VOLUME
III
I PIARDI NEL TEMPO -
dimore, vita vissuta, costumi portati dai Piardi ed anche
devozioni cui siamo stati capaci in più di cinque secoli
di vita.
4. DEVOZIONI
4.21 Santa
Barbara
S. Barbara (foto), affresco degli anni '40 del sec. XX, a
cura di M. Pescatori e G.B. Simoni,
nella parrocchiale S. Apollonio nuovo in Stravignino di Pezzaze.
S. Barbara e la luce della lampada
di Paolo VI°. VALTROMPIA. S. Colombano di Collio.
Da sempre l’alta valle, terra di minatori
onora in modo particolare S. Barbara, martirizzata nel momento
del battesimo dal padre: aveva ancora in pugno la spada con
la quale l’aveva sgozzata e dal cielo sereno cadde un
fulmine che lo incenerì. Era il secolo IX: divenne
la protettrice di chi correva rischi col fuoco, minatori ed
artiglieri per primi.
A
lei è dedicata una piazza ed una cappella a S. Colombano
di Collio in V.T. che ricorda 105 minatori scomparsi per disgrazia
o colpiti dalla terribile silicosi. Lo stesso a Marmentino,
al Santellone, vicino al Municipio dove ne sono ricordati
67. A Pezzaze, nella galleria Marzoli recuperata al pubblico,
uno slargo della miniera è dedicato alla santa con
un suo altare e statua bronzea.
Chiuse le miniere sono rimasti questi i luoghi delle celebrazioni
a dicembre della ricorrenza liturgica:lì si radunano
a cura delle associazioni locali i vecchi minatori per S.Messa
in ricordo e suffragio, prima del tradizionale ritrovo conviviale,
che termina con le loro canzoni.
E’ avvenuto anche quest’anno, 2008, con modalità
però e significati particolari soprattutto a S.Colombano
(di Collio in Valtrompia).
L’Agenzia Parco Minerario, da alcuni anni organizza
una cerimonia comune proprio nella miniera di Pezzaze. Ha
anticipato di alcuni giorni, rispetto alla ricorrenza, la
festa in modo da non sovrapporsi a quelle locali (Marmentino,
Pezzaze, S. Colombano, Bovegno) e con una scelta diversa:
minatori ed autorità,accolti dal presidente dell’Agenzia
Angelo Turinelli, si sono ritrovati nel monumento industriale
di Tavernole,visitato anche da Leonardo fa Vinci dove il minerale
diventava ferro nel grande forno fusorio. Il coro “Alte
cime” della sezione Ana Brescia ha condecorato la S.
Messa, celebrata, assieme al Vicario di zona don Marino Cotali,
da mons. Serafino Corti, valtrumplino doc nativo di Villa
Carcina. Nella sua omelia ha ricordato l’importanza
del “lavoro”e della sua sicurezza, calandola nella
realtà odierna di difficoltà degli operai.
Due vecchi minatori, Cesare Piardi e Bellarmino Bregoli, visibilmente
commossi, hanno ricevuto una targa “Guida honoris causa”
per la loro attività di accompagnatori dei visitatori
alla miniera Marzoli (N.d.r. in origine “Stese”
a Pezzaze, terra dei Piardi).
A S.Colombano invece, organizzata dalla locale associazione
è stata “speciale”: si è svolta
nel ricordo di Paolo VI. Papa Montini ebbe un legame particolare
con la sua valle ed i minatori. Da cardinale arcivescovo di
Milano, a ferragosto nel 59, celebrò la S.Messa alla
miniera S. Aloisio. Quando il 21 giugno del 1963 salì
il soglio pontificio, in Piazza S. Pietro vicino all’altare
c’era il labaro bianco della miniera con l’effigie
di S. Barbara e sotto la scritta,trapunta d’oro, “Metallorum
cavatores fidentes defendas” (sìì difesa
dei minatori che in te confidano). In quell’occasione
i minatori gli consegnarono una lampada a carburo speciale
con incise queste parole: ”A sua Santità Paolo
VI° i minatori della Valtrompia”.
La tenne per alcuni anni nella cappella privata poi la rimandò
ai minatori perché fosse accesa in galleria nella festa
di S. Barbara. Attualmente è custodita nell’archivio
storico della Fondazione Canossi Cibaldi di Bovegno. Il parroco
di S.Colombano Don Marino l’ha accesa prima della S.Messa
: la riaccenderà la notte di Natale quando la comunità
dedicherà a PaoloVI il nuovo salone, presso la parrocchiale,
sopra la ripristinata storica porta usata dai paesani della
“Val d’èn sò” (Valle di sopra),
dove verrà pure collocato il quadro, benedetto, con
la fotografia della visita del futuro papa alla S. Aloisio.
[Edmondo Bertussi. (Marcheno in Val Trompia). Celebrazione
di S. BARBARA in Valle Trompia. 4.12.2008. Pubblicato
in LA VOCE DEL POPOLO. Brescia, 12.12.2008 – Paesi e
parrocchie di Valtrompia, pg. 39].
La patrona dei minatori nell’auditorium
del forno fusorio di Tavernole sul Mella (Val Trompia).
Accolta la statua che si trova nella miniera
di Pezzaze. Premiati due anziani minatori.
