Piardi a Venezia e nei
domini Veneziani.
Piardi a Venezia e nei domini veneziani della Serenissima
Repubblica.
I Dogi
La
figura del Doge veneziano
Dogi
della Repubblica di Venezia
da wikipedia
I Dogi del XVI secolo
L'ultimo
del Cinquecento fu Marino GRIMANI, noto ai Bresciani
per essere stato Podestà della città di Brescia
Venezia, doge Marino Grimani (1595-1605). I Piardi bergamaschi
sono a Venezia
I Dogi del XVII secolo
http://it.wikipedia.org/wiki/Dogi_della_Repubblica_di_Venezia#XVII_secolo
I Dogi del XVIII secolo
(...l’ultimo “Serenissimo” che vide la stretta
presenza dei Piardi, prima del loro ritiro in quel di Bergamo,
fu Pietro Grimani del 1677, doge dal 1741 al 1752, 115°
della Repubblica di Venezia)
http://it.wikipedia.org/wiki/Dogi_della_Repubblica_di_Venezia#XVIII_secolo
Venezia, doge Giovanni Bembo del sec. XVII. I Piardi sono
al servizio della Serenissima
PIARDI a Venezia e nel Veneto
1564 (?)
Origine bergamasca.
NOBILI.
Famiglia oriunda di Bergamo. Ottenne il riconoscimento
dell'antica sua nobiltà per essere appartenuta al "Maggior
Consiglio" della città di Bergamo.
Il Capostipite Orazio, "Magnificus et nobilissimus dominus",
figlio di Giacomo, già maggiorenne nel 1589, sposò
una figlia del Signor Cristoforo De' Mangillis, detto Cavaliere
di Carvico, che con la donazione di tutti i suoi beni all'Orazio
Piardi, accrebbe il già notevole patrimonio dello stesso
Orazio. Da Orazio nacque Venanzio che trasferì la famiglia
a Venezia, conservando la cittadinanza di Bergamo. Venanzio,
insieme al fratello Claudio ed ai di lui figli, si dedicò
ai traffici, fondò una grande azienda commerciale esercitando
una vasta mercatura con l'oriente. Ebbe, Venanzio, dalla Repubblica
Veneta importanti incarichi, coprì cariche pubbliche,
riportandone chiara considerazione e molti onori. Figlio di
Venanzio fu il Gio.Giacomo Piardi che nel 1639 contrasse matrimonio
in Bergamo con la nobile Elena Biffi figlia di Gerolamo, continuando,
a Venezia, l'azienda paterna, allargando ed ampliando i traffici,
fondando succursali a Zara, al Cairo ed a Costantinopoli.
Accrebbe notevolmente le ricchezze della famiglia oltre a
quelli che la stessa possedeva in molti beni immobili in zona
di terraferma veneta, anche a Bergamo e provincia, in particolare
a Carvico, a Ponte S. Pietro, Chiuduno, Trescore, Carobbio
e Gorlago.
A Gorlago, Bergamo, circa un secolo dopo (1750), un pronipote
del Venanzio Piardi trasferì definitivamente la famiglia.
(Dati e notizie che ancora necessitano di storico approfondimento,
anche con la collaborazione dei lettori. Novembre 2010)
1584.
Ramo veronese di derivazione da quello bergamasco.
Nobile famiglia veronese, che figura nel campione dell'estimo
dal 1584, ma che non fu ascritta al Consiglio della nobiltà
che nel 1747.
1653.
Famiglia che figura nel campione dell'estimo di
Verona fin dal 1653 e che dal 1707 godeva del titolo comitale
per concessione veneta ma che non fu ascritta al Consiglio
Nobile di Verona che nel 1782 nella persona di Gio. Francesco.
La famiglia aveva giurisdizione sopra la terra di Pigozzo
ed è iscritta nell'elenco ufficiale italiano con titoli
di Nobile dei Conti Piardi (M e F) e Nobile (M e F). [Pigozzo
è, ora, frazione pedemontana della città di
Verona].
Già alla fine del XV secolo, tuttavia, una famiglia
Piardi appare in quel di Pezzaze (Val Trompia) con certo Giovanni
PIARDO, nella conca di Sant’Apollonio sotto il Colle
di S. Zeno, già nel 1487. (Per un ampio significato
del titolo di Conte si veda di seguito). (Dati e notizie che
ancora necessitano di storico approfondimento, anche con la
collaborazione dei lettori. Novembre 2010)
C O N T E P A L A T I N O.
1688 – 1696 ANTONIO Piardi, Conte Palatino.
