; articolo tratto da COMUNITÀ - febbraio
2005, n. 1).
VILLA CARCINA,
in Val Trompia. Nei primi anni del '700, a Brescia il Triduo
era già una delle pratiche devozionali più seguite
ed attese, sotto forma di funzione religiosa di tre giorni
in "suffragio alle povere anime del Purgatorio".
Nel 1724 padre Alfonso Cazzago afferma che "sono molti
anni che si fanno bellissimi mortori [...] apparandosi con
apparati sontuosi la chiesa e celebrandosi gran quantità
di Messe" (cfr. Libro che contiene tutti i successi di
Brescia scritti da me Alfonso Cazzago principiando l'anno
1700 sino a quando Dio mi darà questa vita, Brescia,
anno 1718 - ms Queriniana C 1°, 1). Significative
le descrizioni dell'anno 1726 per la chiesa di san Giuseppe:
"Si son fatti la mattina tre bellissimi offici da morto
con solennissima musica, essendo parata tutta la chiesa a
lutto con grandissima quantità de' lumi, dispersi con
bell'ordine per la chiesa, essendovi pure bizzarrissimo catafalco
in mezzo, composto di più piramidi cariche di candele,
statue et inscrittioni, teschi da morto, che tutto faceva
bellissima comparsa, con grandissimo concorso di popolo ad
assistere al divin Sacrificio, e nella sera di detti tre giorni
esposto con bellissimo apparato il Venerabile". (BIANCHI,
NOTAI, Diari, in Le cronache bresciane inedite dei secoli
XV-XIX, trascrizioni di Paolo Guerrini, vol. V, p. 115 - Pavia,
Tipografia Artigianelli, 1933).
La tradizione del Triduo si diffuse ampiamente nel Bresciano,
(ne resta memoria ad Anfo, Bedizzole, Breno, Borno, Castenedolo,
Chiari, Gussago, Magasa, Malonno, Montirone, Rodengo, Tremosine,
Verolanuova, Villa Carcina...), con differenze di carattere
locale per quanto concerneva i riti e la periodizzazione;
tuttavia si preferì spesso legare questo tipo di preghiera
pubblica al periodo del carnevale, come una sorta di riparazione
cristiana ai suoi eccessi. Un'altra costante sembra rappresentata
dalle "macchine del Triduo": spettacolari architetture
sceniche di legno o cartapesta, che tutt'oggi sopravvivono
in alcune parrocchiali. Al centro della struttura era posta
l'Eucarestia, circondata da decine o centinaia di ceri accesi,
a simboleggiare l'anima e la vita dei defunti. (Da I SACRI
TRIDUI: «VESTIBOLO DEL DIGIUNO» di Daniele Andreis;
articolo tratto da COMUNITÀ - febbraio 2005, n. 1).
(...).
(Per la realizzazione di questi testi, ci siamo avvalsi anche
dell’opera di Antonio Fappani. Enciclopedia Bresciana,
Vol. XIX– Voce: “Sacri Tridui”). Maggio
2007.
top
TRIDUO DEFUNTI a PEZZAZE ed a LAVONE
1793, 23 marzo: Pezzaze. Il Consiglio Comunale
discute in merito (...) alla ‘causa’
di ‘quanto contribuir a pagar debba D. Carlo Bernardelli
alle funzioni delli Sacri Tridui, che ogni anno si celebrano
nelle nostre due Parochiali (…)’.
Per "Parochiali" si legga: S. Apollonio vescovo
in Frazione Stravignino e S. Maria Maddalena in quella
di Lavone.
1885, 27 - 29 aprile. Pezzaze. La visita del vescovo
Giacomo Maria Corna Pellegrini alle Parrocchie della Vicaria
di Pezzaze, tra cui quella di Lavone, sotto il titolo
di Santa Maria Maddalena. Relazione dello <<
"Stato della Parrocchia" di Lavone redatta
da Don Battista Viotti in occasione della visita pastorale.
(...). "In parrocchia c'è la confraternita del
Sacro Triduo "che si tiene tutti gli anni con predicazione
di tre giorni e grande frequenza ai Sacramenti", con
"indulto di Indulgenza Plenaria", come da decreto
del 22 giugno 1880, "scadente nel 1887". >>.
Anni '20 del secolo XX. Lavone.
