Giovanni Battista Piardi
Giovanni Battista Piardi.
Pezzaze, 1811 - Rovato, 1866.
2 Maggio 1811 - 2 Maggio 2011. Giovanni
Battista PIARDI Patriota risorgimentale:
200° della nascita nell'anno del 150° dell'Unità
d'Italia.
Pezzaze
(Brescia), 2 Maggio 1811 – Rovato (Brescia), 13 Luglio
1866
(Pagina riordinata a partire dal mese di Giugno 2010 e proposta
il 2 Maggio 2011)
Pezzaze 1811, 2 Maggio. Nasce Giovanni Battista PIARDI.
<< lì quattro maggio 1811. GiamBatta fig.o di
GiamBatta q. Bortolo Piardi Catanì, e di Domenica q.
Fran.co Bregoli Frinchiale sua consorte, nato lì due
corrente alle ore quattro italiane ed oggi da me Arciprete
Richetti battezzato. Padrino Bortolo fratello del battezzato
>>.
Secondo la testimonianza di Teodoro Piardi (Pezzaze, 1905-
Grumello del Monte – Palazzolo S/O., 2002) dei Cansonète,
Giovanni Battista Piardi, patriota, è cugino di suo
nonno G. Battista (o Battista) del 1824. (Teodoro lo afferma,
con testimonianza scritta del 28 marzo 1997).
Milano 1831-1833 Giovanni Battista Piardi
è ritenuto appartenere alla Associazione politica fondata
a Marsiglia nell’estate del 1831 da Giuseppe Mazzini:
“Giovine Italia”. Viene arrestato dalla polizia
politica austriaca, in Milano.
<< “Giovine Italia”.
“L’Associazione si diffuse anche nel bresciano
anche se non ebbe fortuna come altrove. Trovò aderenti
sia tra la nobiltà, nell’esercito, nella borghesia
come tra il popolo più evoluto richiamando l’attenzione
della polizia austriaca fin dal novembre 1831. Durante il
1832 – 33 sempre più numerosi dispacci segnalarono
alla polizia di Brescia il nome degli emissari del ‘famigerato
Mazzini’ che si riteneva potessero introdursi nella
provincia per diffondervi manifesti e stampe sovversive e
per fare proseliti. La polizia rispose che tutto era calmo,
che ‘lo spirito pubblico continuava a mostrarsi quello
di una popolazione affezionata alla Augusta Casa che così
saggiamente reggeva i suoi destini’ e che a Brescia
generalmente si detestavano le massime della società
della Giovane Italia, tendenti alla dissoluzione del corpo
sociale. In realtà nel terzo trimestre del 1833, mentre
in seguito alla confessioni del cadetto dei granatieri Gaetano
Rolla, la polizia di Milano arrestava lo studente
universitario valtrumplino Giovanni Piardi (Giovanni Battista),
la cui stanza nella ‘Corsia dei Servi’ era diventata
un centro di giovani mazziniani, scritti sovversivi con allusione
alla Giovane Italia si scoprono a Carpenedolo e alla polizia
di Palazzolo sull’Oglio venivano consegnati esemplari
de ‘la Giovane Italia’. La fuga di Giambattista
Cavallini di Iseo, del Conte Mazzucchelli, capo del Comitato
bresciano e del Conte Gaetano Bargnani, e successivi arresti
di bresciani e di bergamaschi facenti capo al gruppo di Iseo
segnalarono la vitalità del movimento. Anche se le
voci raccolte erano gonfiate e in parte frutto di confessioni
di millantatori, la Giovani Italia ebbe in pratica il suo
epicentro in Iseo, grazie a Gabriele Rosa e a Sarnico, per
la propaganda dell’iseano avvocato Alessandro Bargnani.
Altro nucleo della Giovane Italia si formò a Pisogne.
Con Gabriele Rosa operarono Andrea Guerrini e il Cavallini.
L’Associazione si diffuse attraverso Gabriele Rosa anche
il Valcamonica ed il Rosa ebbe anche l’incarico di tenere
i collegamenti con i mazziniani di Brescia, di Bergamo e di
Milano e ‘di stabilire una linea di comunicazione tra
Brescia e Poschiavo con stazione ad Iseo, Pisogne, Edolo,
Tirano onde far venire e sicuramente depositare libri, armi
e munizioni’. La pubblicazione della notificazione del
5 agosto 1833, che non soltanto comminava la pena di morte
agli iscritti e pene severissime a chi non avesse denunciato
alle autorità gli affiliati, ma gettava il disonore
su questi – additati all’opinione pubblica come
delinquenti che non rifuggivano dall’assassinio -, provocò
qualche arresto, la fuga dei più compromessi, esitazioni,
timori e lo spezzarsi dei fili delle trame.
Il Rosa a piedi e senza passaporto raggiunse il Cavallini
in Svizzera aldilà dello Spluga e gli chiese istruzioni.
Rifiutò il lavoro all’estero offertogli dall’amico
e, sempre a piedi, tornò in Lombardia per avvertire
gli amici non ancora arrestati.
A Iseo aiutò a fuggire l’avvocato Bonini e, fidente
nel segreto di quanti lui stesso aveva affiliati, rifiutò
di seguirlo sulla via dell’esilio.
Ma un giovane praticante farmacista di Tavernola sul bergamasco,
Carlo Foresti, denunciato da un sacerdote, arrestato ed invitato
a rivelare i mazziniani a lui noti, fece i nomi dei tre iseani
(da Iseo, sul lago omonimo) Ambrogio Giulitti, Cristoforo
Battaglia e Gabriele Rosa. Vennero arrestati Alessandro Bargnani
e Gabriele Rosa (venne sorpreso a letto mentre era convalescente
di vaiolo) e Giacomo Poli di Brescia.
Dopo che la maggior parte degli inquisiti era stata dimessa
dal carcere perché poco si era scoperto a loro carico,
con sentenza 27 settembre 1835 ben 19 affiliati furono condannati
alla pena di morte, poi commutata in qualche anno di carcere.
Per quel che riguarda i bresciani, cinque anni furono comminati
a Giacomo Poli di Brescia, tre a Gabriele Rosa e uno al Piardi.
Ad Alessandro Bargnani fu dimezzata la primitiva condanna
a 20 anni di carcere duro. Poiché a coloro ai quali
era stata comminata una pena superiore ai cinque anni, fu
in seguito concesso di scegliere tra il carcere e l’esilio
in America, Alessandro Bargnani col comasco Tinelli e il cremonese
Benzon, scelse l’esilio. Gli altri furono tradotti allo
Spielberg. (…). Secondo la polizia austriaca ancora
nel 1846 esisteva a Brescia un club che manteneva strette
relazioni con la Svizzera e come anello di congiunzione tra
i comitati rivoluzionari di Londra e di Parigi e quelli di
altre parti d’Italia”. >>. (Enc. Bs. Enciclopedia
Bresciana - voce Giovane Italia – di A. Fappani Ed.
La Voce del Popolo – Brescia)
Cesare Cantù, scrittore, letterato, storico e G. Battista
Piardi hanno un comune amico: il professor Spalenza dott.
Ettore, bresciano di Rovato.
[Ettore Spalenza darà il nome all’ospedale di
Rovato, tuttora esistente, (2010), dopo fermi e successive
riaperture; la “gestione” è assegnata alla
Fondazione Don Carlo Gnocchi].
Milano 1833, Casa della Corsia dei Servi
(poi zona di piazza San Babila). Quando a Milano lo studente
di medicina veterinaria Giovanni Battista Piardi (Pezzaze
1811 – Rovato 1866, in Franciacorta) della famiglia
dei Catanì, nell’agosto del 1833 è arrestato
in quanto aderente alla “Giovine Italia” di Giuseppe
Mazzini, i discendenti appartenenti alla sua stessa famiglia
sono già a Gussago ed a Rodengo e Saiano, in Franciacorta.