Antonio - medico di grido ebbe dall'Imperatore Leopoldo, nel
1688, la nobiltà del S.R.I. (Sacro Romano Impero) e
dallo stesso Imperatore, nel 1696, il titolo di "Conte
Palatino, ereditario per primogeniti". Antonio è
il primo dei conti Piardi a fregiarsi di detto titolo, con
lui e da questo momento i Piardi sono "Conti Palatini".
La Famiglia è iscritta nell'Elenco Nobiliare Ufficiale
Italiano col titolo di "Conte Palatino (M)" e "Nobile
(M-F)" in persona di Giuseppe con dimora in Verona dal
momento che al casato, da parte della Serenissima Repubblica
di Venezia nel XVII secolo, fu assegnato il titolo di "Signori
di Pigozzo". (Per il significato regale di Conte Palatino
si veda di seguito).
CONTE: Il titolo di Conte (semplice) deriva
dal latino Comes- Itis, compagno, più tardi (13 sec.)
Compagno dell'Imperatore. Titolo nobiliare; nella gerarchia
araldica segue quello di Marchese e precede quelli di Visconte
e Barone. La Corona spettante è un cerchio d'oro smaltato,
gemmato con sedici perle su altrettante punte, nove delle
quali visibili. L'elmo del Conte è d'argento rabescato,
bordato d'oro, graticolato di 17 pezzi d'oro, posto di profilo
per un terzo. Il titolo di Conte acquistò importanza
politica e militare presso alcuni popoli germanici, in particolare
i Franchi, venuti a contatto con il mondo Romano, dove già
esistevano funzionari chiamati Comites. Detto titolo competeva
ai capi che accompagnavano il Re nelle spedizioni militari
(in tedesco "Gefolgschaft" = seguito) e lo assistevano
nelle funzioni di Governo. In età carolingia il territorio
appare suddiviso in Contee con a capo un Conte che, con la
feudalizzazione delle cariche (sec. IX), divenne vassallo
del Re e Comandante militare, legato dal giuramento di fedeltà
(homagium). La carica di Conte, dapprima di nomina imperiale,
divenne vitalizia ed ereditaria tra il secolo IX e il X. Con
l'affermarsi in Italia del Comune e l'allargarsi del districtus
cittadino sui territori del Conte, il potere di quest'ultimo
anche con giurisdizione civile, appare definitivamente compromesso
e lo stesso Conte fu assorbito in ambito comunale salvo laddove
il fenomeno comunale cittadino è stato più debole,
come ad esempio in Piemonte.
CONTE PALATINO: (Comes palati) Alto dignitario
del Palatium regio presso la Corte dei Franchi imperatori
(Aquisgrana) e in ambito Longobardo/Franco (Pavia) cui competeva
l'esercizio della giustizia in nome dell'Imperatore. Il titolo
di Conte Palatino si perpetuò anche presso gli imperatori
germanici. In Germania il Conte Palatino del Reno fu tra i
sette grandi principi elettori dell'Imperatore. Sotto i Merovingi
il Conte è assessore nel tribunale regio, con i Carolingi
ne divenne il capo. Il termine, indica anche, genericamente,
i grandi che circondano il Re. Fra i principi germanici hanno
una speciale importanza, dopo Ottone I di Sassonia - Imperatore
del Sacro Romano Impero (912 - 973), i quattro Palatini di
Sassonia, Baviera, Svezia e Lorena. Fra loro acquista, col
XII secolo, speciale importanza il Palatino di Lorena: ha,
infatti, speciali prerogative, in particolar modo quella di
far parte del collegio elettorale dell'impero; insieme con
il Duca di Sassonia era Vicario dell'Impero Vacante. Carlo
IV (1316 - 1378), Imperatore dal 1354, crea la carica di Conte
Palatino di Corte.
MAGGIOR CONSIGLIO DELLA CITTÀ' DI BERGAMO:
A Venezia, è l'organo costituzionale della Repubblica
di Venezia. Istituito nel 1143 come "Consiglium sapientum"
ha funzioni legislative, elegge il doge e gli alti magistrati.
Inizialmente composto di 35 membri elettivi, via, via, ampliandosi
per l'abitudine invalsa di accogliere in esso i membri di
altre magistrature usciti di carica finché, nel 1297,
la carica diviene ereditaria.
Bergamo. In analogia alla città lagunare ne viene istituito
uno analogo in ogni città della Serenissima Repubblica,
perciò anche a Bergamo; a quest’ultimo appartiene
la famiglia del ramo bergamasco dei Piardi.