Il pittore Andrea Piardi predispone il "bozzetto"
per la realizzazione dell'apparato del Triduo della chiesa
di S. Maria Maddalena in Lavone di Val Trompia.
Vedi: http://www.piardi.org/persone/p41.htm
- Galleria immagini Andrea Piardi
GUSSAGO, febbraio
2010. I SACRI TRIDUI in suffragio dei Defunti
(Integralmente). Da “La Voce di Gussago”.
Bollettino N°. speciale, 30 Gennaio 2010.
La Parola del Parroco, Don Adriano Dabellani.
“...giorni tristi e degli anni dei quali devi
dire: Non ci provo alcun gusto ! ” (Qohelet
12,1).
TRIDUI a Gussago. Apparato del Triduo (particolare) in S.Maria
Assunta
Si celebra, nella Parrocchia di S. Maria
Assunta di Gussago, il Triduo in suffragio dei nostri Defunti.
Come è tradizione, tale celebrazione è arricchita
anche dalla scenografia dell'installazione della grande macchina,
voluta per arricchire e richiamare spettacolarmente alla preghiera.
Tale struttura architettonica - artistica in legno dorato,
di grande effetto scenico, affidava allora come anche oggi,
il sentimento di pietà e nostalgia per i propri defunti,
al gioco delle luci, simbolo delle anime e alla ritualità
liturgica della preghiera celebrata con grande solennità,
con il desiderio di aiutare le anime a lasciare il purgatorio
per entrare in paradiso. Alcune macchine possedevano una tale
fama di bellezza che in passato non era raro assistere a veri
pellegrinaggi da una parrocchia all'altra, per presenziare
all' accensione delle candele. Ricordo da giovane seminarista,
frequentavo la 5a ginnasio, di essere venuto a Gussago a vedere
la macchina accesa.
Triduo: tre giorni di intensa preghiera, al centro dei quali
noi poniamo: il memoriale della passione, morte e risurrezione
del Signore, l'Eucaristia, celebrata e adorata; la riflessione
sui novissimi; il pensiero alla morte, giudizio, vita eterna,
paradiso, purgatorio, inferno.
La memoria dei nostri fratelli e sorelle che, sottratti visibilmente
alla nostra vista, continuano a vivere la vita non più
segnata dal peso dello spazio e del tempo. In particolare,
durante questi tre giorni, la tradizione popolare si raccoglie
a pensare e a pregare sul mistero della morte e della vita
che continua dopo la morte. Il tema ‘forte’ della
morte oggi è sgradito e dunque poco considerato. Aggrappati
come siamo alle persone e alle cose, con difficoltà
si accetta che la morte è una tappa significativa della
vita e che grazie ad essa ci affacciamo su orizzonti eterni
e infiniti. Ciò che preoccupa è che si cancellano
i segni di morte allo sguardo dei bambini, dei ragazzi, dei
giovani e degli adulti. E’ sempre più rara la
morte accolta come abbandono sereno e fiducioso, vissuta nella
propria casa o in altri ambienti, pregando e stringendo la
mano di chi ci ama.
La morte irrompe con violenza, suscitando paura e ansia. Molti
pensano che la ‘morte sia morta’. Per questo è
sempre più difficile guardare oltre l'orizzonte della
morte, all'eternità, a quella vita simile ad una musica
che si gode, si sente viva e palpitante, ma che sfugge alla
presa.
Quando prego pensando a ‘sorella morte’ sempre
mi calamita l'intreccio tra presente e futuro esistente nella
nostra vita, che se è vissuto ci permette di vivere
la vita come ‘ars moriendi-arte del ben morire’.
A questo proposito Orazio, poeta latino, così cantava:
“Omnem crede diem tibi diluxisse supremum - ricordati
che ogni giorno sia stato I'ultimo a brillare per te"
(Epistulae). E il Medio Evo riprendendo questa saggezza la
esprimeva con queste altre parole: "quisque dies vitae
est velut ultimus esse putandus - ogni giorno della vita deve
essere considerato come ultimo".