(A cura di Edmondo Bertussi. Giornale BRESCIAOGGI, 6 Dicembre
2008)
Da alcuni anni l’Agenzia parco minerario organizzava
la festa di S, Barbara (ricorrenza liturgica il 4 dicembre)
in uno dei paesi dove da sempre c’è l’associazione
minatori come Pezzaze. Qui era ormai tradizione la messa nella
miniera Marzoli, recuperata al pubblico, dove uno slargo nella
galleria è dedicato a S. Barbara e ne ospita anche
la bella statua bronzea. Per l’ultima ricorrenza l’Agenzia
parco minerario ha fatto una scelta diversa: l’ha anticipata
di alcuni giorni, a sabato scorso, evitando così sovrapposizioni
con quelle dei vari sodalizi locali rendendone possibile la
presenza. Emblematicamente l’ha organizzata, in collaborazione
con gli Amici del Forno ed il Consorzio Alta Valtrompia, nell’auditorium
del monumento industriale di Tavernole dove Leonardo da Vinci,
due volte, la prima nel 1487, venne a studiare le varie fasi
della lavorazione del minerale. Lì è stata portata
anche la statua di S. Barbara della galleria di Pezzaze.
Al forno, sabato pomeriggio, c’erano così i minatori
dell’alta valle coi loro labari, sindaci ed amministratori,
con la partecipazione anche del coro «Alte Cime»
della sezione Ana di Brescia. Ha fatto gli onori di casa il
presidente dell’Agenzia Angelo Turinelli mentre il vice
presidente Paolo Pagani ha portato i saluti della Comunità
montana. Ha celebrato la messa assieme al vicario di zona
don Marino Cotali, monsignor Serafino Corti, valtrumplino
doc (e lo ha ricordato) nativo di Villa Carcina, dove la dinastia
industriale dei Glisenti costruì villa, parco e stabilimento
vicino che ne portano ancora il nome: Francesco negli anni
70 dell’800 acquistò e potenziò anche
il forno di Tavernole. Monsignor Corti ha ricordato nella
sua omelia l’importanza del «lavoro» e della
sua sicurezza, calandola nella realtà odierna di difficoltà
degli operai. Alla fine della cerimonia due vecchi minatori,
Cesare Piardi e Bellarmino Bregoli, visibilmente commossi,
hanno ricevuto una targa «Guida honoris causa»
ricordo della loro attività che continua fin dalla
prima ora alla miniera Marzoli.
I tempi che furono
Nella fotografia qui sotto, in bella posa,
da sinistra a destra ecco Fausto Piardi, Bortolo Calcini,
Nedo Bregoli e Angelo Maffina. Sono quattro fieri giovani
di belle speranze che si sono fatti fotografare nell’ormai
lontano 1974 mentre erano al lavoro per la costruzione del
traforo del San Gottardo, in Svizzera. Oggi i quattro non
più esattamente “giovani” ma sempre fieri,
si sono ritrovati uniti nel ricordo dei tempi che furono ripensando
al faticoso lavoro in miniera, ma anche ai solidali momenti
passati insieme. E la fotografia è così stata
tolta dai cassetti ed ha rispolverato i felici anni giovanili
ed è giunta alla redazione del VALTROMPIASET
che così può, ancora una volta, rendere onore
e pensiero a quanti, non solo da Pezzaze, hanno duramente
lavorato e sofferto, spesso in terra straniera, facendo “il
mestier del minatore” >>. (Valtrompiaset
- Giornale della Valtrompia, Nr. 26, 15.12.2008)
I tempi che furono. 2008. Il ricordo della “Santa Barbara”
di trentaquattro anni fa (1974) per quattro minatori di Pezzaze.
(Valtrompiaset
Nr. 26, 15.12.2008).
Pezzaze, i minatori della Valtrompia
e S. Barbara.
1450.
Pezzaze. Preoccupazione della Comunità in
un periodo di prosperità è di investire in beni
redditizi i proventi ricavati dalle tasse sul commercio del
legname e delle miniere.
Essendo i rappresentanti del popolo gente abile e avveduta
i beni immobili della Comunità aumentano notevolmente.
Vengono acquistati fondi, case e rinnovate le già esistenti
proprietà comunali.
Attirati dal benessere esistente nel paese vengono dal bergamasco
e dalla Valtellina lavoranti di legnami e minatori che si
stabiliscono in paese acquistando parentele, contraendo matrimoni
con gente originaria di Pezzaze. [(Dagli “Annali di
Pezzaze” del prete P. Voltolino da Iseo). Vedi vol.
2° cartaceo “I PIARDI”, edizione 2000]
1470.
Minatori delle Valli bresciane a Fornovolasco. Ferriere
(Val di Nure). << (...). A Ferriere, a Fornovolasco,
a Isola Santa, a Pracchia, a Campiglia siamo di fronte ad
un pezzo di società in movimento, in genere blandita
e ben pagata, che ha i propri interlocutori al vertice della
piramide politica. Devono “andare a cavalcare in Valcamonicha”
a cercare uomini e cose di cui avranno bisogno gli uomini
della società che (ndr. quest’anno), regge il
forno di Ferriere in Val di Nure. (...) >>. [Enzo Baraldi,
Manlio Calegari. << “Fornaderi” bresciani
(XV – XVII sec.). 6 Bresciani, “uomini nel mondo”>>;
in: Aa. Vv. - “Dal basso fuoco all’altoforno”.
Atti del I Simposio Valle Camonica 1988. “La siderurgia
nell’antichità”. Brescia, aprile 1991,
pagine 127 - 152].
1497.
