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Le due sorelle
bresciane al loro arrivo in Argentina
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Tutto
bloccato, a Mendoza come nel resto di un’Argentina
in piena crisi: è l’immagine descritta da due
sorelle di origine bresciana, residenti da più di mezzo
secolo nel Paese dove molti - anche dalla nostra provincia
- sono emigrati in cerca di futuro, e oggi si ritrovano
alle prese con problemi economici più o meno gravi ma
che non risparmiano nessuno. Loro, le signore Vincenza
e Adele Piardi da Gussago, appartengono infatti alla
classe media; e possono testimoniare che la crisi «colpisce
non soltanto quanti già vivevano in povertà, la cui
situazione è ulteriormente peggiorata rispetto al passato,
ma anche il ceto medio-alto». Per quanto riguarda in
particolare gli immigrati italiani, «molti sono ridotti
al sussidio delle autorità consolari e diplomatiche
ed è enorme il numero di quanti chiedono di rientrare
in Italia». Una smania di ritorno alle origini, ma soprattutto
un desiderio di fuga da una situazione diventata insopportabile
a causa - tra l’altro - della chiusura di molte
attività di ristorazione, tradizionalmente gestite proprio
da italiani. Ma è fermo anche il commercio, «soprattutto
il settore dell’abbigliamento». Di qui i licenziamenti
e intere famiglie costrette a sacrifici finora inimmaginabili.
Amarezza e incertezza sono i sentimenti prevalenti anche
in «questa deliziosa città, "tierra del sol y del buen
vino", notoriamente ricca grazie all’agricoltura
e alle industrie che attiravano manodopera da Perù,
Cile, Bolivia». Ora chi ha potuto è tornato nel proprio
Paese; gli altri sono ridotti a fare i «lavavetri» agli
incroci e, nel peggiore dei casi, ad alimentare la microcriminalità.
Le signore Piardi, dal canto loro, a tornare in Italia
non sembrano proprio pensare: a Mendoza ci sono le loro
figlie e i generi che lavorano, i nipoti che studiano
e che nel nostro Paese vorrebbero piuttosto venire in
vacanza; insomma, si cerca di fare la solita vita. Quella
vita conquistata con tanta fatica, come in ogni storia
di emigrazione conclusa felicemente, pur nella nostalgia
della terra nativa. Vincenza e Adele Piardi in Argentina
sono arrivate nel 1949, rispettivamente a 14 e nove
anni, insieme alla madre. Il padre Pietro le aveva precedute
circa un anno prima, provato dalle difficoltà del dopoguerra
e incoraggiato dai racconti di un amico: «diceva che
in questo Paese c’era lavoro per tutti e che si
poteva vivere bene e risparmiare», rammenta la signora
Vincenza. Che dell’addio a Gussago e del lunghissimo
viaggio per raggiungere il Sudamerica ha un ricordo
assai vivido. «Non dimenticherò mai quella mattina»,
afferma a proposito del giorno della partenza: «faceva
freddo e cadeva una pioggia leggera; quando arrivammo
nella piazza della fontana, si accesero le luci di qualche
finestra di conoscenti che ci volevano salutare». Poco
prima, a casa, c’era stato l’abbraccio con
i nonni: «Non avrei mai pensato che il nonno, un uomo
così forte, potesse piangere...». Vincenza, però, era
«più contenta che triste perché avremmo rivisto il nostro
caro papà». Il viaggio, poi, rappresentava per lei,
ragazzina dagli occhi spalancati sul mondo, una meravigliosa
avventura: il treno da Brescia a Genova, la nave carica
di passeggeri, le luci dell’Italia sempre più
lontane e poi Napoli e Santa Cruz de Tenerife, la bambola
acquistata ad Adelina dalla mamma durante uno scalo
(«ce l’ha ancora»!) e la festa sulla nave all’arrivo
all’Equatore, ma anche due bufere e l’oceano
che non finiva mai... Ed ecco «l’America»: Santos,
Montevideo e Buenos Aires, con «il babbo tra la gente
che ci salutava con le braccia alzate e un fazzoletto
in mano». Una notte all’hotel «De los immigrantes»,
nello stesso porto di Buenos Aires, e la famiglia al
completo si rimette in viaggio per Mendoza, prima in
treno e poi su un autocarro fino al paese di Tres Porteñas.