Milano 1835, 29 settembre. Giovanni Battista
Piardi (1811), ritenuto colpevole del reato di alto tradimento,
il 29 settembre 1835, dopo un giudizio durato circa due anni
e ripetuti interrogatori, viene condannato a morte con altri
diciannove tra i quali due bresciani: Gabriele Rosa da Iseo
e Giacomo Poli.
1844, Rovato. (Dall’archivio Parrocchiale
di Rovato in Franciacorta). “16 aprile 1844 innanzi
a me Francesco Tonsi, Piardi Giambattista nato in Pezzaze
il 2 maggio 1811 domiciliato in Rovato, cattolico celibe,
maggiore, possidente veterinario, figlio di Giambattista e
Domenica Bregoli di Pezzaze possidenti sposa Quistini Afra
nata in parrocchia il 27 dicembre 1816 possidente figlia di
Giovanni e Angelica Bona di Rovato possidenti; (...).”.
(Per la famiglia QUISTINI, vedi qui, più avanti).
1845, Rovato. 15 febbraio 1845 nasce Giovanni
Battista Piardi, figlio del veterinario, patriota e di Afra
Quistini.
1848. Giovanni Battista Piardi (1811) prende
parte ai Moti rivoluzionari del 1848.
- 1848. febbraio: Luigi Filippo è costretto ad abdicare
ed in Francia è proclamata la Repubblica.
- marzo: insurrezioni a Berlino, Venezia, Vienna, Praga e
in Ungheria. E’ l’anno delle rivoluzioni liberali
in Europa.
- 18 – 23 marzo: Milano. Si tengono le cinque giornate
di battaglia contro l’invasore. Dopo le cinque giornate
di Milano Brescia aderisce al governo provvisorio della Lombardia.
La sconfitta di Custoza e il ritiro dei piemontesi, comandati
dal Re Carlo Alberto, verso Milano, il successivo ripiegamento
verso il confine e la stipula dell’armistizio Salasco,
pone fine alla prima fase della I Guerra d’Indipendenza.
(**)
- 17 aprile: Val Trompia. Volontari valtrumplini unitamente
ai valsabbini si spingono fino ad Arco di Trento ma l’opposizione
austriaca li fa indietreggiare. (Atlante Valtrumplino –
Opera Citata)
- 29 maggio: Curtatone e Montanara. In questa nota battaglia
del Risorgimento italiano, svoltasi nei pressi di Mantova,
ha il battesimo del fuco “il battaglione degli studenti”,
così chiamato perché formato da ragazzi che
infervoriti dalla lotta contro gli austriaci abbandonano il
corso degli studi arruolandosi. Tra di loro vi sono molti
bresciani delle Valli Trompia e Sabbia, anche Perticoli come
Bortolo Ghidinelli da Avenone studente di Teologia. La resistenza
di questi ragazzi permette a Carlo Alberto di riorganizzare
le forze e di sconfiggere il nemico austriaco comandato da
Radetzky.
1849. Brescia. Giovanni Battista Piardi
(1811), patriota condannato a morte, graziato, e poi condannato
al ‘carcere duro’ dello Spielberg in Moravia nei
primi anni Trenta, scontata la dura pena nella fortezza moravica
(poi Brno in Cecoslovacchia, indi Repubblica Ceca), è
uno degli artefici delle X Giornate di Brescia. (**)
1849, 23 marzo – 1° aprile: Brescia. Si svolgono
in città le battaglie poi definite ‘X Giornate
di Brescia’. (**)
Dopo aver vissuto mesi di libertà dal 23 marzo al 15
agosto 1848, i patrioti bresciani non tralasciarono di sperare
di liberarsi dal dominio austriaco, creando un comitato d’insurrezione
bresciana, presieduto dal dottor Bortolo Gualla che mantenne
continui contatti con il nobile Luigi Cazzago, emigrato in
Piemonte. Di esso fecero parte l’ingegner Felice Laffranchi,
il canonico Pietro Emilio Tiboni, Don Beretta, Giacinto Passerini,
ecc.
Agivano in contatto con il Comitato Tito Speri, Lucio Fiorentini,
Cattaneo, Giustacchini, Anelli ecc. Accanto ad esso sorse
un altro comitato d’ispirazione repubblicano che faceva
capo al dottor Carlo Cassola e al professor Luigi Contratti.
Con continua propaganda e importando armi specie dalla Svizzera,
i due comitati prepararono la riscossa anti austriaca, che
andò maturando rapidamente specie con la denuncia dell’armistizio
dell’anno prima (1848), avvenuta il 12 marzo. (Enciclopedia
Bresciana. Bs).
Il Comitato di Pubblica Difesa dà inizio all’insurrezione,
il popolo riunito in Piazza Loggia di Brescia, risponde alle
esortazioni del comando austriaco a por fine all’insurrezione
stessa ed a liberare il Tenente Pomo, catturato dagli insorti,
inneggiando alla guerra. Il Comandante austriaco Leschke risponde
ordinando il bombardamento della città dal castello.
I primi giorni dell’insurrezione trascorsero in una
calma piena di tensione. I bresciani cercano di contrastare
l’armata austriaca pensando anche alla possibile vittoria
piemontese mentre gli austriaci sono in attesa di rinforzo
dalle vicine piazzeforti di Mantova e di Verona. I rinforzi
al nemico giungono il 26 marzo. La colonna imperiale viene
però attaccata e bloccata a S. Eufemia dagli insorti
bresciani, al comando del giovane Tito Speri, e da una banda
di ottocento uomini al comando di Don Pietro Boifava, agguerrito
curato di Serle, amico personale di Don Antonio Piardi (1801)
da Pezzaze e di Giovanni Battista Piardi (1811).
Dalla Val Trompia scendono in città per dar man forte
agli insorti delle X Giornate centinaia di uomini armati.
1 Aprile 1849. Termina l’insurrezione di Brescia con
la resa della città agli austriaci, sovrastanti dal
Castello sul colle Cidneo.
Aprile 1849: Pezzaze in Val Trompia. Don Pietro Boifava, già
prete a Serle di Brescia, comandante militare degli Ottocento
in quel di S. Eufemia (alle porte est di Brescia) in fuga
poichè braccato dalla polizia austriaca, viene nascosto
in casa del primo deputato del comune Angelo Maffina. Il figlio
di Angelo, Giovan Battista, poi sacerdote, assiste, all’età
di sette anni, a questa temporanea custodia del patriota delle
Dieci Giornate.
E’ Don Antonio Piardi (Pezzaze, 1801) che procura il
nascondiglio, in casa di Maffina, al comandante Don Pietro
Boifava. (**)
1856. La famiglia del patriota G. B. Piardi.
Dal Registro Stato d’anime della Parrocchia di Rovato
(Brescia), anno 1856:
“Contrada Cà Visnardo al numero 523.
Piardi Battista figlio di Giovanni e Domenica nato a Pezzaze
di anni 44
Afra Quistini figlia di Giovanni e Angelica nata a Rovato
di anni 38
Giovanni Piardi figlio di Battista e Afra nato a Brescia il
15 feb.1845 di anni 11”.
(Da Arch. Parr. Rovato, per g. c. di Osvaldo Benedetti –
Darfo, ottobre 1999).
[Domenica, madre del patriota Giovanni Battista Piardi (1811),
è figlia di Francesco Bregoli fu Antonio. (Da Doc.