[Nel 1497 << (...). A Fornovolasco vengono
dalle valli bresciane e bergamasche non solo gli uomini dei
forni e delle fucine, ma anche molti minatori (“cavatori”)
e carbonai. “Piero e fratello de la Ghirola fabbrichieri”,
“Ruschetto e fratello di Matteo da Valtelina”
cavatori, “Antonio de Martino dal Bo e compagni da Valtrompia”
cavatori, “Pandemiglio de Zoave da Bovegno” fornaiolo,
“Giraldo da Ronco da Brescia” esperto di forni,
“Zoane Rega, soprastante da ferarezza”, “Rigo
de Valtrompia maestro de collare vene de ramo” sono
a Fornovolasco nel 1497 insieme ad altri provenienti dalle
stesse zone. A volte hanno con sé i figli, più
raramente le mogli. (...) >>.]. [Vedi, Enzo Baraldi,
Manlio Calegari. << “Fornaderi” bresciani
(XV – XVII sec.). 6 Bresciani, “uomini nel mondo”
>>; in: Aa. Vv. - “Dal basso fuoco all’altoforno”.
Atti del I Simposio Valle Camonica 1988. “La siderurgia
nell’antichità”. Brescia, aprile 1991,
pagine 127 - 152]
1553.
Pezzaze di Valtrompia. I Piardi sono già
dediti al duro lavoro di scavo del medolo al fine di recuperare
minerale di ferro. Ai minatori è impedito l’espatrio
ed anche il solo trasferimento in altra zona del territorio.
1572.
Pezzaze di Valtrompia. I Piardi sono già
dediti al duro lavoro di scavo del medolo al fine di recuperare
minerale di ferro. Ai minatori è impedito l’espatrio
ed anche il solo trasferimento in altra zona del territorio.
Val Trompia. <<…Le miniere miglior, et di maggior
quantità sono in Val Trompia, massime sorte la terra
de Coi delle qual se ne serve anco Val di Sabia che non ha
miniere, nella qual valle si trova la terra di Gardon, famosissima
per il mestiere delli archibusi…>>. [(Domenico
Priuli nel 1572) - V. Volta. 1980 - Collio XVI secolo. Edizioni
del Moretto, Brescia. – Le vene delle montagna. Brescia
1997. Atti della giornata di studio del 24 novembre 1995.
Fondazione Bresciana per la ricerca Scientifica]
1584
Brescia e Valli bresciane. “(...) La produzione
di ferro, ancora rilevante nelle nostre vallate intorno alla
metà del ‘500, era andata declinando rapidamente
a partire dal 1577, nel qual anno il governo veneto aveva
ripristinato la disposizione di condurre alla capitale tutto
il materiale prodotto. La decadenza dell’industria e
del commercio siderurgico si era accentuata poi in conseguenza
della crisi economica sopravvenuta fra il 1580 ed il 1584;
come per gli armaroli, anche per i minatori giunsero certo
giorni poco lieti e (...)”. [Leonardo Mazzoldi. “Miniere
di proprietà dei Gonzaga in territorio bresciano”.
In “Commentari dell’Ateneo di Brescia per l’anno
1960”. Archivio di St. di MN, Gonzaga, b. 410 b), reg.
43, c. 49 v. ed, ancora, Arch. Stato MN, Gonzaga, b. 1526]
1595
Mondaro di Pezzaze. In questa località della
Val Trompia vengono sempre più sfruttate miniere di
piombo argentifero che, pur decadute nel secolo XV per la
concorrenza, durano ancora mantenute attive dai Gonzaga con
maestranze tedesche. Vi vengono impiegati minatori di Mondaro
di Pezzaze; sono, infatti, più bravi dei “todeschi”,
come asserisce il Riviera (nella sua lettera del 3 settembre
di quest’anno 1595).
1800 – 1930
Pezzaze. “Medoli e miniere, pascoli
e allevamenti”. La comunità basa, fin
dall’antichità, la sua economia sul commercio
di legname proveniente dai boschi, sul ferro delle miniere
e sull’allevamento del bestiame. Si racconta vi fossero
circa novanta imbocchi di miniera e due forni fusori, uno
a Mondaro e l’altro in basso a Rebecco di Lavone (Laù).
Qualcuno parla ancora della “Regina” altri ricordano
il filone di Zoje e quell’altro detto della Valle del
Megua.
Molti svolgono l’attività di mandriano, anche
i Piardi delle distinte famiglie. Come tali dovevano stare
attenti che il loro bestiame durante il pascolo nei boschi
non invadesse quelli recentemente tagliati, cedui, col rischio
che le vacche e gli armenti si cibassero degli “smersi”
o “smersa”, germogli teneri usciti dai polloni
nati dai ceppi; o che lo stesso si recasse a bere in pozze
di altrui proprietà. Nota è la vicenda per l’uso
dell’acqua in cui sono incappati i Piardi.
I boschi erano molto sfruttati soprattutto per la produzione
di carbone vegetale che serviva per alimentare i forni del
ferro noti come forni fusori.
I Piardi detenevano molti carbonili detti anche “aiài”.
Nel corso della ricerca, infatti, ne sono stati riscontrati
molti.
I carbonai andavano via, nel bosco, la primavera e vi restavano,
anche con tutta la famiglia, sino a che giungeva la prima
neve.
Anche l’allevamento del bestiame era un’attività
importante a cui i Piardi si dedicavano.
Molti i Piardi che lavorano i terreni prativi soggetti a sfalcio
detti anche segaboli, quali quelli, ad esempio, del Pio Istituto
Bregoli od anche del comune. Questi vivono, come si usava
dire, del ricavato dall’erbatico, quel diritto di fare
erba nei demani pubblici. I segaboli sono, come noto, praticelli
nei boschi, tagliati al fine di recuperare un po’ di
erba, seppure magra.
L’impiego dei Piardi nelle attività minerarie
ed in quella dei cosiddetti Medoli è tuttora ricordata
a Pezzaze. C’era, infatti, chi, come Gaetano, el dio
Tano, lavorava giorno e notte ripetendo il turno.
Anche tra i Piardi gussaghesi sono note le fatiche di coloro
che lavorano nei medoli.