Alcune volte la sera, quando mi lascio coprire dal velo del
sonno, penso alla morte, al giorno della mia morte, agli ultimi
istanti della mia esistenza, alla tenerezza di Gesù
Cristo che stringendomi la mano mi chiuderà gli occhi,
immagino il mio funerale, penso al cimitero come al luogo
del riposo, del giacere addormentati. Entrare nel sonno mi
offre l'occasione propizia per ricordare che forse i miei
occhi, si apriranno a contemplare un'altra luce.
Se è vero che sono molte le persone che accompagniamo
alla sepoltura, è altrettanto vero che molti altri,
senza morire fisicamente si sono staccati dalla vita. Sono
ombre che passeggiano, senza fede, senza speranza, senza ideali,
stanchi, scoraggiati, sfiniti delusi. Vivono il tempo aspettando
che il tempo passi. Hanno rassegnato le dimissioni alla vita.
Sembra che preghino con queste parole: ‘Signore liberaci
dalla vita!’ Vivono a caso, accontentandosi dell'attimo
che fugge, del piacere gustato e subito estinto, delle azioni
compiute in modo istintivo. Essere privi di un progetto, vivere
senza vocazione è come navigare senza bussola e senza
meta. Sono anime totalmente svuotate, prosciugate, ridotte
ad essere una caverna vuota dalla quale la luce di Dio è
assente.
Una persona che vive senza valori spirituali rischia di rinsecchirsi
e ridursi a un tronco arido, forse con qualche germoglio,
ma senza la vitalità piena della sua linfa. Sono pelle,
esteriorità, visibilità e scarsa sostanza, moda
spettacolo, consumo e trucco. Sono senza valori, senza vita
spirituale. E tra di loro incontriamo molti giovani e giovani
adulti.
Nei giorni del Triduo pregherò molto per loro. Non
mi dimenticherò dei Defunti sepolti. Ma soprattutto
la mia preghiera si eleverà al Dio della vita che ha
vinto la morte, perché ridoni vita a questi corpi mortali.
Pregherò perché questi fratelli e queste sorelle
tornino ad amare la vita, a scoprirne ‘l'implacabile
grandezza’ che conosce luce e tenebra, riso e lacrime,
ma che comprende soprattutto, il mistero trascendente che
si cela in ognuno di noi. Pregherò perché non
dimentichino che nella vita devono esserci e non solo essere,
con un compito, un senso e uno scopo.
Vostro don Adriano
-----
<< In questo bollettino parrocchiale (Gennaio 2010),
ideato e realizzato come numero unico per le solenni celebrazioni
del Triduo dei morti che si terranno a Gussago dal 6 al 9
febbraio 2010, viene pubblicato un articolo scritto dalla
signora Mariella ANNIBALE MARCHINA. Questo lavoro di ricerca
ci offre alcune interessanti conoscenze storiche, archivistiche
e artistiche sulle solenni celebrazioni in suffragio dei morti,
iniziate a Gussago nei secoli passati. Devozione questa che
ha fatto costruire imponenti apparati. La cui bellezza e maestosità
ancora oggi la si può ammirare. L'articolo, per gentile
concessione di chi lo ha scritto, è tratto dal volume
curato da Ivana Passamani Bonomi, IL DISEGNO DEI TRIDUI IL
TEMPO E LA MEMORIA NELLO SPAZIO DELLA CHIESA, Tipografia Camuna,
Breno 2009, pagg. 144-147. (Questa interessante pubblicazione
è stata finanziata da UBI - Banca di Valle Camonica)
>>.
LA MACCHINA DEI TRIDUI DELLA PARROCCHIALE
SANTA MARIA ASSUNTA
Di Mariella Annibale Marchina.
E’ la lettura dei documenti notarili
dal XVI al XVIII secolo, che ci permette di affermare la presenza
della pia ricorrenza di commemorare le anime dei defunti,
riscontrabile nei numerosi lasciti testamentari.
Le disposizioni impartite, sia da parte di uomini e di donne
di nobili origini, sia di persone di umili condizioni, erano
finalizzate affinché si celebrasse un determinato numero
di Messe di suffragio. Nel 1765 si era costituita ed eretta
nella chiesa di San Lorenzo di Gussago, una Archiconfraternita
del Suffragio dei Morti, associazione laica composta da confratelli
e consorelle, votata a commemorare e suffragare, attraverso
le loro adunanze di preghiere e di Messe, le anime dei defunti.