Orig. di acquisizione del podere detto Bricù in Cimmo
– 1807. Archivio pr. Angelo “Secondo” Viotti
in Pezzaze)].
1860 – 1866. 1860. La Campagna di Liberazione
delle due Sicilie – 1866. Garibaldi nel Bresciano ed
in Lombardia, nonchè nel Trentino. I Piardi
di Gussago (Brescia) si sviluppano quivi a partire da Andrea
(Pezzaze, 1799), figlio di Andrea (Pezzaze, 1765) del ceppo
originario dei Catanì da Pezzaze, che prendendo in
sposa Elisa Ogna gli dà, oltre a Teodora e Marianna,
sei figli maschi: Cesare (1844), Giacinto, Achille, Ernesto
e Giovanni, oltre ad Enrico (1853). I primi cinque sono garibaldini
al seguito dell’eroe dei due mondi nelle battaglie per
le guerre d’indipendenza, infatti, i cinque scappano
dal collegio ove si trovano a seguire il normale corso di
studi per unirsi all’esercito del generale Garibaldi,
addirittura nella spedizione dei Mille ed a battagliare lungo
le vallate bresciane e trentine. E’ accertata la presenza
dei Piardi a Montesuello e Bezzecca nonché a Vezza
d’Oglio. Lungo le Valli bresciane nel corso delle battaglie
garibaldine, quali quella di Montesuello, combatte tenacemente
Giovan Maria Piardi (1845), figlio postumo di Giovanni Maria
morto in Saiano (Franciacorta) l’anno 1844 e di Catterina
Dusi da Ono nelle Pertiche di Valle Sabbia. Giovan Maria Piardi
riceve un encomio solenne da parte dell’Eroe dei due
mondi. Nel dicembre 1860 Cesare Piardi (Pezzaze 1844), figlio
di Andrea (Pezzaze, 1799) dei Cattani (Catanì, in vernacolo
valtrumplino) andati a Gussago, è già di ritorno
dalla Campagna di Sicilia “Spedizione dei Mille”,
quando ha appena compiuto 16 anni; ne è fede il Foglio
di Congedo rilasciatogli in data 15 Dicembre 1860, datato
al porto di Genova, a firma del generale G. Medici e del Maggiore
Michele Scarpa.
1866, Rovato (Brescia). 13 Luglio. Muore il patriota
risorgimentale Giovan Battista Piardi.
Anche dopo la morte riesce a scuotere le anime e
le coscienze allorquando gli sono negati i funerali, religiosi
nel luglio del 1866, suscitando vivaci polemiche e in occasione
di quelli civili quando si riunì in Rovato un'immensa
moltitudine di persone. ROVATO: “Decede alle ore sei
mattutine di oggi 13 luglio 1866 in contrada Fieno marcata
n. 501 di questo comune all’età di anni 54 per
S. (…). Nato a Pezzaze”. Dai registri comunali
si evince che la denuncia di decesso “avanti il segretario
dello stato civile, Galli Bortolo, è sporta da Cobelli
Giovanni di Bortolo, di 28 anni, possidente e da Machina Carlo
fu Francesco di anni 59, custode”.
QUISTINI: cognome di Afra,
sposa di Giovanni Battista Piardi. Patriota risorgimentale,
nato a Pezzaze nel 1811 e morto a Rovato nel 1866. I Quistini
conservano ancora la bella quanto monumentale cappella di
famiglia al cimitero di Villa nel comune di Villa Carcina
in Val Trompia (Brescia).
QUISTINI: in un primo tempo Paolo Guerrini (insigne storico
bresciano vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento) fece
derivare la famiglia da Rovato da dove si sarebbe trasferita
verso la metà del ‘600 a Gardone Val Trompia
e poi al seguito di Don Giuseppe Aquisti, curato di Gardone,
a Cogozzo, essendo il 16 luglio 1680 costui nominato Parroco
di Villa.
Dapprima avrebbero avuto nome Aquisti, poi il cognome, prolungato
nel diminutivo Aquistini, perdendo la A iniziale divenne l’attuale
Quisti – Quistini.
Più tardi il Guerrini ripiegò sull’origine
da un Aquistino o Agostino che egli fece discendere da un
primitivo ceppo unico con i Carlenzoni dalla frazione di Lavino,
Navono, da dove si trasferirono poi a Villa di Cogozzo.
Nel 1619 un Giovanni Quistini, Console di Ono Degno, è
fra i più attivi nel promuovere la costruzione della
chiesa di Navono, già agibile nel 1623. Al completamento
della chiesa vennero incontro con lasciti Lucia quondam Pietro
Quistini, Maria quondam Paolo Quistini nel 1631 e Pasino Quistini
nel 1633. Nel ‘700 una famiglia Quistini conserva per
la chiesa un ricco paramento dell’epoca che si dice
offerto dal Doge Veneziano alla stessa, cresciuta in ricchezza
con i commerci in oriente. [Anche la famiglia Piardi di Bergamo
è al servizio della Serenissima Repubblica di Venezia
nel XVII e XVIII secolo dalla quale otterrà notevoli
riconoscimenti. (Vedi alla voce Orazio Piardi, Venanzio Piardi,
ed alle voci Verona, Pigozzo, nonché a quelle di Conte
e Conte Palatino, in I PIARDI vol. 1 -1998 e vol. 2 - 2000)].
Sulla fine del ‘600 si segnalano a Navono tre pittori:
Bernardo, Giovanni Maria e Luca Quistini.
Un don Pietro Quistini originario di Gorno (Bg) fu parroco
di Ono San Pietro (1794 – 1804) e vi iniziò la
fabbrica della nuova chiesa.
All’inizio dell’800 Francesco, Giuseppe e Giambattista
Quistini di Cogozzo acquistarono dai Pezzoli di Bergamo il
palazzo o castello di Rovato già dei Porcellaga, poi
dei Roncalli. A Rovato i Quistini assunsero cariche a livello
locale.
Bernardo Quistini (1783 – 1862), figlio di Giuseppe
e di Catterina Fenni, fu il primo sindaco del comune di Villa
Cogozzo dopo l’unità d’Italia.
Come documenta Francesco Bevilacqua, dal matrimonio di Bernardo
con Maria Teresa Cantoni (1798 – 1877) di Carcina, nascono:
Serafina (1837 – 1926), che coniugatasi con Giovan Battista
Balzerini (1827 – 1879) di Cailina, fervente patriota
e sindaco di Villa Cogozzo per tre legislature, ebbe una figlia,
Paolina, sposa all’avvocato Ettore Quadrio, e due maschi,
Giuseppe e Giovanni.
Verso la fine dell’800 la famiglia QUISTINI acquistò
sempre maggior rilievo. (...). (Enc. Bs. – Enciclopedia
Bresciana A. Fappani – Ed. La Voce del Popolo)
BERCHET Giovanni, ...con
riferimento alla sua opera letteraria “I
PROFUGHI di PARGA”, poema trovato nella camera dello
studente G.B. Piardi, presso il collegio universitario di
Milano .
Parga è un centro della Grecia con circa 2000 abitanti,
situato nel nomós di Préveza, 45 km a Nord -
Ovest del capoluogo. Si affaccia sul Mar Ionio.
Giovanni Berchet nel poemetto “I profughi di Parga”
rievoca con forte commozione la vicenda dei cittadini di Parga
che furono costretti ad abbandonare la propria terra dopo
che gli inglesi, nel 1819, l’avevano ceduta ai Turchi.
Giovanni Berchet, Milano 1783 - Torino 1851.
