Bresciaoggi
   21 febbraio 2007
Richiesta di rinvio a giudizio per un sergente Usa classe 1908.
Processo con le stellette per la strage di soldati.
Il 13 luglio del ’43 trucidati in 36 in Sicilia: fra loro sette bresciani

La giustizia militare italiana non ha rinunciato a far piena luce sulla strage di 36 militari italiani perpetrata ad Acate, nei pressi dell’aeroporto militare di Biscari-Santopietro, il 13 luglio 1943 dalle truppe americane da poco sbarcate in Sicilia. E così, a 64 anni di distanza da quei sanguinosi eventi, il procuratore militare di Palermo Enrico Buttitta ha chiesto il rinvio a giudizio di un (allora) sergente della 45ª divisione americana, la «Thunderbird», sbarcata tre giorni prima sulle coste meridionali della Sicilia e inoltratasi in territorio italiano incontrando sacche di forte resistenza.
Gli stessi militari italiani uccisi a sangue freddo ad Acate (fra loro sette vittime e due superstiti originari della nostra provincia) avevano opposto una accanita resistenza prima di arrendersi. A quel punto - disarmati, scalzi e spogliati delle divise - erano stati incolonnati e avviati verso le retrovie fino a quando un sergente di colore, Horace T. West, bloccò la colon na e con una sventagliata di mitra falcidiò gli inermi soldati italiani.
West, poco dopo i fatti, venne processato dalla giustizia militare americana, così come il capitano John Compton, accusato di un crimine analogo pure compiuto nei pressi dell’aeroporto di Biscari. Compton andò assolto, mentre West (classe 1908) venne condannato all’ergastolo. Una pena, però, cessata dopo soli sei mesi, quando West accettò nuove missioni al fronte. Ed è lì che si perdono le sue tracce: non si sa, in altre parole, se West sopravvisse alla guerra o se cadde - come voci incontrollate affermano - sul fronte italiano o addirittura nel D-day, durante lo sbarco in Normandia.
West oggi avrebbe 98 anni, ma la giustizia italiana con le stellette non è riuscita ad avere notizie certe nè sulla sua morte, nè sulla sua sopravvivenza. E così il procuratore Enrico Buttitta ne ha chiesto il rinvio a giudizio e l’udienza preliminare è fissata, con l’imputato naturalmente contumace, per il prossimo 20 marzo davanti al giugice Salvatore Caponnetto.
«Il reato ipotizzato - spiega Buttitta - è violenza mediante omicidio plurimo e aggravato nei confronti di militari prigionieri: si tratta di un crimine di guerra per cui è previsto l’ergastolo, e che non cade in prescrizione». Da qui l’inchiest a sul militare americano originario di Barron Fork in Oklahoma, che all’epoca dei fatti aveva 34 anni e due figli. «Non siamo riusciti ad avere alcuna notizia da fonti americane - spiega Buttitta - poichè loro considerano questo caso ormai chiuso».
Gran parte di ciò che è stato appurato su quegli eventi deriva dagli atti del processo a West che la procura di Palermo «ha acquisito - spiega Buttitta - non da fonti americane ma per altre vie». Alla ricostruzione hanno giovato anche le testimonianze versate da alcuni superstiti, come il vicentino Virginio Da Roit o il siciliano Giuseppe Giannola. «Quest’ultimo - spiega Buttitta - è persona particolarmente lucida, nonostante l’età avanzata, e la sua deposizione è stata preziosa per ricostruire gli eventi. Giannola è scampato alla morte in maniera incredibile: alla prima scarica di mitra cadde lievemente ferito, ma si finse morto in mezzo al mucchio di cadaveri. Qualcuno poi si avvicinò a lui e gli esplose un colpo di grazia, che però gli sfiorò solamente la testa. Poco dopo, quando gli esecutori della strage si erano allontanati, Giannola si alzò e venne soccorso e medicato da un altro militare americano che stava transitando su una jeep in zona».
Alla ricostruzione di quelle giornate concitate hanno contribuito, pare, anche alcune pagine di un diario tenuto da uno dei soldati bresciani caduti, Gottardo Toninelli. Oltre a lui in quell’esecuzione di massa persero la vita Luigi Ghiroldi di Darfo, Attilio Bonariva di Lozio, Leone Pontara di Concesio, Battista Piardi di Pezzaze, Pietro Vaccari della città, Mario Zani di Iseo. Sopravvissero invece i loro commilitoni Santo Monteverdi di Carpenedolo e Celestino Brescianini di Pertica Alta.
Se una parola definitiva verrà scritta sulla strage di Acate, sarà anche un risarcimento - sia pur tardivo - alla loro memoria. «Certo - ammette il procuratore Buttitta - ricostruire fatti di oltre sessant’anni fa è stato complicato. Mi sono sentito uno storico che andava alla ricerca del colpevole. Non posso dire ci sia stata inerzia nell’accertare la verità negli anni precedenti: semplicemente non risulta siano state fatte denunce circostanziate. Il caso è stato portato alla nostra attenzione sulla scorta di alcuni articoli di quotidiani locali e nazionali di tre anni fa. E noi a quel punto ci siamo mossi».
Gianfranco Ciriacono, lo studioso siciliano che ha dedicato un libro alle stragi americane della zona di Biscari, e che nel volume ha pubblicato la sentenza americana di condanna del sergente West, oggi presiede l’Associazione vittime delle stragi americane. Di fronte all’iniziativa della giu stizia militare italiana, osserva: «La speranza di fare piena luce su quegli eventi non s’è spenta. Il problema di fondo è il silenzio delle autorità governative americane, che dopo 65 anni ancora negano informazioni essenziali sul segrente West. Ed è il silenzio delle istituzioni italiane, che non hanno mai affiancato e sostenuto gli enti locali nella battaglia perchè di queste stragi non venga cancellato il ricordo».

Massimo Tedeschi