«Verso sera, in lontananza, vedemmo una specie di oasi:
erano erano i grandi vigneti dove lavorava il papà.
La nostra casa era nuova, con un portico, una saletta,
la cucina e due camere, ma era quasi vuota». Il mattino
dopo, «era ancora buio, ci svegliò il rumore del galoppo
di moltissimi cavalli condotti dai gauchos che urlavano
sventolando frustini ed erano vestiti in modo per noi
inconsueto: pantaloni larghi, una fascia in vita e un
cappellone di paglia». È l’inizio dell’avventura
della famiglia Piardi. Il signor Pietro ha un sogno:
comprare un pezzo di terra in un luogo meno isolato
di Tres Porteñas. Ma la nostalgia si fa sentire, a volte
basta una canzone; e le ragazzine sentono la mancanza
del loro paese «con le sue colline verdi» e la sua vitalità.
Per fortuna iniziano ad andare a scuola, in collegio
a Rodeo del Medio, dalle suore di Maria Ausiliatrice
che insegnano loro a parlare, leggere e scrivere perfettamente
lo spagnolo. Un anno dopo, i genitori decidono di trasferire
la famiglia a Rodeo del Medio: una grandinata ha distrutto
nove ettari di uva e il sogno di Pietro Piardi che decide
di cominciare tutto da capo. Soltanto molti anni dopo
riuscirà ad acquistare una bella casa con un giardino
e qualche vite, dove vivrà fino al ritorno in Italia,
«al loro paese - sottolinea la signora Vincenza -, perché
man mano che passavano gli anni lo ricordavano sempre
di più». Le ragazze intanto crescono, Vincenza si diploma
in stenografia e trova impiego in un’importante
azienda a Mendoza, Adelina viene assunta in un grande
negozio di stoffe. Si sposano: la più grande con un
giovane figlio di spagnoli che lavora nel settore immobiliare;
la minore con un veneto che fa l’impiegato. Nascono
le figlie e poi i nipoti. «Ogni volta che la famiglia
si riunisce - spiega Vincenza - Adelina e io parliamo
il nostro dialetto bresciano, non quello "dolcificato"
che si parla adesso a Gussago, ma quello dei nostri
nonni, senza "s", e i nostri nipoti ci chiedono se siamo
tedesche». Lo stesso dialetto serve alle signore Piardi
per comunicare con altri bresciani e con bergamaschi
che incontrano in occasione delle riunioni della «Famiglia
lombarda de Mendoza», della quale Vincenza è vicepresidente.
Si tratta di un’organizzazione che da 15 anni
si sforza di mantener viva la cultura d’origine
dei membri con concerti, momenti conviviali, sfilate
di moda. «Con il ricavato diamo una mano a qualche lombardo
che ha bisogno di aiuto». E - anche grazie ai contatti
con la Regione Lombardia - «figli e nipoti di lombardi
hanno compiuto viaggi di studio» in Italia. A Mendoza,
riferisce ancora la signora Vincenza, «sono pochi i
lombardi che hanno fatto grande fortuna, ma molti sono
riusciti con il loro lavoro a costruirsi una buona posizione
e a raggiungere il benessere». E ora si sentono minacciati.
Ma non per questo amano meno l’Argentina che hanno
contribuito con le loro braccia e le loro menti a rendere
speciale: «La colpa - conclude orgogliosa la ragazzina
partita da Gussago in una mattina piovosa di cinquant’anni
fa - non è del Paese dove adesso abitiamo, bensì dei
suoi dirigenti e politici». Francesca Sandrini
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