Romantico fervente raggiunse i più intensi risultati
espressivi non tanto nei poemetti politici, come nella ‘Lettera
semiseria di Grisotomo al suo figliuolo’ del 1816, sino
ai ‘Profughi di Parga’ del 1821, quanto nelle
‘Romanze’ del 1822-24, in cui la realtà
politica dell’Italia e del suo imminente riscatto è
trasfigurata in un aggraziato medioevo; e nelle ‘Vecchie
romanze spagnuole’ del 1837 che, più che traduzioni,
si presentano come deliziosi rifacimenti del ‘Romancero’,
in cui la Spagna del ‘Cid’ o la Francia della
‘Chanson de Roland’ diventano specchio e metafora,
in cadenza di singolare finezza, della nostra tormentata e
disunita penisola. Dopo aver partecipato alla fondazione del
‘Conciliatore’ è coinvolto nei moti del
1821, in seguito ai quali ripara in Inghilterra, poi in Francia,
in Germania, in Belgio. Torna in Italia e si stabilisce a
Torino, salvo una breve parentesi durante il biennio rivoluzionario,
quando torna a Milano, dove ricopre importanti incarichi.
Eletto per due volte deputato nel parlamento subalpino si
schiera su posizioni assai moderate. Le sue liriche più
significative sono quelle composte nel periodo dell’esilio,
in particolare tra il 1820 e il 1831. Il poema ‘I profughi
di Parga’, pubblicato a Parigi nel 1823, si ispira a
un episodio che aveva destato grande impressione in Europa.
Il poeta immagina che uno degli esuli di Parga, ceduta dagli
inglesi ai Turchi, guardando da Corfù la costa dell’Epiro
sia preso da sconforto e tenti di uccidersi, e che, salvato
da un inglese, ne respinga l’aiuto. Nella seconda parte
del poema la moglie del profugo racconta la tragedia del suo
popolo, nella terza il naufrago, riacquistata conoscenza,
inveisce contro l’odiato salvatore. (...). (Tratto da
http://www.romanticismoinglese.it)
La storia dell'abbandono di Parga da parte dei suoi abitanti
è raccontata nel poemetto intitolato “I
PROFUGHI di PARGA” di Giovanni Berchet e raffigurata
nell'omonima opera pittorica di Francesco Hayez.
Essendo stata influenzata a lungo dalle civiltà e dalle
culture occidentali ed avendo vissuto per molti anni come
confine naturale tra est ed ovest Parga ha conservato segni
delle diverse civiltà che le hanno donato un fascino
unico.
Francesco Hayez - I profughi di Parga, 1831 (Italia - Brescia,
Pinacoteca Tosio Martinengo)
Altre, maggiori, notizie sulla vita ed il processo
politico subito, nel corso di due lunghi anni, dal patriota
Giovan Battista Piardi e sulla sua condanna sono rinvenibili
nel 4° volume cartaceo “I PIARDI” (2011 prev.)
edito in occasione del 150° dell’Unità d’Italia
e 200° della nascita del nostro patriota G.B. Piardi (1811-1866).
(A cura di Achille Giovanni Piardi, per le pagine web
del portale “I PIARDI”. Giugno 2010)
(**). Riferimenti e rinvii ai contenuti delle pagine di www.piardi.org
:
Per le “Cinque Giornate di Milano” http://www.piardi.org/persone/p25.htm
Per le “Dieci Giornate di Brescia” http://www.piardi.org/persone/p25.htm
Per il Comandante Don Boifava http://www.piardi.org/persone/p28.htm
Per Don Antonio Piardi, amico di Don Boifava http://www.piardi.org/persone/p16a.htm
Gli amici, patrioti risorgimentali,
di Giovanni Battista Piardi
Cesare Cantù, dimorando in Rovato,
sulle pendici del Monte Orfano, diventa amico di Carlo Cocchetti,
Gabriele Rosa, Ettore Spalenza, ...Urgnani e di Giovanni Battista
Piardi. Saranno proprio Spalenza ed Urgnani, patrioti risorgimentali,
a tenere l' orazione funebre sulla bara del patriota risorgimentale
Piardi, l’anno 1866 in Rovato.
Cesare Cantù nacque
a Brivio il 5 dicembre del 1804 e compì gli studi a
Milano, presso il Collegio barnabita di S. Alessandro. A soli
17 anni, nel 1821, ottenne il posto di supplente di grammatica
a Sondrio, dove resterà fino al 1827. Dal 27 al 32
fu a Como e successivamente a Milano dove insegnò al
collegio S. Alessandro. Nel ‘32 pubblicò il suo
primo volume Sulla storia lombarda del secolo XVII. Ragionamenti
per servire di commento ai Promessi Sposi (Milano, 1832).
Nel 1833 per aver manifestato liberamente le sue idee venne
accusato di far parte della Giovane Italia e arrestato; infatti
dal 15 novembre del 1833 all’ 11 ottobre del 1834 fu
recluso per aver aderito, anche se cautamente, a un concreto
programma di riforme politiche, economiche e sociali. Le accuse
si rivelarono poi inconsistenti, dato che Cantù fu
sempre un deciso oppositore di questa corrente politica; nonostante
ciò la vicenda gli precluse per sempre la via dell’insegnamento.
Il governo austriaco gli concesse una pensione ma decretò:
“che giammai possa essere reimpiegato in qualsiasi posto
di pubblica istruzione”. A seguito di questa situazione
la sua attività seguì diversi filoni; inizialmente
collaborò con le più importanti riviste milanesi,
tra queste il Ricoglitore italiano e straniero che si occupava
prevalentemente di materie storiche e letterarie. In seguito,
tra il 1836 e il 1837, pubblicò quattro volumetti dedicati
ai fanciulli. La fama arrivò con un romanzo storico,
Margherita Pusterla, scritto tra il 1835 e il 1836, durante
il periodo di detenzione, ma pubblicato a Milano solo nel
1838, a causa della censura. Ma l’opera che gli permise
di lasciarsi alle spalle i problemi economici fu la Storia
Universale, pubblicata a Torino tra il 1838 e il 1846. Si
tratta di una pubblicazione monumentale, composta da 35 volumi.
Con l’unità d’Italia iniziò la sua
vita politica: venne eletto deputato e rappresentò
in Parlamento l’opposizione clericale e conservatrice
al nuovo Stato. In questi anni continuò la sua produzione
letteraria; è del 1865-66 gli Eretici d’Italia,
opera in tre volumi nella quale rivendicò la funzione
positiva della Chiesa nella storia italiana. Nell’
aprile del 1873 viene nominato direttore dell’ Archivio
di Stato di Milano e il ventennio della sua direzione fu tra
i più significativi della storia dell’istituto
milanese. Nello stesso periodo fu presidente della Società
Storica Lombarda che proprio nel 1873 iniziava a pubblicare
l’Archivio Storico Lombardo. Fu grazie l’autorità
di cui godeva nel mondo milanese del secolo Ottocento che
il Cantù, riuscì a far concentrare tutti gli
archivi milanesi nel prestigioso palazzo del Senato. Gli ultimi
anni della sua vita videro la pubblicazione di alcuni libretti
dedicati ai popolani cattolici, che costituirono un invito
a vivere secondo i moniti della religione: Buon senso e buongoverno
(Milano, 1870), Portafoglio d’un operaio (Milano, 1871),
Attenzione! Riflessi di un popolano (Milano, 1871). La sua
ultima opera si può forse considerare la sua eredità,
in Un ultimo romantico, ribadì infatti i principi che
avevano guidato tutta la sua attività letteraria, la
fede di un governo della Chiesa, in uno Stato in cui i piccoli
comuni si governano autonomamente.