(86). Ai reggenti e a tutti coloro che si iscrivevano alla
veneranda confraternita, dietro versamento di una piccola
offerta, era garantita, in occasione del loro funerale, la
presenza dello stendardo della Compagnia, seguito dei componenti
della confraternita, Ia messa cantata accompagnata dal suono
dell'organo. (87).
Inoltre vi era la possibilità, dietro esplicita richiesta,
di essere sepolti ai piedi del loro altare, in San Lorenzo
(N.d.r. Chiesa ubicata al centro del paese). Le offerte per
le messe di suffragio così raccolte, costituirono un
capitale, parte dato a censo ai gussaghesi bisognosi, parte
per stipendiare un cappellano celebrante, parte spesi per
gli arredi, olio, cere, paramenti e in seguito utilizzato
per la costruzione della macchina, come vedremo più
avanti. Inoltre durante il periodo quaresimale si invitava
un predicatore, di solito un Domenicano, per la preparazione
alla Pasqua. (88). L’Archiconfraternita, o Compagnia
del Suffragio, assunse poi, verso la fine del Settecento,
anche la denominazione di Confraternita del Venerando Triduo
dei Morti. (89). La meraviglia che suscitò neI 1716
Ia prima celebrazione dei Sacri Tridui dei morti in San Giuseppe
di Brescia, con un'installazione scenografica maestosa, stimolò
la creazione di altri apparati nelle chiese cittadine. (90).
Le celebrazioni dei Tridui così concepiti spinsero
la realizzazione di macchinari effimeri, ammirati da una moltitudine
di fedeli. Gli allestimenti, eseguiti da artigiani, con il
supporto di artisti anche di chiara fama, fu l'essenza stupefacente
visualizzata deI Triduo, che si diffuse rapidamente anche
nel resto della provincia bresciana. (91). La nuova concezione
di commemorare in modo strabiliante le anime dei morti, fece
si che, anche a Gussago, nascesse il desiderio di costruirne
una analoga. Il primo documento che ci attesta la presenza
della prima macchina del Triduo a Gussago, è quello
rogato dal notaio Giuseppe Mattia Crescini il 27 novembre
1776. (92). Nell'atto i reggenti del Venerando Triduo, rappresentati
dal dottor Giovanni Gigola, dai nobili Giorgio e Domenico
Foresti, decisero "[...] di vendere al reverendo Giovanni
Pozzi, presidente di detto venerando Triduo di Roncadelle,
... l’apparato tale e quale si ritrovava essere nel
prezzo che sarà dichiarato dal perito Bernardino Carboni,
al venerando Triduo di Roncadelle, aI prezzo fissato. (93).
II prezzo dovrà essere pagato al predetto Triduo di
Gussago, sive alli suddetti Direttori di quello, entro il
termine che parerà al medesimo Carboni più conveniente,
oppure pagato in mano del medesimo signor Carboni". (94).
Questo documento ci dimostra che la prima macchina del Triduo,
da pochi decenni costruita, non corrispondeva più ai
desideri della Confraternita, per cui decisero di alienarla,
per costruirne una nuova, forse realizzata dallo stesso Bernardino
Carboni, visto che i reggenti di Gussago l’autorizzarono
a riscuotere nel modo e nel tempo che a lui più gradiva.
La macchina poi realizzata, forse come sopra ipotizzato dal
Carboni, rimarrà in uso fino al 1927, quando sarà
sostituita da quella del Beneduci di Orzinuovi. (95).
La forma particolare della macchina progettata e realizzata,
con leggere modifiche, dal Beneduci, è alta 13 metri,
partendo dalla parte superiore dell'altare maggiore, fino
a coprire la volta del presbiterio, larga 8, si suddivide
in tre sezioni. Rispetto alle altre macchine esistenti in
provincia, che hanno varie forme, o a losanga, o a raggiera,
quella di Gussago ha una forma rettangolare, decisamente unica.
La prima sezione, che inizia dalla parte superiore del parapetto
dell' altare maggiore sino a metà dell’altezza
delle due lesene del coro, è formata da cinque grandi
volute di foglie, mentre sopra, poggianti su un arco a tutto
sesto rovesciato, sono posti due grandi draghi di fantasia,
con le sembianze di leoni alati, uniti al centro con le rispettive
code. Il Santissimo è posizionato nella seconda sezione,
quella centrale dell’apparato, racchiuso in una semplice
soasa di forma ovale, da cui si dirama una fitta raggiera
dorata. Il tutto sormontato da una grande corona sorretta
dalle mani di due putti, con ai lati due pilastri decorati,
leggermente sovrapposti. (96).