A Pezzaze, come a Gussago, alcuni Piardi sono “medoler”
in quanto, come dice il termine, lavorano al medol, medolo,
cava di pietra. Tali sono Achille, Giacinto e Giovanni dei
Runcù di Gussago, Achille – Francesco e Piero
de la Bianca, fratelli, ma anche Giovan Maria dei Mafé
(Pezzaze, 1907), figlio. Ancor prima, conobbe queste fatiche
anche Giovan Maria dei Mafè (Pezzaze, 1875), padre.
Verso la fine dell’800 Pezzaze viene scoperto come luogo
di villeggiatura da famiglie bresciane e di altre province
limitrofe come Mantova, Cremona e Milano, vengono istituite
colonie estive.
Nonostante tutto la decadenza economica di Pezzaze determinata
da diversi fattori, primo tra tutti la grande crisi dell’attività
mineraria, porta ad un lento e progressivo spopolamento del
paese favorendo l’emigrazione già avviatasi all’inizio
del XIX secolo e poi continuata verso la fine dello stesso
verso la pianura e le Americhe per continuare nel periodo
post bellico della prima ed anche della seconda guerra mondiale
ancora verso le Americhe specialmente quella del sud ma anche
in Australia.
Negli anni dal 1920 al 1930 i Ciong, i Pélès
e alcuni altri elementi di famiglie Piardi emigrano chi nella
bassa bresciana, in pianura, chi nel mantovano, chi ancora
a Brescia città o a Lumezzane come i Codése
e chi all’estero (de la Costa, Brine ed altri).
A Pezzaze, fin dal 1930, qualcuno annota: “la decadenza
economica è in forte aumento, origina un lento progressivo
spopolamento dei nostri paesi (…). Colonie di braccianti
e di superbi minatori si disperdono nelle Americhe (…)”.
Molti Piardi emigrati stagionali od anche annuali e poi in
forma definitiva vanno a lavorare “in galleria”
nei grandi trafori alpini. Attorno a questi lavoratori nascono,
con essi stessi, i canti, quali tipiche espressioni di queste
talpe umane. “Ai dis che i minatori son lingéri”
recita la canzone ma è l’orgogliosa affermazione
della “diversità del minatore”. Sono stati
“lingeri”, se così vogliamo accordare credito
alla canzone, i figli dei Brine, dei Pélès e
dei Mafé. Magnifico interprete di questi canti è
“La famiglia Bregoli”, popolare complesso musicale
vocale – strumentale.
Per i minatori valtrumplini, in divisa da lavoro o vestiti
a festa, vedi:
Sezione OPERA, Vol. III, COSTUMI:
- Minatori di Marmentino (Val Trompia - Brescia) in giornata
di festa ad Eigergletscher...
- "Lingere", espressione gergale, ovvero Minatori
valtrumplini (Brescia)...
- Minatori di Marmentino (Val Trompia - Brescia) pronti a
partire per il nuovo cantiere del traforo del Sempione; ...
Sezione OPERA, Vol. III,
EMIGRAZIONE:
- Minatori PIARDI allo Jungfrau - Oberland Bernese (Svizzzera),
anno 1912.
- 1930. Pezzaze. Emigrazione e paese natìo.
Sezione OPERA, Vol. III, MESTIERI
e PROFESSIONI.
Sezione ENGLISH. On the miners' train
in the Pezzaze tunnels.
1817
Pezzaze. Da un anno (1816) e sino al 1818 molte
miniere vanno chiudendo con la motivazione che i minatori
mancando di molti mezzi per proseguire (polvere per lo sparo
delle mine, olio ed attrezzi…). Si avvia un iniziale
abbandono delle attività, anche se i più tenaci
resistono e ne chiedono l’investitura.
Pezzaze. Intorno a questo periodo, perdurando il dominio austriaco
post napoleonico, Antonio Piardi ed altri chiedono l’investitura
della nota e produttiva miniera Zoje o Regina Zoje al fine
di condurla in società. Pochi anni dopo a Pezzaze la
produzione di ferro, per mezzo dei forni fusori, è
di 500 tonnellate. Enc. Bs.
STORIA di SANTA BARBARA
1.
S. Barbara. << Barbara – III-IV sec.
- martire - festa 4 dicembre. Anche un'altra santa, celebrata
il 4 dicembre, è considerata originaria dell'Egitto
come San Maurizio (Patrono degli Alpini e delle Truppe Alpine).
È Santa Barbara, martire del III secolo. Le narrazioni
che la riguardano sono molto leggendarie e con scarso valore
storico. Si vuole infatti che suo padre Dioscuro avesse costruito
una torre per rinchiudervi la giovane Barbara che era richiesta
in sposa da molti pretendenti. Questa torre aveva due finestre,
ma Barbara ne fece aggiungere una terza in onore della
SS. Trinità. Quando il padre, ostinatissimo pagano,
si accorse della professione cristiana di sua figlia, decise
di ucciderla. Allora la fanciulla fuggì passando miracolosamente
attraverso le mura della torre. Fu catturata e portata davanti
al magistrato che la fece torturare, flagellare e condurre
nuda e piagata per la città. Essa però tornò
a casa miracolosamente risanata e vestita. Allora fu condannata
alla decapitazione, eseguita dallo stesso padre. Subito scese
un fuoco dal cielo che lo bruciò interamente da non
lasciarne neanche le ceneri. E proprio contro la morte istantanea
è invocata questa santa, da tutte le persone che per
il loro lavoro sono esposte ad alto rischio, come gli artificieri,
gli artiglieri, i minatori. La morte improvvisa è considerata
infatti una mala morte perché non lascia ai peccatori
il tempo di pentirsi e convertirsi: in pericolo non è
solo la vita terrena, ma anche quella eterna. Sotto la sua
protezione sono posti i depositi di munizioni, chiamati appunto
"Santabarbara". La santa è raffigurata con
una torre, le cui tre finestre sono simbolo della Trinità
cui era devota, e con una pisside in mano, simbolo dei sacramenti
di cui si vorrebbe confortata una morte non improvvisa >>.