Morì a Milano l’11 marzo 1895 e venne sepolto
a Brivio l’11 Novembre 1905. (Da http://www.cesarecantu.it/biografia.htm
)
Cesare Cantù. Fu storico e letterato, educatore
e sociologo, deputato al Parlamento, soprintendente allo Archivio
di Stato Lombardo, membro dell' Istituto di Francia, insignito
di 200 decorazioni, autore di numerose opere storiche e letterarie.
Fu anche consigliere comunale di Rovato e partecipò
attivamente alla vita del capoluogo della Franciacorta. Ma
già prima di prendere domicilio a Rovato, dall'età
dei 15 anni, trascorreva la stagione estivo-autunnale nella
casa sul Monte Orfano, che egli chiamò "Riposo".
(http://www.rovato.it/storici.htm.
Personaggi storici di Rovato)
Carlo Cocchetti. Fu medico,
scrittore, storico e insegnante. Carlo Cocchetti nasce a Rovato
nel 1817. Fin da giovane si dedica alle lettere e alla storia,
pubblicando nel 1842 il libro "Primo tributo alla patria:
studi storici e rimembranze" a cui farà seguito,
nel 1847, la tragedia il "Manfredi". Uomo profondamente
impegnato nella vita politica e acceso sostenitore dell'unità
nazionale, Cocchetti, nel 1850, viene nominato socio d'onore
dell'Ateneo di Brescia e nel 1857 "Socio dell' Imperiale
e Reale Ateneo di Firenze". Fin dal 1852 collabora con
la rivista "il Crepuscolo" e nel 58-59 è
fra i fondatori del settimanale "l'Alba" e del quotidiano
"La Sentinella bresciana", che lo portarono all'apice
della propria notorietà. E' anche autore di "Brescia
e la sua Provincia", comparsa nel 1858 nella "Grande
illustrazione del Lombardo-Veneto" curata dal suo amico
Cesare Cantù. Nel 1860 il Cocchetti viene nominato
direttore della Scuola Normale (l'attuale Istituto Magistrale
Veronica Gambara) , di cui viene ritenuto il fondatore, dedicandosi
da allora quasi esclusivamente a studi di indole educativa
o scolastica. Collaborò a parecchie riviste fra cui
"Letture di famiglia" e "Archivio Storico"
che gli valsero la nomina della Regia Deputazione di Storia
Patria per le Antiche Province e la Lombardia. Prese parte
alla polemica sollevata dal Manzoni sull'unità della
lingua, pubblicò un discorso sull'influenza educatrice
della donna e poesie politiche. Nel 1865 diviene presidente
dell'Istituto Filodrammatico. Inchiodato da anni su una poltrona
per una paralisi, Cocchetti muore a Brescia nel 1888 dopo
aver dato alle stampe circa una trentina di opere. (http://www.rovato.it/storici.htm.
Personaggi storici di Rovato)
Carlo Cocchetti, insegnante, considerato il fondatore dell'istituto
magistrale "Gambara" di Brescia, autore di "Brescia
e la sua Provincia", comparsa nel 1858 nella "Grande
illustrazione del Lombardo-Veneto" curata dal suo amico
Cesare Cantù.
Ettore Spalenza. Spalenza (Brescia 1831
- Rovato 1880), avvocato, residente a Rovato sull'attuale
via XXV Aprile, destinò per testamento tutti i suoi
beni a favore del locale ospedale, che ora porta il suo nome.
Gli eredi contestarono il lascito ma l'ente, assistito dall'avv.
Giuseppe Zanardelli, vinse la causa.
(http://www.rovato.it/storici.htm.
Personaggi storici di Rovato)
Nell’Ottocento il rovatese Ettore Spalenza costituì
la locale Congregazione di Carità erede universale
del suo notevole patrimonio in terreni.
Vincenzo Urgnani. “Dottor Fisico Vincenzo
Urgnani”, in questo modo è ricordato dall’Enciclopedia
Bresciana (A cura di Antonio Fappani. Sub voce PIARDI, volume
XIII).
Noto medico bresciano, con Ettore Spalenza tiene l’orazione
funebre sul feretro di Giov. B. Piardi, patriota del Risorgimento,
prima delle definitiva inumazione della salma nel cimitero
di Rovato il mese di luglio 1866.
Gabriele Rosa. (Iseo, 1812
- Iseo, 1897). Il patriota Giovanni Battista PIARDI di Pezzaze
(1811- Rovato, 1866), medico veterinario in condotta a ROVATO,
è amico di C. Cantù, C. Cocchetti, …Urgnani
e di E. Spalenza come lo fu dello storico, patriota, Gabriele
Rosa da Iseo. Il Rosa fu patriota insigne subendo, come il
Piardi, il regime del “Carcere duro” nell’austro-ungarica
fortezza-prigione dello Spielberg in Moravia (Brno); erano
gli anni trenta dell’Ottocento in cui l’Austria
colpiva duramente i moti, i movimenti risorgimentali italiani
e i loro assertori patrioti italiani.
(Da: Guglielmo Castagnetti. In “premessa” di “Valcamonica
e Lago d’Iseo nella storia - di G. Rosa”. Edizioni
S. Marco di Esine. 1978). Molte sono le cose che ci inducono
<< a parlare di Rosa come di un personaggio a torto
dimenticato: c’è la sua fede politica, la sua
testimonianza di vita che ci possono e debbono essere riproposti
soprattutto ai giovani. Fra le memorie scolastiche, al carcere
dello Spielberg siamo soliti associare i nomi di Silvio Pellico,
di Piero Maroncelli e Federico Confalonieri. Credo però
che pochi pongano accanto ad essi anche il nome di Gabriele
Rosa, che invece fu il più giovane detenuto italiano
allo Spielberg e vi rimase per tre lunghi anni di carcere
duro. E’ una delle tante ingiustizie di una storiografia
che ha preferito per tanto tempo ignorare o minimizzare la
componente democratica e mazziniana del Risorgimento, negando
così ai giovani testimonianze mirabilissime di umanità
e di passione civile e patriottica.
Catturato nel 1833 (quando Giov. Battista Piardi era già
stato arrestato e contro di lui già si costruivano
i capi d’accusa per il processo politico) con l’accusa
di essere un cospiratore affiliato alla “”Giovine
Italia””, dopo una detenzione in Italia di un
anno e mezzo, viene inviato allo Spielberg dove rimarrà
detenuto dal 1835 al 1838. Vi entrò a 23 anni e ne
uscì a 26, provato, ma non certamente vinto nel suo
spirito battagliero e nella sua fede patriottica. La sua vita
allo Spielberg fu analoga a quella che Silvio Pellico descrisse
nelle “”Mie Prigioni”” gli stessi
soprusi, la stessa insopportabile atmosfera, la stessa cessazione
di ogni diritto, compreso quello di leggere libri (gli furono
permessi solo quelli di carattere scientifico e Rosa ne approfittò
per imparare greco, tedesco e francese, mentre gli fu proibita
la lettura della Divina Commedia).
Proprio parlando di questa sua esperienza del carcere e confrontandola
con quella analoga del Pellico, Rosa rivela appieno il suo
temperamento tenace e battagliero e il suo acume psicologico.
Con questo giudizio: <Come I Promessi Sposi, le Mie Prigioni
è il libro della rassegnazione: commosse i cuori sensibili
di una grande moltitudine in tutta Europa, ma non suscitò
un cospiratore, un martire per la libertà nazionale>
e: <Pellico, ch’io vidi dopo con sottile filo di
vita fisica, nulla sperava di prossimo per questa Patria,
ma si occupava di più di quella celeste>. (Autobiografia
di G. Rosa).