((Piardi a Venezia e nel veneto per sito www.piardi.org -
da “I PIARDI” “Volume 1 e 2)). [A cura di
Achille Giovanni Piardi. Novembre 2010]
Venezia tra Trecento e Quattrocento
Tra gli ultimi decenni del XIV secolo e i primi
del XV Venezia, guidata da una ristretta casta di militari
e mercanti era riuscita a conquistare il Veneto e parte della
Lombardia; proseguiva intanto la lotta per il dominio delle
rotte commerciali in corso con Genova. Dopo un'iniziale sconfitta
subita a Portolungo (1354) le ostilità ripresero nel
1376 per la conquista dell'isola di Tenedo, importante snodo
commerciale all'entrata dello stretto dei Dardanelli. Dopo
alterne vicende, la Pace di Torino (1381), in apparenza, concluse
la guerra in parità, in quanto Tenedo venne negata
ad entrambi i contendenti. In realtà Genova, che non
era riuscita ad estromettere la rivale dai commerci con l'oriente,
si avviava verso un periodo di lotte intestine, che ne compromisero
l'indipendenza. Venezia, al contrario, riuscì a mantenere
uno stato coeso e, se non la guerra, vinse la pace. Di lì
a pochi anni, comunque, la caduta di Bisanzio in mano agli
ottomani di Maometto II, avvenuta nel 1453, rivelò
quale fosse veramente la potenza navale dominante nel Mediterraneo
orientale e costrinse le due repubbliche marinare italiane
a cercare un nuovo destino. Genova lo trovò nella nascente
finanza internazionale, Venezia nell'espansione terrestre.
L'espansione nel Veneto ed in Lombardia
Inizialmente, la politica continentale veneziana
rimaneva fissata ad un interessato equilibrio fra le ambizioni
dei diversi comuni e delle signorie del Centro e del Nord
Italia. La Serenissima aveva acquistato, con la diplomazia
e con la guerra, il dominio di quei pochi territori dell’entroterra
veneziano necessari ai traffici e utili per l’incremento
delle entrate governative. I suoi interessi riguardavano soprattutto
un’espansione marittima.
Alla fine del Trecento, dopo la pace di Torino, per contrastare
le mire espansionistiche del ducato di Milano, Venezia assunse
compagnie di mercenari guidate da famosi capitani di ventura
come il Gattamelata (Erasmo da Narni) o il Carmagnola (Francesco
da Bussone), riprendendo l'espansione in terraferma, sotto
la guida del doge Francesco Foscari (1423-1457). Venezia conquistò
parte della Lombardia. Per contrastare la potenza milanese,
Venezia riuscì a trovare l’intesa con Firenze
(1425), in seguito destinata a sfaldarsi per la diversità
di interessi. Nel 1433 (Pace di Ferrara), Filippo Maria Visconti
fu costretto a cedere Brescia e Bergamo e con la pace di Cremona
(1441) fu costretto a cedere altre terre, anche grazie agli
interventi del capitano di ventura Scaramuccia da Forlì
Con la Pace di Lodi (1454) Francesco Sforza riconobbe il confine
veneziano all'Adda. Ebbe al suo servizio il condottiero Bartolomeo
Colleoni, come Capitano generale, che onorò con il
famoso monumento equestre del Verrocchio. All'apice della
sua potenza, Venezia controllava gran parte delle coste dell'Adriatico,
molte delle isole dell'Egeo, inclusa Creta, e tra le principali
forze commerciali nel Medio oriente. Il territorio della repubblica
nella penisola italica si estendeva fino al Lago di Garda,
al fiume Adda ed anche a Ravenna, da cui riusciva ad influenzare
la politica delle città della Romagna, ad esempio appoggiando,
nel 1466, la presa di potere di Pino III Ordelaffi a Forlì,
città su cui, però, Venezia non riuscì
mai ad avere un dominio diretto.
All'inizio del XVI secolo, la Repubblica era una delle principali
potenze europee e la ricchezza dei traffici, l'abilità
di diplomatici e comandanti militari ed una buona amministrazione
la ponevano ad un livello superiore a quello di altri stati
del tempo.
“L’Europa contro Venezia”
L’allargamento territoriale della Serenissima
entrò in contrasto con l’idea espansionistica
del pontefice Giulio II. Luigi XII, Massimiliano d’Austria
e il nuovo pontefice Giulio II (Giuliano Della Rovere) si
erano stretti il 22 settembre 1504 nell’alleanza di
Blois diretta contro la Serenissima. Di fronte alla triplice
alleanza, il governo di Venezia temporeggiò, ma fu
tutto inutile perché fu proprio Giulio II ad iniziare
le ostilità. Ma poi il pontefice desistette dal proseguire
l’impresa, temendo la superiorità militare veneziana.