(Da: www.ana.it)
2.
Santa Barbara Martire visse a Nicodemia nel III
secolo ed era figlia del nobile Dioscuro, ambizioso cortigiano
assertore del paganesimo. Convertitasi al cristianesimo scelse
una vita umile al servizio di Dio rifiutando quella di corte.
Il padre, preoccupato per la sua posizione presso l’imperatore
Massimiano, infierì in vari modi sulla figlia per piegarne
la volontà, ma non ottenendo risultati finì
per denunciarla. Sottoposta a torture poi condannata al rogo,
poiché le fiamme si spegnevano al contatto con il suo
corpo, fu decapitata dallo stesso padre incenerito poi da
un fulmine nonostante il cielo sereno. Le reliquie trasportate
a Roma poi a Piacenza sono conservate nella Basilica di San
Sisto. Già venerata da secoli, papa Pio XII con Breve
Pontificio del 1951, la proclamò Santa Patrona degli
artiglieri, genieri, marinai e di quanti svolgono professioni
a contatto con il fuoco.
Nonostante il padre Dioscuro, la rinchiuse in una torre per
impedirlo, Barbara divenne cristiana. Per questo motivo fu
denunciata dal prefetto Martiniano durante la persecuzione
di Massimiano (III-IV sec.) e imprigionata a Nicomedia. Fu
prima percossa con le verghe, quindi torturata col fuoco,
subì quindi il taglio delle mammelle e altri tormenti.
Infine venne decapitata per mano del padre, che la tradizione
vuole incenerito subito dopo da un fulmine. Sempre la tradizione
racconta che durante la tortura le verghe con la quale il
padre la picchiava si trasformarono in piume di pavone, per
cui la santa viene talvolta raffigurata con questo simbolo.
È invocata come protettrice contro i fulmini e la morte
improvvisa e protettrice degli artificeri, artiglieri, minatori,
vigili del fuoco e carpentieri.
Santa Barbara nacque a Nicomedia (oggi Ismit o Kocael in Turchia)
nel 273 d.C.. La sua vita riservata, intenta allo studio,
al lavoro e alla preghiera la definì come ragazza barbara,
cioè non romana. Era una denominazione di disprezzo.
E' questo il nome a noi pervenuto da quello suo proprio. Tra
il 286-287 Santa Barbara si trasferì presso la villa
rustica di Scandriglia poiché il padre Dioscoro, fanatico
pagano, era un collaboratore dell'imperatore Massimiano Erculeo.
Quest'ultimo gli aveva donato ricchi e vasti possedimenti
in Sabina. Dioscoro fece costruire una torre per difendere
e proteggere Barbara durante le sue assenze. Il progetto originario
prevedeva due finestre che diventarono tre (in riferimento
alla Croce) secondo il desiderio della ragazza. Fu costruita
anche una bellissima vasca a forma di Croce. Sia la finestra
che la vasca non erano altro che i simboli del cristianesimo
a cui la ragazza si era convertita. La tradizione afferma
che proprio nella vasca Barbara ricevette il battesimo per
la visione di San Giovanni Battista. La manifestazione di
fede di Barbara provocò l'ira di Dioscoro; essa allora
per sfuggire a quest'ultimo si nascose nel bosco dopo aver
danneggiato gran parte degli dei pagani della sua villa. La
tradizione popolare scandrigliese afferma che essa si rifugiava
in una nicchia scavata all'interno di una roccia (dicitura
indicata come riparo di Santa Barbara in località "le
scalelle") e fu trovata per la delazione di un pastore
lì presente. Dioscoro la consegnò al prefetto
Marciano con la denuncia di empietà verso gli dei e
di adesione alla religione cristiana. Durante il processo
che iniziò il 2 dicembre 290 Barbara difese il proprio
credo ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti
a ripudiare la religione pagana per abbracciare la Fede Cristiana:
fu così torturata e graffiata mentre cantava le lodi
al Signore. Il giorno dopo aumentarono i tormenti mentre la
Santa sopportava ogni prova col fuoco. Il 4 dicembre letta
la sentenza di morte Dioscoro prese la treccia dei capelli
e vibrò il colpo di spada per decapitarla. Insieme
a Santa Barbara subì il martirio la sua amica Santa
Giuliana, questo avvenne nella zona campestre indicata nei
codici antichi con una espressione generica "ad aram
solis" o "in loco solis" (denominazione della
zona costa del sole oggi denominata Santa Barbara). Il cielo
si oscurò e un fulmine colpì Dioscoro. La tradizione
scandrigliese invoca la Santa contro i fulmini, il fuoco,
la morte improvvisa, il pericolo ecc. La tradizione inoltre
affermava che la treccia di Santa Barbara fosse visibile all'innocenza
dei bambini alla sorgente omonima. Il nobile Valenzano curò
la sepoltura del corpo della Santa presso una fonte (sorgente
di Santa Barbara) che diventò una meta di pellegrinaggio
per l'acqua miracolosa. Quando l'imperatore Costantino nel
313 consentì di rendere un culto esterno ai martiri,
i fedeli ornarono il sepolcro e di seguito vi costruirono
un oratorio (che si ritiene del VI secolo). Nel secolo IX
decadde dal suo primitivo splendore e nel secolo X si poteva
considerare abbandonato a seguito dell'invasione saracena.