Al contrario del Pellico invece G. Rosa non disarma, continua
nel suo impegno, si dedica con passione agli studi storici
e politici <per tenermi> scrive, <sempre parato a
qualche nuovo appello della Patria>. (Autobiografia di
G. Rosa).
Tornato in patri inizia anche la carriera letteraria sulle
colonne del “Politecnico” di Carlo Cattaneo, dove
esordisce con uno studio sulle miniere ferrose della Lombardia.
Il 1° marzo 1848 viene sorpreso a Torino (ove si trovava
visto che era appena scappato da Iseo il 15 febbraio dopo
aver organizzato una manifestazione antiaustriaca) dalla notizia
dell’insurrezione di Milano; corre in aiuto degli insorti
ed entra combattendo nella città durante la terza giornata
alla testa di una squadra di insorti.
Quando seppe della rotta dell’esercito piemontese a
Sommacampagna, accorse a Brescia, dove fu nominato Segretario
del Comitato di difesa, ma la capitolazione di Milano tolse
ogni speranza e Rosa fu costretto a tornare in Patria (la
sua Iseo) e riprendere ad operare per l’avvenire.
Nuovamente arrestato per i suoi legami con i cospiratori Bergamaschi,
rimase poi ad Iseo sotto stretta vigilanza speciale, per il
decennio dal 1849 al 1859. Finalmente dopo il 1859 divenne
membro della Giunta provvisoria bergamasca e fondò
la prima cattedra ambulante di agricoltura. Nominato Provveditore
agli studi, dopo la proclamazione del Regno d’Italia
dal Ministro Mamiani, a seguito della repressione governativa
dei fatti di Sarnico e d’Aspromonte, non volle accettare
di essere al contempo funzionario e oppositore di uno Stato
di cui avversava fortemente la natura e le tendenze politiche.
Tornato nel 1866, nuovamente, ad Iseo, si dedicò alla
vita politica, coltivò con passione i suoi studi sia
di carattere generale che soprattutto di storia locale, del
costume, delle tradizioni, della sua terra; (…). (…)
>>. [Guglielmo Castagnetti. In “Premessa”
di “Valcamonica e Lago d’Iseo nella storia - di
G. Rosa”. Edizioni S. Marco di Esine. 1978]
Questi sono gli amici del patriota Piardi
G. Battista, ma quanti altri ancora potremmo annoverare tali
se i suoi negati funerali religiosi suscitarono quasi un’insurrezione
di popolo a Rovato, in quel lontano e caldo mese di luglio
1866: 145 anni fa!
Proprio in quest’anno 2011 celebrandosi in Italia e
tra gli italiani all’estero il 150° dell’Unità
d’Italia; ricordando, noi Piardi, il 200° della
nascita del nostro Giov. Battista avvenuta in Pezzaze di Val
Trompia l’anno 1811, come oggi 2 Maggio. Giovanni Battista:
Patriota, precursore del Risorgimento già nei primissimi
anni Trenta dell’Ottocento, incarcerato per molti mesi
in Milano solo ventenne quale studente di veterinaria, condannato
a morte dal tribunale politico speciale austriaco, graziato
in occasione dela salita al trono del nuovo imperatore d’Austria
ma condannato al carcere duro nella fortezza dello Spielberg
in Moravia; ancora patriota attivo dell’insurrezione
bresciana del 1849, passata alla storia come “Le X Giornate
di Brescia”. Attivo medico veterinario in quella Rovato
di Franciacorta che lo vide morire a soli 55 anni, in un’Italia
non ancora del tutto compiuta.
(A cura di Achille Giovanni Piardi, oggi 2 Maggio 2011 -
200° della nascita di Giov. Battista PIARDI)
Vedi anche “Franciacorta” – Rovato in http://www.piardi.org/luoghi/franciacorta.htm
Il Logo ufficiale. Tre bandiere
tricolore che sventolano a rappresentare i tre giubilei del
1911, 1961, 2011, in un collegamento ideale tra le generazioni:
è il logo del 150º Anniversario dell'Unità
d'Italia che si celebrerà nel 2011. Il logo è
pensato per essere una immagine-segnale che ricordi il coraggio,
il sogno, la gioia profondamente umana che accompagnò
i fatti che portarono all'Unità d'Italia: per tirarli
fuori dai libri di Storia e trasformarli in emozione ancora
attuale. Un logo allegro, positivo, vivo. Scendendo dai motivi
ideali più nel dettaglio grafico, "la forma della
bandiera è il risultato di uno studio che integra le
suggestioni di festa, di vele gonfie e di volo d'uccello.
Con la reiterazione della forma, si accentua il senso di coralità".
Quanto al percorso di creazione del logo, "si parte dall'indagine
sui simboli sedimentati, primo fra tutti: il tricolore, declinato
in una composizione piena di energia, che evoca lo sventolare
di bandiere in festa". Inoltre, "il logo si presta
ad essere facilmente adottato all'interno dei tanti progetti
che si svolgeranno nel Paese, senza invadere la specificità
di ogni manifestazione".
http://www.quirinale.it/
Spalenza Ettore (Bs,1831-Rovato,1880)
Spalenza Ettore (Brescia,
1831 - Rovato, 30 dicembre 1880).
(Ancora su il) Patriota amico di Giovanni
Battista Piardi.
Visse a Rovato presso lo zio Alfonso Spalenza.
Avvocato, esercitò la professione senza assiduità, consentendoglielo
l'agiatezza di mezzi, difendendo per lo più gratuitamente
i poveri. Abitò a Rovato (nell'attuale via XXV Aprile)
in una casa dotata di cappella gentilizia. Ereditò
quasi tutta la proprietà dello zio Alfonso e quella
dei genitori, perchè figlio unico; con proprio testamento
dell'anno 1880 lasciò all'Ospedale di Rovato tutti
suoi beni nominando esecutore testamentario Paolo Caretti.
L'eredità venne contestata dai parenti ed assicurata
all'Istituto (suddetto) dall'Avvocato Giuseppe Zanardelli.
Al benefattore, cui venne intitolato l'Ospedale di Rovato,
venne eretto nel 1893, nell'atrio dell'ospedale, un monumento
(foto) opera del rovatese Francesco Pezzoli. A Rovato
gli è stata dedicata anche una via centrale del paese
franciacortino. Patriota risorgimentale, per questo, nel 1866,
fu presente ai funerali dell'amico patriota Giovanni
Battista Piardi da Pezzaze, morto e funerato a Rovato. Sul
feretro del Piardi tiene - con il comune amico Vincenzo Urgnani,
medico e patriota - l'orazione funebre. (A cura
di Achille G. Piardi, 30 dicembre 2014)
(La foto e parte del testo sono tratti
da Enciclopedia Bresciana di Antonio Fappani, volume
XVIII - Voce SPALENZA - sub Voce Spalenza Ettore. Edito nel
mese di dicembre dell'anno 2002 da La Voce del Popolo S.r.l.
- Brescia. Stampato da FDA Eurostampa S.r.l. in Borgosatollo
- BS)
Giovanni Battista Piardi - Pezzaze 1812 - Rovato
1866.
Il patriota di Pezzaze rinchiuso dagli austriaci
allo Spielberg (vedi) in Moravia (vedi) - Impero austriaco
degli Asburgo, durante i moti risorgimentali italiani, studente
in medicina veterinaria a Milano e poi veterinario con condotta
a Rovato. Studente di veterinaria a Milano nello stabilimento
di San Francesco, allogato assieme ad un compagno, Antonio
Donesane, in una camera di affitto in corsia dei Servi, aderiva
nel 1833 alla "Giovine Italia" di Mazzini, ed ospitava giovani
studenti ed anche un militare, il cadetto Gaetano Rolla di
Vailate. Trovato questi in possesso di una poesia ritenuta
sovversiva dal titolo "Profughi di Parga" scritta dal Berchet
nel 1822. Attraverso lui la polizia risaliva al Piardi che
nell'agosto del 1833 veniva arrestato. Dopo di lui altri nove
suoi compagni seguirono la sua sorte.