Affiancati a questi, sono collocati due angeli genuflessi,
inclusi in ghirlande di foglie di quercia, eseguiti con la
tecnica della tempera, dalla maestria di Angelo Inganni. Mentre
nel progetto del Beneduci, l'angelo di sinistra, in posizione
retta, doveva rappresentare Ia Fede, (si noti la croce stretta
nella mano destra), quello di destra raffigurante la Speranza,
in quanto la mano sinistra impugna un'ancora, ma furono sostituiti
con le opere già esistenti dell’Inganni. (97).
La terza parte, poggiante sullo sporto delle lesene, sormonta
con un arco a tutto sesto, la zona sottostante del Santissimo,
che ne completa il trionfo con vasi da cui escono tralci.
(98). La struttura scenografica così concepita, realizzata
in legno scolpito e dorato, può essere montata anche
parzialmente, a secondo della disponibilità degli uomini
montatori. Si trovano inoltre i 105 supporti per le candele.
Di solito per completare la struttura della macchina erano
necessari una ventina di volontari, coadiuvati da falegnami
professionisti, che impiegavano circa venti giorni a montare
tutto l'apparato. La macchina realizzata nel 1927, fu utilizzata
solo per una decina d'anni, poi dal 1937 collocata e dimenticata
nella soffitta della prepositurale. Solo con la venuta del
nuovo prevosto don Angelo Porta, avvenuta nel 1968, fu riproposta
nella sua interezza solo nel 1971. (99). Ora, quasi tutti
g1i anni, nel periodo precedente l’inizio del carnevale,
la splendida macchina fa mostra di sé. (100).
Per la devozione dei TRIDUI o SACRO TRIDUO
per i DEFUNTI vedi anche:
PEZZORO http://www.piardi.org/luoghi/pezzoro.htm
Legenda:
86. La chiesa di San Lorenzo, di antica origine,
che era juspatronato del Comune di Gussago, è posta
nella frazione Piazza; la Confraternita del Suffragio fu fondata
nel 1765, in Archivio di Stato di Brescia (d'ora in poi ASBs),
Intendenza di Finanza, ‘Soppressioni’, b.2. M.
Annibale Marchina, La storia di Gussago - Le sue Frazioni,
Brescia 2002, pp.77- 84.
87. I testamenti, in cui compaiono i lasciti in favore della
Confraternita del Suffragio, si trovano in ASBs, Notarile
di Brescia, Notaio Matteo Crescíni, filze nn. 11163
-11165; Notaio Giuseppe Mattia Crescini, filze nn. 13464-13467.
88. Nel periodo delle soppressioni napoleoniche, tra il 1797
e il 1806, i beni delle confraternite passarono in mano o
al demanio o a privati cittadini. II capitale incamerato dalla
Confraternita del Suffragio ammontava nel 1806 a lire 1920,14.
Elenco completo dei notai roganti in Gussago, tra il XVI e
il XX secolo, sono riportati in M. ANNIBALE MARCHINA, Gussago
negli archivi storici, Gussago 1989, p. 12.
89. Per una più completa panoramica delle macchine
dei Sacri Tridui si confronti l’articolo di F. Scardinelli,
Il Sacro Triduo nel bresciano e all'abbazia di Rodengo, in
"Quaderni dell'Abbazia", 7, Rodengo 2004, pp.37-64.
90. P. GUERINI, “l diari Bianchi”, in Le cronache
bresciane inedite nei secoli XV - XIX, V, trascrizioni di
Paolo Guerini, Pavia 1933. R. Prestini, ‘Devozioni e
manifestazioni religiose nel Settecento a Brescia’,
in “Le alternative del barocco - Architettura e condizione
urbana a Brescia nella prima metà del Settecento”,
Brescia 1981, pp. 295-334.
91. A. FAPPANI, Tridui sacri, In Enciclopedia Bresciana, XIX,
Brescia 2004, pp. 351-354.