Passata l'invasione attorno all'anno 1000 fu eretta una chiesa
completamente rifatta che esiste ancora oggi. Tra il 955 ed
il 969 i reatini organizzarono una spedizione a Scandriglia
(che oggi si trova in provincia di Rieti) e dopo varie ricerche
trovarono il suo corpo. Fu sottratto ai ricercatori di corpi
santi e portato al sicuro nella Cattedrale di Rieti dove ancora
oggi riposa sotto l'altare maggiore. Santa Barbara è
la patrona di Scandriglia e di Rieti.
[Testo di Andrea Del Vescovo]. - http://www.enrosadira.it/santi/b/barbara.htm
-
S. Giovanni Battista a Torcello (Venezia). La reliquia del
cranio era custodita, prima in un busto di legno poi in uno
di metallo, nella chiesa di S. Barbara dei Librari. Con la
soppressione della parrocchia di S. Barbara, avvenuta il 15
settembre 1594, l’insigne reliquia fu portata a San
Lorenzo in Damaso. Il reliquiario parte in argento, parte
argento e bronzo dorato, è da attribuirsi alla prima
metà del XVI secolo. Il Diario Romano (1926) indica
a S. Maria in Traspontina, nell’altare a lei dedicato,
un frammento di un braccio. Alcune reliquie non insigni di
S. Barbara sono conservate, in un cofanetto del XII secolo,
nel Tesoro di S. Giovanni in Laterano.
[Tratto dall'opera «Reliquie Insigni e "Corpi
Santi" a Roma» di Giovanni Sicari - Foto di G.
Sicari].
(http://www.enrosadira.it/santi/b/barbara.htm).
3.
Santa Barbara Martire, sec. III. Festa: 4 dicembre.
Nacque a Nicomedia nel 273. Si distinse per l'impegno nello
studio e per la riservatezza, qualità che le giovarono
la qualifica di «barbara», cioè straniera,
non romana. Tra il 286-287 Barbara si trasferì presso
la villa rustica di Scandriglia, oggi in provincia di Rieti,
al seguito del padre Dioscoro, collaboratore dell'imperatore
Massimiano Erculeo. La conversione alla fede cristiana di
Barbara provocò l'ira di Dioscoro. La ragazza fu così
costretta a rifugiarsi in un bosco dopo aver distrutto gli
dei nella villa del padre. Trovata, fu consegnata al prefetto
Marciano. Durante il processo che iniziò il 2 dicembre
290 Barbara difese il proprio credo ed esortò Dioscoro,
il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana
per abbracciare la fede cristiana. Questo le costò
dolorose torture. Il 4 dicembre, infine, fu decapitata con
la spada dallo stesso Dioscoro, che fu colpito però
da un fulmine. La tradizione invoca Barbara contro i fulmini,
il fuoco e la morte improvvisa. I suoi resti si trovano nella
cattedrale di Rieti. (Avvenire)
Patronato: Architetti, Minatori, Moribondi, Fucili e polvere
da sparo, Vigili del Fuoco
Etimologia: Barbara = straniera, dal greco
Emblema: Palma, Torre
Martirologio Romano: A Nicomedia, commemorazione.
Esistono molte redazioni in greco e traduzioni latine della
passio di Barbara; si tratta, però, di narrazioni leggendarie,
il cui valore storico è molto scarso, anche perché
vi si riscontrano non poche divergenze. In alcune passiones,
infatti, il suo martirio è posto sotto l’impero
di Massimino il Trace (235 – 38) o di Massimiano (286
– 305), in altre, invece, sotto quello di Massimino
Daia (308 –13). Né maggiore concordanza esiste
sul luogo di origine, poiché si parla di Antiochia,
di Nicomedia e, infine, di una località denominata
“Heliopolis”, distante 12 miglia da Euchaita,
città della Paflagonia. Nelle traduzioni latine, la
questione si complica maggiormente, perché per alcune
di esse Barbara sarebbe vissuta nella Toscana, e, infatti,
nel Martirologio di Adone si legge: “In Tuscia natale
sanctae Barbarae virginis et martyris sub Maximiano imperatore”.
Ci si trova, quindi, di fronte al caso di una martire il cui
culto fino all’antichità fu assai diffuso, tanto
in Oriente quanto in Occidente; invece, per quanto di riguarda
le notizie biografiche, si possiedono scarsissimi elementi:
il nome, l’origine orientale, con ogni verisimiglianza
l’Egitto, e il martirio. La leggenda, poi, ha arricchito
con particolari fantastici, a volte anche irreali, la vita
della martire: si tratta di particolari che hanno avuto un
influsso sia sul culto come sull’iconografia.
Il padre di Barbara, Dioscuro, fece costruire una torre per
rinchiudervi la bellissima figlia richiesta in sposa da moltissimi
pretendenti. Ella, però, non aveva intenzione di sposarsi,
ma di consacrarsi a Dio. Prima di entrare nella torre, non
essendo ancora battezzata e volendo ricevere il sacramento
della rigenerazione, si recò in una piscina d’acqua
vicino alla torre e vi si immerse tre volte dicendo: “Battezzasi
Barbara nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.
Per ordine del padre, la torre avrebbe dovuto avere due finestre,
ma Barbara ne volle tre in onore della S.ma Trinità.