Il Piardi e un certo Brescianini, con lui arrestato furono
sottoposti a giudizio, confessarono ma il Piardi, secondo
le vedute del Giudice, incompletamente. Ritenuto colpevole
del reato di alto tradimento, il Piardi, il 29 settembre 1835,
dopo un giudizio durato circa due anni, venne condannato a
morte con altri diciannove tra i quali due bresciani: Gabriele
Rosa e Giacomo Poli.
Mentre ad un altro bresciano, Gaetano Bargnani, vennero inflitti
venti anni di carcere di secondo grado. Ma avendo l'Imperatore
Ferdinando I d'Austria, salendo al trono, ordinato con rescritto
del 4 marzo 1835 il condono della pena capitale, il Piardi
poté cavarsela con un anno di carcere che scontò però nella
fortezza dello Spielberg (vedi). Il Piardi prese poi parte
ai moti rivoluzionari del 1848 e alle X Giornate del 1849.
Fu poi veterinario a Rovato. (Enc. BS). Quando assume la condotta
i veterinari di tutta la provincia di Brescia sono solamente
ventuno, così almeno si legge in una nota storica del XIX
secolo in cui, appunto, si dice che i veterinari sono 21 alla
data del 1834.
Anche dopo la morte riuscì a scuotere le anime e le coscienze
allorquando gli furono negati i funerali religiosi nel luglio
del 1866 suscitando vivaci polemiche e in occasione di quelli
civili quando si riunì in Rovato un'immensa moltitudine di
persone. Di Giovanni Battista vogliamo annotare alcuni dati
specifici. Figlio di Giovanni Battista, sposa Afra Quistini
che probabilmente non gli dà discendenza. "Decede alle ore
sei mattutine di oggi 13 luglio 1866 in contrada Fieno marcata
n. 501 di questo comune all'età di anni 54 per S. (…). Nato
a Pezzaze". Dai registri comunali si evince che la denuncia
di decesso "avanti il segretario dello stato civile Galli
Bortolo è sporta da Cobelli Giovanni di Bortolo, di 28 anni,
possidente e da Machina Carlo fu Francesco di anni 59, custode".
Secondo la testimonianza scritta del 28 marzo 1997 da parte
di Teodoro Piardi (1905) dei Cansonète, Giovanni Battista,
dottore veterinario, è cugino di suo nonno G. Battista o Battista
del 1824 al quale, in occasione del trasferimento a Rovato
per assumere la condotta veterinaria, vende tutti i beni e
la parte di casa di cui è proprietario a Pezzaze. Di uno studio
storico, pubblicato su di un quotidiano del 1933, a firma
di Luigi Re, proponiamo alcune parti salienti sulla vita e
le motivazioni dell'arresto e della condanna di Giovanni Battista
Piardi ... In quella specie di Sancta Santorum che è l'Archivio
di Stato di Milano (…) facendo alcune ricerche tra gli Atti
Segreti della Presidenza del Governo di Lombardia (Cart. CLXXVIII),
mi è capitato di incontrarmi in nomi ed in fatti del periodo
del risorgimento pressochè sconosciuti che interessano la
nostra città (Brescia) e provincia, dove lo spirito di indipendenza
era fortemente sentito. Da quei poderosi e ponderosi fascicoli,
sono quasi tre centinaia, che accolgono il frutto delle frequenti
perquisizioni, lettere intercettate, relazioni di spie, rapporti
della polizia, ecc.; da quelle carte (…) ho visto balzar fuori
figure lasciate nell'oblio e che è bene far rivivere al nostro
ricordo, additare alla nostra ammirazione e alla nostra meditazione.
Ci siamo proposti di rievocare tali figure sulla scorta dei
documenti inediti (…) pur senza seguire un ordine cronologico,
sicuri di far cosa gradita ai bresciani e di portare un modesto
contributo alla storia del risorgimento di cui Brescia tra
poco avrà l'onore di accogliere a congresso gli studiosi (…).
1833. Giusto cento anni fa, Giuseppe Mazzini aveva fondato
da poco la Giovane Italia e ad essa cercava proseliti. Primi
ad infiammarsi al programma dell'Apostolo sono i giovani e,
primi tra i giovani, dovevano essere gli studenti. L'Austria
ha sentore di congiure. La Presidenza del Governo abbassa
ordini perché si vigili, si colpisca, si riferisca.
La polizia si mette in subbuglio (…). Da Pezzaze era stato
mandato a studiar veterinaria a Milano il giovane Giovanni
Piardi. Egli abita in una camera affittata in comune col compagno
di studi Antonio Donesana, nella corsia dei Servi, ora corso
Vittorio Emanuele, vicino al Caffè Nuovo. Dove sono giovani
ivi affluiscono giovani e, tra studenti, è facile la colleganza.
La camera del Piardi diventa un convegno di studenti di Milano
e della Università di Pavia. Nelle loro riunioni essi parlano
di scuola e di studi, ma, (come non poteva essere?), anche
dell'Italia. La nuova associazione mazziniana li attrae e
ad essa si iscrivono. Essere scoperti vuol dire la forca o
lo Spielberg. A Genova, a Nizza, ad Alessandria, a Chambery,
erano state pronunciate in quei giorni numerose sentenze di
morte dai Consigli di Guerra specialmente contro i militari
affiliati alla Giovane Italia, ma ciò non preoccupava i giovani
che frequentano la camera del Piardi. Tra essi vi è anche
il cadetto Gaetano Rolla, di Vailate, della divisione granatieri
dell'Imperial Regio Reggimento Geppert. Il cadetto un giorno
si fa trovare in possesso di una poesia sovversiva. Si trattava
dei "Profughi di Parga" del Berchet e, poiché lo si ritiene
detentore anche di altri scritti che si riferiscono alla Giovane
Italia, viene arrestato. Interrogato dai suoi superiori, il
Rolla confessa di aver avuto i versi da uno studente, certo
Primardio di Brescia. Informata la polizia, già in grand'affare
per rintracciare e spezzare le file della Associazione sovversiva,
così era ritenuta, iniziano le ricerche ma, poco dopo, viene
riferito al Governo che non risulta esservi uno studente dal
cognome indicato dal cadetto. (…). La Polizia approfondisce
le sue indagini e scopre che trattasi di certo Piardi Gian
Battista, studente di veterinaria nello stabilimento di San
Francesco. La direzione generale di polizia ordina subito
una perquisizione nella camera del Piardi (…). In data 20
agosto 1833 il Torresani, direttore generale della polizia,
ne informa la Presidenza del Governo con un rapporto nel quale
è detto: "Ho ordinato che indilatamente fosse con tutto il
rigore perquisita la sua abitazione e si procedesse a tutte
quelle altre operazioni che le risultanze di tale atto avessero
rese necessarie. Questo Imperial Regio Commissario Superiore
De Bolza, a cui ne affidai l'incarico, sorprese nella propria
abitazione il Piardi e trovò a lui associati li suoi colleghi
Cesare Donesani e Carlo Castiglioni i quali, non militando
ancora contro di loro speciali sospetti, furono licenziati.