Nel 1508 l’imperatore Massimiliano d’Austria entrava
nel Trentino e le milizie veneziane di Bartolomeo d’Alviano
lo respingevano, costringendolo a chiedere una tregua. Questa
vittoria di Venezia, però, contribuì a completare
il suo isolamento.
Il 10 dicembre 1508 la Lega di Cambrai univa il pontefice
Giulio II, il re Luigi XII di Francia, l'imperatore Massimiliano
I, il re Ferdinando II d'Aragona, Inghilterra, Savoia, Mantova
e Ferrara, mentre Firenze rimaneva neutrale perché
impegnata a piegare la resistenza di Pisa. Battuta dai nemici
stranieri e italiani, abbandonata dai nobili e ricchi borghesi
delle sue città di terraferma, la Repubblica conobbe
giorni di dolore e di disperazione. Ad Agnadello, il 14 maggio
1509, i veneziani furono duramente sconfitti dai francesi.
Il predominio francese sul nord Italia conseguente alla battaglia
fu però sentito come una minaccia da Giulio II, che
siglò la pace con i Veneziani dopo la loro "umile
sottomissione". Nel 1511 Venezia entrò, con Inghilterra,
Spagna ed Impero nella Lega Santa promossa dal pontefice guerriero
contro la Francia. Alla fine delle guerre d'Italia, Venezia
aveva consolidato il suo dominio territoriale, ma si trovava
circondata da potenze continentali (la Spagna nel Ducato di
Milano, l'Impero degli Asburgo a nord, l'Impero Ottomano ad
oriente), che le precludevano ogni ulteriore espansione e
che, nel caso dell'Impero Ottomano, rappresentavano una concreta
minaccia per i possessi d'oltremare.
La crisi
Sebbene la popolazione della città di Venezia
fosse a maggioranza cattolica, lo stato rimase laico e caratterizzato
da un' estrema tolleranza nei confronti di altri credi religiosi
e non vi fu nessuna azione per eresia nel periodo della Controriforma.
Questo atteggiamento indipendente e laico pose la città
spesso in contrasto con lo Stato della Chiesa, figura emblematica
fu Paolo Sarpi che difese la laicità dello stato veneto
dalle pretese egemoniche del papato. La perdita di importanza
delle rotte mediterranee a favore delle nuove vie commerciali
atlantiche aperte dagli spagnoli e dai portoghesi che, dalla
scoperta dell’America, da parte del genovese Cristoforo
Colombo, e dall’apertura della via per le Indie passante
per il Capo di Buona Speranza, avevano iniziato i viaggi di
esplorazione e la colonizzazione dei continenti extraeuropei
che segnò l'inizio dell'emarginazione commerciale di
Venezia, aggravata pure dal continuo avanzare dei turchi.
Nel 1571, dopo il lungo assedio di Famagosta, venne perduta
Cipro. In quello stesso anno, a Lepanto, una flotta cristiana,
comandata da Don Giovanni d’Austria e composta da navi
veneziane, spagnole, genovesi, sabaude, della Chiesa, dei
Cavalieri di Malta sconfisse la flotta turca. Nella battaglia
l'apporto di Venezia fu decisivo, ma si trattò di un
successo momentaneo ed importante soprattutto dal punto di
vista psicologico. Nel 1669, dopo la sanguinosa guerra di
Candia, durata vent'anni, che lasciò Venezia stremata,
i turchi presero la città di Candia, conquistando così
il completo controllo di Creta. Tuttavia nel periodo 1683
- 1687, sotto il comando di Francesco Morosini, i Veneziani
riuscirono ancora a conquistare la Morea (l'odierno Peloponneso),
poi perduta nel 1718.
Intanto il patriziato, da ceto mercantile si stava trasformando
in aristocrazia terriera perché i patrizi trovavano
conveniente investire il loro patrimonio nell'acquisizione
di ingenti latifondi nella "Terraferma Veneta".
(Da, http://it.wikipedia.org/wiki/Dogi).
Nel sito dei PIARDI, dove si parla della figura
e l’operato dei Dogi veneziani:
VOLUME
3 > 4.4 MADONNA DEL ROSARIO o BEATA VERGINE DEL ROSARIO
VOLUME
3 > 4.1 CELEBRAZIONE TRIDUO IN SUFFRAGIO DEI DEFUNTI
VOLUME 1
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