Il padre, pagano, venuto a conoscenza della professione cristiana
della figlia, decise di ucciderla, ma ella, passando miracolosamente
fra le pareti della torre, riuscì a fuggire. Nuovamente
catturata, il padre la condusse davanti al magistrato, affinché
fosse tormentata e uccisa crudelmente. Il prefetto Marciano
cercò di convincere Barbara a recedere dal suo proposito;
poi, visti inutili i tentativi, ordinò di tormentarla
avvolgendole tutto il corpo in panni rozzi e ruvidi, tanto
da farla sanguinare in ogni parte. Durante la notte, continua
il racconto seguendo uno schema comune alle leggende agiografiche,
Barbara ebbe una visione e fu completamente risanata. Il giorno
seguente il prefetto la sottomise a nuove e più crudeli
torture: sulle sue carni nuovamente dilaniate fece porre piastre
di ferro rovente. Una certa Giuliana, presente al supplizio,
avendo manifestato sentimenti cristiani, venne associata al
martirio: le fiamme, accese ai loro fianchi per tormentarle,
si spensero quasi subito. Barbara, portata ignuda per la città,
ritornò miracolosamente vestita e sana, nonostante
l’ordine di flagellazione. Finalmente, il prefetto la
condannò al taglio della testa; fu il padre stesso
che eseguì la sentenza. Subito dopo un fuoco discese
dal cielo e bruciò completamente il crudele padre,
di cui non rimasero nemmeno le ceneri.
L’imperatore Giustino, nel sec. VI, avrebbe trasferito
le reliquie della martire dall’Egitto a Costantinopoli;
qualche secolo più tardi i veneziani le trasferirono
nella loro città e di qui furono recate nella chiesa
di S. Giovanni Evangelista a Torcello (1009). Il culto della
martire fu assai diffuso in Italia, probabilmente importato
durante il periodo dell’occupazione bizantina nel sec.
VI, e si sviluppò poi durante le Crociate. Se ne trovano
tracce in Toscana, in Umbria, nella Sabina. A Roma, poi, secondo
la testimonianza di Giovanni Diacono (Vita, IV,89), s. Gregorio
Magno, quando ancora era monaco, amava recarsi a pregare nell’oratorio
di S. Barbara. Il testo, però, ha valore solo per il
IX sec.; comunque, è certo che in questo secolo erano
stati costruiti oratori in onore di B., dei quali fa testimonianza
il Liber Pontificalis (ed. L. Duchesne, II, pp. 50, 116) nelle
biografie di Stefano IV (816-17) e Leone IV (847-55). Barbara
è particolarmente invocata contro la morte improvvisa
(allusione a quella del padre, secondo la leggenda); in seguito
la sua protezione fu estesa a tutte le persone che erano esposte
nel loro lavoro al pericolo di morte istantanea, come gli
artificieri, gli artiglieri, i carpentieri, i minatori; oggi
è venerata anche come protettrice dei vigili del fuoco.
Nelle navi da guerra il deposito delle munizioni è
denominato “Santa Barbara”. La festa di Barbara
è celebrata il 4 dicembre. santa
[Autore: Gian Domenico Gordini. (http://www.santiebeati.it/dettaglio/80400)]
Barbara, che fu, secondo la tradizione, vergine e martire.
S. BARBARA in S. Maria del Monte Carmelo in Traspontina. Roma.
S. Barbara, di Giuseppe Cesari, detto Cavalier D’Arpino
(1568-1640), pala seicentesca d’altare, raffigurante
la santa nell'omonima cappella (di fine Cinquecento); chiesa
di Santa Maria del Carmelo in Traspontina - Roma.
SANTA BARBARA a PEZZAZE gli anni
1944 e 1999 e in Valtrompia il 2008
Miniera STESE (Marzoli) a PEZZAZE, (foto degli anni '80 sec.
XX).
Antico ingresso della miniera STESE di Pezzaze, con la sovrastante
nicchia in cui si trovava, in origine, la statua di S. Barbara,
in realtà trattasi dello sbocco inferiore della miniera,
quando la stessa risultava in attività; da qui, infatti,
uscivano i carrelli col minerale da selezionare, cuocere ed
avviare alla cottura finale operata nel Forno Fusorio della
più a valle Tavernole.
1944, 4 dicembre: Pezzaze.
“I pezzazesi inaugurando la decorazione della chiesa
parrocchiale rileggono pagine gloriose della storia della
loro terra le tramandano ai posteri col tesoro preziosissimo
della fede ricevuta dagli avi”. “Festa di S. Barbara,
4 dicembre 1944”.
Il parroco Don Michele Verzeletti rivolgendosi ai suoi parrocchiani
dice: “(…) la chiesa parrocchiale. Essa è
il primo nucleo della grande organizzazione ecclesiastica,
è la piccola cellula del corpo mistico di Gesù
Cristo. E’ il primo gradino della scala gerarchica che
unisce a Cristo e per mezzo di Cristo al Padre. Vivendo la
vita della chiesa parrocchiale si prende parte al culto ufficiale
che la società cattolica rende a Dio e si ha il modo
di partecipare effettivamente ed intensamente all’apostolato
gerarchico che la chiesa esercita con la preghiera, con le
azioni sacre e col sacrificio. (…) Noi, o amici cari,
abbiamo la fortuna di avere una chiesa parrocchiale che forma
un po’ l’orgoglio del nostro piccolo paese chiuso
da una corona di montagne. E’ sorta due secoli fa, per
lo zelo ardimentoso dell’arciprete Salvi e per la corrispondenza
generosa dei nostri padri. Monumento insigne di fede e di
pietà, prodigio di generazioni veramente cristiane.
Voi, però, per non smentire le tradizioni religiose
della nostra gente, alla costruzione del tempio in perfetto
stile Settecento, avete voluto aggiungere una sobria decorazione,
(…)”. (Pezzaze nella sua storia e nella sua vita
religiosa. AA. VV. Tip. Edit. Morcelliana – Brescia
1944).
1944, 4 dicembre: Pezzaze.