Eseguita l'ordinata perquisizione si prese in sequestro un
manoscritto estremamente osceno (la polizia dava a tale aggettivo
significato politico) a cui si vedono firmati vari individui,
e, scoperto il camino della camera, si raccolsero sulle ceneri
bagnate gli avanzi di carte bruciate e dalle poche parole
che vi si poterono leggere, si sono trovati cenni della Giovane
Italia. Ritenuta l'incolpazione diretta portata dal Rolla
contro il Piardi che può formare soggetto di penale perturbamento
pel titolo di perturbazione dell'intera tranquillità dello
Stato e visto le risultanze dell'atto perquisitivo, il Piardi
stesso si ritenne in istato di provvisoria custodia. Assoggettato
senza ritardo a sommario costituto confessò la piena conoscenza
del cadetto Rolla; ammise che nella sua camera avveniva periodicamente
l'unione di vari studenti di veterinaria alle quali intervenivano
pure vari studenti dell'Imperial Regia Università di Pavia;
ammise che questa unione moveva anche dal principio di divertimento
quantunque vi si facesse anche la ripetizione del corso di
veterinaria. Disse che il Rolla vi interveniva esso pure varie
volte. Valendosi poi dell'opuscolo I Profughi di Parga stato
perquisito al Rolla, comunicato dal signor auditore della
guarnigione, fu interrogato il Piardi in base alle cose deposte
dal Rolla medesimo, ma ha voluto ostinatamente negare di aver
dato alcun libro od altra carta antipolitica da leggere al
Rolla. Non ha potuto però a meno di riconoscere il suddetto
opuscolo mostratogli come esistente un tempo nella camera
sua dove lo lesse. Ha poi voluto inopportunamente ed inconcludentemente
aggiungere che non sa di chi sia detto libro (…). Tutto fu
vano per indurre il Piardi a più importanti deposizioni. Importava
quindi di fare altri tentativi per iscroprire la verità e
quindi furono assunti ad esame gli studenti Donesani Cesare,
Castiglioni Carlo, Barbenni Antonio e Narducci Giuseppe, come
quelli che facevano parte della scoperta sospetta unione,
ma neppure a questo mezzo l'investigazione diede migliori
risultati che anzi questi giovani sono andati d'accordo ad
escludere che tra loro si parlasse o altrimenti si trattasse
di oggetti politici e siano stati in possesso di libri e carte
antipolitiche. Si è però rilevato dalla deposizione del Donesani
che anche un soldato del battaglione dei cacciatori era qualche
volta della lega. Si dovette poi necessariamente concepire
de' gravi sospetti riguardo alla suddetta unione poiché molti
dei studenti assunti ad esame si vede apertamente che fecero
uno studio particolare per tener celato l'intervento di studenti
dell'I.R.U. di Pavia e perché avendo cercato conto degli studenti
di veterinaria Donesana Antonio, compagno di camera del Piardi
e di Francesco Carbonera di Sondrio, loro intrinseco amico,
si rilevò che dopo l'arresto del Rolla, mancarono di intervenire
alla scuola e si tengono celati". Il rapporto della Direzione
Generale della Polizia continua dicendo che, interrogato il
parroco di Turro e il suo coadiutore Messaggi, ai quali il
Rolla avrebbe avuto l'imprudenza di mostrare gli scritti sediziosi,
questi fecero deposizioni assai compromettenti contro di lui
il quale sarebbe stato in possesso, tra l'altro, di un giuramento
manoscritto "che tutte le apparenze indicano quello che vien
prestato dai federati della Giovane Italia." I due sacerdoti
deposero di aver suggerito al cadetto di distruggere il pericoloso
scritto, il che promise di fare, bruciandolo. Essendosi poi
la Polizia convinta che le riunioni nella camera del Piardi
avevano scopi politici, lo trattenne nelle stanze di arresto,
sospendendo la denuncia al giudizio criminale e diede ordini
per le ricerche del Donesani e del Carbonera (…).
La Polizia ebbe un grandaffare in quei giorni per chiarire
i fatti, se vogliamo credere ad un rapporto datato 2 settembre
del Direttore Generale al Governatore, nel quale è detto che
"Ora che le operazioni più urgenti ebbero luogo mi valgo del
primo momento, non di ozio ma di respiro", per adempiere al
dovere di riferire in merito alle ricerche eseguite. Ricerche
che portarono alla conferma dell'arresto del Piardi e di nove
suoi compagni. Il Piardi e certo Brescianini, con lui arrestato,
e messo a disposizione del Giudizio Criminale, confessarono
le loro … colpe, ma il Piardi "a mio credere incompletamente"
dice un rapporto della polizia al Governo, "poiché le risultanze
dei suoi atti fanno ritenere che sappia molto di più". Ritenuto
colpevale di reato di alto tradimento, il Piardi nel settembre
1835, dopo un giudizio durato circa due anni, venne condannato
a morte con altri diciannove, tra i quali i due bresciani:
Gabriele Rosa e Giacomo Poli, mentre ad un altro bresciano,
Gaetano Bargnani vennero inflitti venti anni di carcere di
secondo grado. Il nuovo Imperatore Ferdinando I, salendo al
trono, aveva ordinato, con suo rescritto del 4 marzo 1835,
il condono della pena capitale, ove gli inquisiti ad essa
fossero stati condannati, e la riduzione di essa in varia
misura; così il Piardi potè cavarsela con un anno di carcere
duro che scontò allo Spielberg.
Da un articolo di giornale del 17 luglio 1866 leggiamo: "Ieri
13 luglio spegnevasi in Rovato una preziosa esistenza! Giovanni
Battista Piardi ottimo cittadino, leale e caldo patriota,
cessava di vivere tra il compianto di tutti i buoni che lo
conobbero. L'uomo che seppe indurire, e non tentennar mai
nella fede politica, nelle dure prove delle carceri dello
Spilbergo, che prese parte alle rivoluzioni del '48 e '49,
che soffrì torture, ed esiglio, quest'uomo calmo nella piena
sicurezza della pura sua coscienza non seppe aderire alle
sollecitazioni, anzi pressioni del sacerdozio. Il ministro
del Dio di pace, e misericordia si vendicò niegandogli il
cerimoniale della chiesa, incontrando la generale disapprovazione.
Numeroso, e scelto corteo accompagnò la Bara, onorandola quanto
si meritava. Così il popolo imparò che un galantuomo può far
senza del prete; e la Bara di quell'ottimo cittadino raccolse
migliori, e più sincere preci … quelle de' numerosi amici
suoi che lagrimando gli resero l'estremo tributo di stima,
e d'affetto!! . Siano ringraziate ed encomiate le gentili
signore che sorpassando i pregiudizii di falsi riguardi fecero
eletta corona al caro estinto. Lode alla Guardia Nazionale,
alla Musica, alla Società del Gabinetto di Lettura, e della
Regia Prefettura che volonterosi, e concordi accorsero a tributare
omaggio di stima, e d'affetto alla memoria del trapassato,
non dimenticando tutti i generosi amici del Comune di Coccaglio
accorsero a dare l'estremo saluto alle spoglie dell'amico
perduto.
Lode ai signori D.r Fisico Vincenzo Urgnani e D.r Ettore Spalenza,
che sulla fossa leggevano un discorso storico della vita,
e delle singolari virtù cristiane e cittadine di Piardi Gio.Battista,
che se non esiste più, sarà però imperitura la sua memoria.
Alcuni amici di Rovato".
Ancora su Giovan Battista Piardi QUI
Notizie specifiche su ""Le Dieci Giornate di Brescia"":
http://www.brescialeonessa.it/xgiorni/start.htm
http://www.brescialeonessa.it/xgiorni/xgiorni/index.htm
http://www.piardi.org/persone/p28.htm
(Don Pietro Boifava)
Lapide murata sulla parete del carcere austroungarico
SPIELBERG di BRNO in Moravia col nome dei martiri e prigionieri
durante il Risorgimento italiano, tra cui Giovanni
Battista Piardi
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