92. Fino all'inizio del Novecento esisteva la consuetudine
di iscriversi ancora nella Confraternita, come risulta da
alcuni documenti esistenti nell'Archivio della prepositurale
pievana di Santa Maria di Gussago.
93. La bottega dei fratelli Carboni era posta in piazza Nuova,
oggi piazza del Mercato, vicino alla chiesa di santa Maria
del Lino, più esattamente nell'edificio realizzato
dall'architetto municipale Lodovico Beretta nel XVI secolo,
accanto alla bottega di Antonio Callegari. Nella parte inferiore
dell'edificio, sotto i portici, si affacciava la bottega di
Antonio Callegari, di fianco e nella parte superiore, verso
mattina, esisteva il laboratorio dei fratelli Carboni. Il
nucleo familiare dei Carboni era composto da: Giovan Battista,
Domenico, Bernardino e dal sacerdote Pietro; di quest'ultimo
non si conosceva l’esistenza. Mariella Annibale Marchina
Quaderni Gussaghesi 1-2, supplemento a La Voce di Gussago
1997, p. 8, nota 11.
94. ASBs, Notarile di Brescia, Notaio Giuseppe Mattia Crescini,
filza n. 13464, in Mariella Annibale Marchina, Quaderni ...,
op. cit. , p.22.
95. Nell'Archivio prepositurale si conserva il disegno in
scala 5 a 100, del progetto del Beneduci, contrassegnato col
n.4.
96. Nel progetto del Beneduci i putti reggevano anche un festone
di fiori.
97. Si confronti il progetto del Beneduci al disegno del 1921
qui pubblicato. Le due figure di angeli, dal popolo chiamati
"Angele", per le fattezze quasi femminili, ormai
deteriorate, furono nel 1994 sottoposte a restauro presso
la scuola di restauro E.N.A.I.P. di Botticino.
98. Nel progetto del Beneduci, insieme ai tralci, vi erano
collocati anche dei grappoli d'uva.
99. Si deve alla particolare sensibilità del prevosto
Angelo Porta, reggente la prepositurale pievana di Gussago
dal 1968 al 2001, se a Gussago si sono realizzati i vari restauri
alle chiese e oratori e alle opere d'arte (pale, affreschi,
suppellettili) in essi custoditi, tra cui la macchina del
Tridui. M. Annibale Marchina, La storia di Gussago ..., op.
cit. p. 82.
100. La macchina d'altare di Gussago è schedata dall'Ufficio
Beni Culturali della Curia; l’uso liturgico è
indicato come "liturgia delle quarantore"; alla
voce oggetto d'insieme si legge "macchina d'altare per
il triduo in legno intagliato progettato da R. Vantini. 1828".
In realtà è l'altare maggiore ad essere progettato
da Rodolfo Vantini nel 1825.
GUSSAGO. Macchina dei Tridui eseguita dal Beneduci di Orzinuovi con l’aggiunta di due tempere raffiguranti due angeli, opera dell’Inganni. Abbandonata nel 1937, venne riproposta nel 1971 (dal Parroco don Angelo Porta) e fu oggetto di osservazione dello studioso giapponese Eiko Vakyanu. (Antonio Fappani. Enciclopedia Bresciana, Vol. XIX– Voce: “Sacri Tridui”) - La foto rappresenta il Disegno originale dell'apparato, donatomi l'anno 2004 da Regina Arici - Sacrista della Chiesa S. Maria Assunta in Gussago, sulle orme del padre Paolo. (Achille Giovanni Piardi).
Gussago, Febbraio 2014; tempo della celebrazione dei TRIDUI in Gussago.
Macchina del TRIDUO". Allestimento del 1937 in GUSSAGO (BS) - S. Maria Assunta.
(foto Archivio Fotografico Luigi RIVA - Gussago)
"La Macchina parlante". Ode in occasione dell'allestimento del febbraio 1971.
La storia della ripresa della Macchina del Triduo nella chiesa "Santa Maria Assunta" a Gussago, negli anni '70 secondo la poesia di Luigi "Gino" Zanetti da Gussago
(così come pubblicata da www.gussagonews.it il 28 gennaio 2015)
Apparato del TRIDUO per suffragare i defunti. Allestimento del 7-10 febbraio 2015 in GUSSAGO (BS).
(foto Angelo Cartella - Gussago)
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