Il registro delle offerte per la decorazione della chiesa
parrocchiale di S. Apollonio reca ben 470 annotazioni. Vi
appaiono i nomi di molte famiglie e di qualche organismo pezzazese.
Qualche Piardi appare esplicitamente come Teodoro, Daniele
con Ghetti Modesta e Bregoli Maria L., Giov. Maria fu Desiderato,
Antonio fu Francesco, Angelina in Bontacchio, fratelli Ivan
Vanda e Rosa, Teresa in Zanardini, Antonio. Ma quanti altri
Piardi dietro ciascuno dei tanti NN di cui le annotazioni
sono piene.
1999, 5 dicembre: Pezzaze.
Festeggiamenti in onore di Santa Barbara. Si inaugura il primo
percorso museale minerario che parte dalla miniera “Stese”
nata nel 1886.
“Parco Minerario dell’Alta Valle Trompia. Recupero
dei siti minerari dismessi per non dimenticare, per recuperare
la storia, la cultura, la tecnica di un tempo che fu, per
restituire alle miniere e alle persone che vi hanno lavorato
la loro dignità. Un occasione nuova per divertirsi
in sotterraneo. Laboratorio territoriale per ricerca e sperimentazione.
Produzione di energia pulita, difesa dell’ambiente e
rigoverno del territorio”. Da ‘Valtrompia da scoprire…’-
1999. A cura di: Comunità Montana Valle Trompia e AssociazioneValtrompia
Turismo.
1999, 5 dicembre: Pezzaze. Cesare Enrico
Piardi “Cesarino dei Quarantì” con Fiordeo
Ados Sedaboni, Assessori Comunali, unitamente a tecnici e
minatori lavorano alacremente per rendere possibile l’avvio
del primo tronco del percorso minerario sito nell’ambito
dell’intero comprensorio valtrumplino.
2008. VALLE TROMPIA. Festa dei minatori
A cura di: COMUNITA' MONTANA DI VALLE TROMPIA.
SISTEMA INTEGRATO DI VALLE TROMPIA ARCHIVI - BIBLIOTECHE -
MUSEI.
In collaborazione con: Agenzia Parco Minerario dell’Alta
Valle Trompia, Associazione Amici del Forno, Associazione
dei Minatori di Marmentino, Associazione Minatori di Bovegno,
Associazioni Minatori e Artiglieri S. Colombano, Gruppo Minatori
di Pezzaze, Comune Bovegno, Comune Collio, Comune Marmentino,
Comune Pezzaze, Comune Tavernole.
SANTA BARBARA 2008 in VAL TROMPIA
SABATO 29 NOVEMBRE 2008
Tavernole s/Mella
Ore 15.00 Ritrovo presso Museo “Il Forno di Tavernole”
Ore 15.30 S. Messa celebrata da Mons. Corti e Don Marino Cottali,
con la partecipazione del coro A.N.A. di Brescia “Alte
Cime”.
Informazioni: Agenzia Parco Minerario dell’Alta Valle
Trompia - info@miniereinvaltrompia.it
GIOVEDÌ 4 DICEMBRE ‘08
Bovegno
Ore 10.30 S. Messa nella Parrocchiale
Ore 12.00 Pranzo sociale
Informazioni e prenotazioni: Associazione Minatori di Bovegno
- Sig. Ugo Fausti
GIOVEDÌ 4 DICEMBRE ‘08
Bovegno
Ore 21.00 Anteprima di “Avanzamenti”, video ballata
di G. Bertolotti, E. Piria, D. Ronzio, a cura di Regione Lombardia
- Archivio di Etnografia e Storia Sociale (AESS), presso Cinema
Teatro Parrocchiale
Informazioni: Sistema Museale di Valle Trompia
SABATO 6 DICEMBRE ‘08
Marmentino
Ore 11.00 S. Messa presso la Cappella di S. Barbara
Informazioni e prenotazioni: Associazione dei Minatori di
Marmentino
Sig. Bonaventura Zubani e Sig. Fontana Valeriano
DOMENICA 7 DICEMBRE ‘08
Pezzaze
Ore 10.30 Ritrovo presso la Miniera Marzoli
Ore 11.00 S. Messa presso la cappella di Santa Barbara all’interno
della Miniera
Informazioni e prenotazioni: Gruppo Minatori di Pezzaze -
Sig. Cesare Piardi e Sig. Bellerminio Bregoli
DOMENICA 7 DICEMBRE 2008
S. Colombano di COLLIO
Ore 11.00 S. Messa in Piazza S. Barbara
Informazioni e prenotazioni: Associazioni Minatori e Artiglieri
S. Colombano Sig. Nicolini Dario
PEZZAZE
e S. Barbara. Importante lavoro ligneo in Pezzaze,
è la figura di S.Barbara, protettrice dei minatori
locali, scolpita da Paolo Amatore nei primi anni del seicento.
Nei pressi della frazione Stravignino di Pezzaze, sopra un’altura
isolata e immersa nel verde si incontra la magnifica chiesa
di S. Apollonio vetere (Secc. XV-XVI). I minatori della vicina
miniera “Stese” prima di addentrarsi nel ventre
della montagna potevano guardare con devozione alla santella
di S. Barbara e a quest’antica parrocchiale che domina
dall’alto.
Per S. Apollonio vetere all'interno del nostro sito vedi
:
http://www.piardi.org/luoghi/pezzaze.htm
http://www.piardi.org/opera/vol3/volume3devozioni418.htm
devozione a S. Gaetano da Thiene
http://www.piardi.org/comitato.htm
foto di S. Apollonio vetere e S. Apollonio nuovo
http://www.piardi.org/comitato.htm
don Giovan Battista Piardi
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